TENNIS – Dopo il putiferio sui giornali per le intercettazioni della Procura di Cremona, un silenzio irreale. Tutto dimenticato? Dal 2007 a oggi: cosa disse e dice Binaghi, scrisse Baccini quando la Fit incaricò i suoi legali a difesa dei tennisti italiani poi squalificati dall’Atp
Streaming gratuito e scommesse live: tutto il tennis su bwin.it
Scommesse ed intercettazioni hanno tenuto banco due settimane fa, con intere paginate sui principali quotidiani italiani per l’apparente coinvolgimento di alcuni tennisti italiani (Daniele Bracciali in primis).
Come fedelmente riportato da Ubitennis il presidente Angelo Binaghi dichiarò allora “di considerarsi parte lesa” nel caso i tennisti italiani “citati” nelle intercettazioni del caso scommesse, venissero dichiarati colpevoli. “Se l’inchiesta dovesse confermare quanto sembra trasparire dalle intercettazioni pubblicate dai giornali – si leggeva nel comunicato stampa FIT a sua firma – si tratterebbe di illeciti da considerare gravissimi e intollerabili anche se, a differenza del calcio, commessi nell’ambito di eventi internazionali, dunque non organizzati né gestiti da noi. Visto il danno d’immagine arrecato al tennis italiano, la Fit si dichiara fin d’ora parte lesa dagli eventuali reati commessi sia da propri tesserati sia da terze persone”.
La distinzione che Binaghi fa fra calcio e tennis, fra eventi internazionali e nazionali, fra “gestiti da noi” e gestiti da altri, ha un senso che a me francamente sfugge (ma immagino lo abbiano consigliato ad esprimersi così quegli avvocati che Binaghi ormai consulta sempre e dei quali la FIT è diventata cliente in pianta quasi stabile).
Responsabilità accertate dei tennisti italiani? Macchè. Nessuno oggi può darle per scontate! Voglio essere chiaro a questo riguardo e a scanso di equivoci! Oltretutto l’inchiesta di Cremona si riferisce a intercettazioni del 2007…che vengono fuori 7 anni dopo! Che la giustizia italiana sia lenta lo sappiamo tutti, però qui non si esagera?
Ciò premesso, però, spiego perchè non capisco granchè i “distinguo” di Binaghi: che un tennista e tesserato italiano, sempre nella dannatissima ipotesi di quelle responsabilità accertate, commetta un illecito gravissimo e intollerabile nell’ambito in un evento internazionale o nazionale, gestito dalla FIT o non gestito dalla FIT, sotto il profilo etico e della sua ammissibilità da parte di una federazione, secondo me non cambia nulla.
Se una “combine” di un tesserato italiano avviene per le qualificazioni del torneo di Roma invece che a San Marino -Repubblica estera – o a Miami, è forse diverso? Sarebbe diverso? Mah?!
Aggiungo qui, ancora a scanso di equivoci:
UN CONTO E’ SCOMMETTERE, UN ALTRO è PRESTARSI AD UNA COMBINE PER ALTERARE IL RISULTATO, SIA PARZIALE, SIA FINALE (dacchè ci sono le scommesse on line)
Quando, nel 2007, cinque tennisti italiani furono denunciati e poi interrogati per aver infranto il divieto di scommettere, la FIT interessò immediatamente i suoi legali per difenderli dalle accuse dell’ATP. I ragazzi furono tutti poi squalificati. Chi più a lungo e chi meno. Chi patteggiò, ammettendo quindi formalmente le proprie “leggerezze”, e chi no. Nelle decisioni dei giudici emerse che i tennisti italiani avevano scommesso su partite cui non avevano preso parte. Ma non avevano, secondo gli atti emersi, “combinato” loro incontri: sarebbe stata cosa ben diversa.
A seguito di quelle squalifiche, che comunque ci furono, la FIT non prese alcun provvedimento, nessuna sanzione nei confronti degli “squalificati”. Anzi. Era evidente che li riteneva già sufficientemente puniti. Mai nemmeno una letterina di biasimo.
Si considerarono talmente innocenti le azioni per le quali erano stati squalificati che uno di loro, per l’appunto oggi il più discusso di tutti, Daniele Bracciali, è diventato consigliere federale in rappresentanza degli atleti. Mentre chi di loro doveva essere convocato in Coppa Davis, quindi a rappresentare il Paese, è stato sempre tranquillamente convocato.
E uno di quei cinque “squalificati” di allora, Giorgio Galimberti, rappresenta in Serie A il Tennis Cagliari, il circolo del Presidente FIT, ne allena ogni tanto il figlio Roberto (quello che ha ottenuto una dozzina di wild card al Forte Village fra singolare nelle “quali” e doppio nel main draw), lavora per la tv federale Supertennis e mi sento di azzardare la presunzione – salvo smentite – che non faccia tutto gratis sebbene certamente qualche favore ad un uomo che ha potere, e cordoni della borsa, spesso si preferisce non negarlo.
Oggi Daniele Bracciali – che, scusate l’inciso del tutto personale, conosco da sempre e per il quale nutro anche grande simpatia – alla luce di queste intercettazioni nelle quali almeno a parole (e non necessariamente nei fatti) interagisce con dei furfanti, appare quantomeno reo di omessa denuncia all’ATP. Pur essendo stato contattato da “truffatori ed organizzatori di combine”, anche se non ne avesse attuata neppure mezza, ha certamente sbagliato nel non denunciare mai quel contatto che le intercettazioni dicono esserci stato. La Fit per ora non sembra essersi pronunciata al riguardo.
Va detto a questo punto che se gli investigatori di non so quale Procura od organismo (TIU: la Tennis-Integrity Unit) avvicinassero i giocatori italiani (e non) che partecipano ai circuiti Futures e Challenger, si imbatterebbero in un muro di omertà difficilmente abbattibile.
I MOTIVI DI UN’OMERTA’ PALPABILE: nessuna confessione nè denuncia è ipotizzabile.
Il perchè è presto spiegato. Chi ha “barato” vendendo partite, o anche soltanto un set, o comunque mettendosi d’accordo con l’avversario per…”decidere il match al terzo set”, con i primi due set caratterizzati da punteggi assolutamente contraddittori (in modo da “far fessi” gli scommettitori all’oscuro della combine a tutto beneficio dei bene informati) non lo dirà mai. Non confesserà. Ma anche chi sa che l’amico, il “collega” che non ha avuto scrupoli ad “autofinanziarsi” illegalmente con la “combine” (magari perchè più bisognoso di lui di…introiti illeciti per poter proseguire l’onerosa ed altrimenti insopportabile attività agonistica) mai arriverà a denunciarlo sapendo che, così facendo, metterebbe fine alla sua carriera, ai suoi sogni, facendolgi perfino rischiare il carcere.
Fra questi ragazzi sono nate e si sono sviluppate amicizie di anni e anni, di trasferte e alloggi condivisi, di allenamenti, di sacrifici. Chi se la sentirebbe di “rovinare” tutto questo per…amor di giustizia? Vero che se qualcuno non comincia…ma vero anche che non è facile essere il primo che si espone. E’ facile fare i moralisti per chi è fuori dal giro dei tennisti, degli amici di vecchia data. Questo pezzo di Marcos, pubblicato domenica scorsa e che è in genere piaciuto molto (salvo che ad un solo lettore, nick name l’arpedonapta: de gustibus disputandum non est), ha centrato molte situazioni e problematiche comprensibili sotto il profilo psicologico per chi debba decidere se denunciare o meno un amico e un collega, magari il proprio compagno di doppio.
Mi si dice che quote e scommesse on line vengano fatte anche sui doppi, match per i quali i premi in palio sono spesso ridicoli. Match che spesso vengono giocati da chi ha già perso in singolare e a cui una notte in più di permanenza nella colaclità che ospita il torneo, costa di più del premio che si può vincere. Chiaro che la tentazione di fare le valigie ed andarsene sia forte. Chiaro anche che possa scappar detto, senza aver l’intenzione di speculare su quell’intenzione scommettendoci su, di far conoscere quelle intenzioni a qualcuno che invece intenda approfittarne per scommettere lui o per avvertire qualcun altro.
Loschi figuri che si aggirano nelle piazze dei tornei minori ne sono stati avvistati diversi e in tanti tornei. Russi ma non solo, anche italiani che collaborano con certe organizzazioni simili a quelle che hanno agito per le partite di calcio.
Chi dice di non aver mai sentito dire nulla, mai visto nulla, mai saputo nulla, dice le bugie. Chi partecipa a questi tornei minori il fenomeno lo conosce, ne sia stato lui complice o no. Così come dei match più “chiaccchierati” una buona parte dei giocatori sono certamente al corrente. Ma non lo diranno mai. Come non si saprà probabilmente mai di quei ragazzi che si sono “dopati” da ragazzini – ingerendo ormoni per crescere qualche centimetro in più, in altezza o d muscolatura – e che non confesseranno il loro peccato originale (tanto più se sono magari anni che di doping non hanno più fatto uso).
IL PRESTITO DI (DIS)ONORE DELL’ORGANIZZAZIONE. IL DOPING GIOVANILE
Erano voci e niente di ufficialmente provato, ad esempio, quelle che raccontavano come certe organizzazioni russe aiutassero i ragazzini economicamente non autosufficienti dell’Europa dell’Est con una sorta di prestito di (dis)onore all’inizio della loro dispendiosa attività agonistica, in cambio di una promessa a “combinare” un certo numero di incontri una volta affermatisi nel ranking e in circuiti superiori dove il “giro scommesse” fosse rilevante. Così come mi è capitato di sentir genitori che raccontavano di certe pratiche dopanti in alcune accademie e in certi Paesi più che in altri “per fortificare i ragazzi più giovani che non avevano un fisico naturalmente sviluppato”.
Chi lo racconta, si può star certi, è chi non ha voluto farne uso, chi insinua che “vincere 5 o 6 tornei di fila a 16/17 anni senza potersi allenare fra un torneo e l’altro… non è umanamente possibile”. Così come – dicono sempre gli stessi genitori – sarebbe “umanamente impossibile” allenarsi ad una certa età (minima o massima) per 5/6 ore al giorno senza “rompersi”.
Ma e se fosse perchè, effettivamente, il proprio figlio non ce l’avrebbe mai fatta e invece un altro sì? Come giurarci sulla Bibbia? Si può dispensare giudizi certi ed inappellabili solo perchè un tennista ha vinto uno o più grandi tornei ed è poi sparito improvvisamente di scena?
IL PRIMO POSSIBILE RIMEDIO: l’alloggio gratuito
I possibili rimedi? Ma, intanto ne suggerisco uno: chi organizza un torneo Future come Challenger prima ancora di preoccuparsi di dotarsi di un montepremi più o meno ricco, dovrebbe innanzitutto avere come obbligo la garanzia dell’alloggio gratuito ai concorrenti (anche in camera doppia e da dividere). Ma a tutti. Si dovrebbe autorizzare l’organizzazione di un torneo solo previa garanzia dell’alloggio gratuito ai partecipanti. A scapito del montepremi, certo, ma almeno chi gioca non dovrà passare certe forche caudine, avrà almeno la tranquillità di poter partecipare ai tornei senza la pressione di un conto perennemente in rosso.
Va tenuto presente che chi passa due o tre turni di “quali” non prende un punto Atp ,- anche qui: siamo sicuri che l’Atp non possa modificare il suo sistema di classificazione e raccolta punti? – né (in genere) un euro. Ma deve pagarsi il viaggio, le racchette, le corde e le incordature – c’è chi si porta dietro la propria macchina per risparmiare o per accordare le racchette a minor prezzo agli altri – il cibo (che non è quello di un pensionato a dieta). Se i circoli che organizzano future e challenger pretendono addirittura di farsi pagare il campo per gli allenamenti, beh, poveri ragazzi, come fanno a tirare avanti per mesi, per anni?
Tutto ciò detto, faccio un passo indietro, torno all’argomento iniziale e a quando scoppiò in maniera deflagrante 7 anni fa e copio ed incollo qui quanto il giornalista dell’Unità, nonché ottimo telecronista di Eurosport, Federico Ferrero ebbe a scrivere il 23 dicembre 2007 su Tennis Best.
Lo incollo qui sotto:
Premessa: l’onestà dei tre giocatori puniti dall’Atp per le scommesse on line non è in discussione.
Prima puntata
Il trenta settembre 2007 il Journal du Dimanche esce con questa inchiesta a firma Damien Bournier ed Eric Frosio, dal titolo “Atp: alcuni giocatori italiani sotto tiro”. L’articolo attinge da una fonte riservata (corrispondenza tra un rappresentante dell’Atp e la Essa, la European Sports security Association) e sostiene:
Ces courriels confidentiels, que nous nous sommes procurés, indiquent notamment que plusieurs joueurs transalpins possèdent un compte sur des sites de paris en ligne: Potito Starace (28e mondial), Daniele Bracciali (175e, mais 49e en 2006), Giorgio Galimberti (tombé dans les profondeurs du classement), Alessio Di Mauro (117e) et Federico Luzzi (127e). Pour les trois premiers, les comptes auraient été ouverts chez interwetten.com. Pour chacun d’entre eux, l’ATP a demandé un rapport complet: les données confidentielles enregistrées (coordonnées bancaires, adresse électronique), le détail des paris effectués, avec les montants afférents.
Seconda puntata
Il quattro ottobre 2007 il presidente della federazione italiana tennis Angelo Binaghi dichiara al Giornale Nuovo:
– Presidente Binaghi, che cosa sono tutte queste voci sui giocatori italiani?
“Fantascienza. Fango frutto di una campagna diffamatoria. Tanto che, d’accordo con i tennisti, abbiamo incaricato i nostri legali di tutelare in tutti i modi e in tutte le sedi l’immagine del nostro sport”.
– Il Journal du dimanche ci va giù duro con i giocatori italiani . Perché?
“Non è un caso che le accuse arrivino dalla Francia. Con la loro Federazione ci siamo scontrati per la data di Roma e da due anni prendono batoste dalle nostre ragazze in Fed Cup”.
Terza puntata
Lo scenario della vendetta trasversale col movente dell’invidia non si rivela azzeccato. I legali incaricati non trovano pane per i loro denti poiché, tempo due mesi, dal fango prendono forma tre provvedimenti ufficiali: prima la squalifica di Alessio di Mauro, poi i patteggiamenti con annessa squalifica di Potito Starace e di Daniele Bracciali. I tre avevano scommesso su partite di tennis, il Journal du Dimanche non aveva diffamato ma aveva rivelato notizie vere su almeno tre dei cinque giocatori italiani nominati. Resta la cortese opinione espressa dal maggior esponente istituzionale del nostro sport secondo cui la Francia avrebbe aizzato la stampa di casa contro gli italiani allo scopo di vendicarsi per le sconfitte in Fed Cup (sic), per un litigio sulla data del torneo di Roma (sic) e, sostanzialmente, al fine di placare i moti di invidia per i nostri successi. La speranza è che al presidente francese Christian Bimes non sia giunta voce di quell’intervista.
Quarta puntata
Il ventitrè dicembre 2007 il presidente Angelo Binaghi affida a Repubblica un suo commento alle sentenze di condanna contro Starace e Bracciali e fa capire che esiste una lista ufficiosa di giocatori macchiatisi di colpe più gravi di quelle addebitate ai tre azzurri (“Ho notizie, indiscrezioni, che l’elenco dei giocatori sia numeroso e riguardi vari paesi”.) Eppure, prima delle condanne, la posizione ufficiale del tennis italiano era improntata a un garantismo cristallino alla Franco Cordero, in nome del quale non si dovrebbero diffondere accuse e illazioni prive di nomi e circostanze per non gettare fango sul nostro sport. La “tutela dell’immagine del nostro sport” non vale più? Il presidente, poi, dà un altro colpo alla dottrina del fine giurista e collaboratore di Repubblica Cordero, sostenendo che i tennisti italiani “hanno giocato in un tennis nel quale il doping non era combattuto con serietà e convinzione” (nomi? circostanze?) e chiude preannunciando che sta per iniziare “la battaglia di liberazione del tennis” dall’Atp. Speriamo stesse scherzando.
FINE articolo di Federico Ferrero
Proseguendo nel nostro tuffo nel passato, leggete qui cosa scriveva sul sito della Federtennis l’allora direttore della Comunicazion FIT Giancarlo Baccini (il cui articolo, intitolato “L’Onestà degli Italiani” potete leggere in originale linkando qui ma, anche qui, ve lo copio qui sotto:
L’ONESTA’ DEGLI ITALIANI
di Giancarlo Baccini
Sapete che vi dico? Non tutto il male vien per nuocere. Perché, alla fin fine, l’unica cosa chiara che finora si sa sul fenomeno delle scommesse è la seguente: Starace, Bracciali e Di Mauro non hanno mai truccato una partita né sfruttato informazioni “riservate” sul conto dei propri colleghi per far soldi puntando. Sono, insomma, tre persone oneste che si sono macchiate di una (secondo me) imperdonabile leggerezza, e che quando hanno scoperto l’errore hanno prontamente smesso di scommettere.
Da appassionato di tennis mi auguro che l’ATP accerti che nessuno si è mai reso colpevole di corruzione, cioè del crimine peggiore di cui, assieme al doping, uno sportivo possa macchiarsi. Da lettore di giornali temo invece che non sarà così. Ed è anche per questo che, paradossalmente, ritengo positivo il fatto che i nostri tre ragazzi siano già usciti dall’inchiesta con punizioni, sì, ingiustamente pesanti ma anche con la patente di persona per bene. Sono almeno una ventina, stando ai “si dice”, quelli che dovrebbero vedersela più brutta. E ci sarà gente di molte nazionalità diverse…
A chi si chiedesse perché per ora ci siano andati di mezzo soltanto gli italiani mi sembra di poter rispondere con gran semplicità. Bando alle dietrologie, perché ciò è dipeso soltanto dalla diversità del comportamento “processuale” dei tre giocatori azzurri rispetto a quello degli altri attualmente sotto inchiesta. Di Mauro ha infatti subito una procedura, come dire?, abbreviata perché non aveva risposto alle prime contestazioni degli inquirenti, sottovalutandole. Starace e Bracciali, dal canto loro, hanno invece deciso di togliersi il dente e di patteggiare pene che, per quanto eccessive, non danneggiassero troppo la loro attività. Se avessero atteso la fine di gennaio per essere ascoltati dagli inquirenti, come accadrà ad altri “imputati”, avrebbero rischiato uno stop non soltanto più lungo ma soprattutto destinato a bloccarli durante gli importantissimi tornei di primavera.
Un’ultima annotazione. Fra i commentatori c’è stato persino chi si è spinto a rimproverare la FIT di non essere riuscita a evitare che i giocatori italiani commettessero superficialità del genere nonostante il “Club Italia”, che durante la stagione agonistica offre ai nostri migliori rappresentanti servizi di vario tipo, sia nato anche per far gruppo e fornire guida e indirizzo. Il rimprovero è non solo risibile ma soprattutto infondato. Starace e gli altri, infatti, scommettevano prima della creazione del “Club Italia” e, guarda un po’, hanno smesso di farlo quando sono entrati a farne parte…
Fine articolo di Baccini
Da parte mia, dopo il “recupero” di queste due “esternazioni” binaghiane e bacciniane sette anni dopo, senza che vi fossero accenni ad ipotesi di “Noi saremmo parte lesa” …beh, rilevato ancora e sottolineato che allora il cosiddetto capo d’imputazione era collegato a scommesse fatte su match giocati da altri e non sui propri, non ho commenti da aggiungere … Almeno per il momento; fra altri sette anni, se la giustizia procederà a “scoprire” qualcos’altro, semmai si vedrà!