TENNIS INTERVISTE – In esclusiva per il quotidiano serbo “Večernje Novosti” il famoso giornalista americano ha confessato la sua predilezione per il numero 1 del mondo
In Serbia è un idolo, ma Novak Djoković è amato anche oltreoceano. L’ex giornalista in pensione del quotidiano serbo “Večernje Novosti”, Vlastimir Ignjatović (80 anni) – che ha seguito per 25 anni Monica Seles ed ha scritto la prima biografia della giocatrice di Novi Sad, “Monika” – ha contattato per il suo vecchio giornale il quasi coetaneo e collega David Binder (83 anni), famoso corrispondente del “New York Times” dal 1961 al 2004 (seguì, tra le altre cose, la Primavera di Praga nel 1968 e successivamente – tornato il Europa dopo un lungo periodo trascorso come corrispondente diplomatico a Washington – il declino del blocco sovietico, la riunificazione delle due Germanie e la guerra nell’ex Jugoslavia, ndr) e collaboratore anche del quotidiano belgradese “Politika”, chiedendogli di inviare un articolo su Novak Djoković, sapendo che Binder (corrispondente del NY Times da Belgrado dal 1963 al 1966, ndr) in gioventù ha giocato a tennis e che segue regolarmente gli US Open a Flushing Meadows.
Nel seguito un estratto della mail che è arrivata in risposta alla redazione del quotidiano serbo da parte del giornalista americano e pubblicata sul sito di “Večernje Novosti”
“Il tennis è rimasto tra i miei campi di interesse e seguo costantemente il giocatore serbo Novak Djoković. Scrivo su di lui con simpatia. Tra le molte caratteristiche attribuite a Djoković c’è il suo senso dell’umorismo, che a me piace, soprattutto quando, nei primi anni da professionista, sul campo di gioco imitava i suoi avversari, ma anche alcune tenniste. Quante volte fanno rimbalzare la pallina a terra, durante il riscaldamento, i movimenti sempre uguali delle mani sul corpo e sui capelli prima di servire … Sono sicuro che nel vederlo si sono divertiti sia le “vittime” che il pubblico. Un’altra qualità di Djoković è la sua nobiltà d’animo, qualcosa di molto profondo quando riguarda la sua terra d’origine (basti pensare all’assegno della vittoria di Roma di quest’anno, devoluto da Nole alle popolazioni vittime dell’alluvione dello scorso maggio in Serbia e Bosnia-Erzegovina, ndr). Per ultima, tra queste mie considerazioni, vi è il suo affetto per le donne importanti della sua vita – la madre Diana e naturalmente, Jelena Genčić, l’allenatrice di tennis che nel 1993 per prima scoprì il talento di Novak per questo sport quando lui aveva sei anni, anche se il tennis lo aveva attratto già da due anni! E infine la moglie Jelena Ristić, con il quale stanno per diventare a breve genitori (lo sono diventati giusto ieri, ndr). Mi ha molto toccato il discorso fatto nel 2013 in occasione della morte di Jelena Genčić, quando ha detto che per lui “era come una seconda madre” e “un angelo””.
Binder scrive poi del gioco e dei risultati, anche recenti, di Djoković, soffermandosi in particolare su quelli di New York. “Ero triste nel guardare Nole venir sconfitto in semifinale, con relativa facilità in quattro set, dal giapponese Kei Nishikori. Evidentemente il serbo non era al massimo forma sul palcoscenico newyorchese. La delusione di New York si è tuttavia dissolta col trionfo di Pechino, dove Novak in maniera convincente, in due set, ha sconfitto il ceco Tomas Berdych e conquistato per la quinta volta il trofeo nella capitale della Repubblica popolare cinese. Era il vero volto del primo tra le racchette mondiali, quello che conosciamo da anni. Mi ricordo molto bene quando in un duello memorabile in una edizione degli US Open Djoković ha eliminato lo svizzero Roger Federer con un eccezionale colpo finale, lungolinea, che è entrato negli annali della competizione per il titolo a Flushing Meadows”.
Binder chiude soffermandosi suIla questione dei sentimentianti-serbi in relazione a Djoković. “Dal 1990 si sono accentuati i sentimenti anti-serbi, negli Stati Uniti e nel mondo, in seguito a quanto accaduto nel conflitto dell’ex Jugoslavia. Sicuramente ciò si è sentito anche nei confronti di Djoković. Ma le sue attività, sportive ed extra-sportive, hanno permesso di eliminare qualcosa di questo”.