TENNIS INTERVISTE – Il TC Parioli di Roma sfida il Tennis Club Genova per un posto in finale di Serie A1. Un anno fa i romani evitarono la retrocessione solo grazie al doppio di spareggio. Come è stato possibile tutto ciò? Ne parliamo con Vittorio Magnelli, capitano della squadra, e Matteo Fago, giocatore storico del club
Nominare “Parioli” a Roma vuol dire nominare un pezzo di bella vita nella Capitale. Non può essere da meno il Tennis Club Parioli, di fianco a Villa Ada, il Central Park di Roma. Villa Ada divide la Salaria in due: in alto, verso il centro, c’è il quartiere Salario-Trieste, emblema della signorilità residenziale che trova la sua sublimazione in zona Coppedè, nella serie di palazzi progettati dall’omonimo architetto fiorentino, mentre la parte bassa è quella nota come Prati Fiscali, un tempo vero e proprio “Prato della Signoria” (esiste ancora questa via), terre adibite a pascolo del bestiame dei ricchi e oggi quartiere gentrificato grazie all’arrivo della metropolitana B1.
Passata la guardiania che controlla gli accessi al circolo, riservati ai soli soci o ospiti, il colpo d’occhio è puro relax visivo. Varie tonalità di verde si alternato e miscelano al bianco d’ordinanza dei tennisti in campo sui campi in terra rossa. È scritto proprio nello statuto: al Parioli non puoi giocare con la maglietta gialla fluo. Fa caldo, ci sono quasi 20 gradi, si gioca in t-shirt e pantaloncini in questo prolungamento dell’ottobrata romana, mentre in cielo splende il sole, senza nuvole a minacciare il tennis all’aperto. Mi sistemo sulle tribune del campo centrale, il primo dei quattro allineati di fronte alle vetrate a parete piena dei tre piani dell’edificio che ospita ristorante, palestra e spogliatoi. Riconosco subito Matteo Fago. Nato a Ceprano, nel Frusinate, Fago è arrivato ai Parioli grazie a Stefano Pescosolido, un istituzione da queste parti. Ne ha raccolto il testimone quando Pescosolido ha deciso di lavorare per la Federtennis (ora è responsabile degli under 16 italiani). Matteo Fago è cresciuto nel circolo La Vignola di Ceprano, comune del Frusinate circondato dalla boscaglia della macchia locale. Oggi, mentre carica il rovescio a due mani, sullo sfondo ha i pini affusolati di Villa Ada. Non male. Lo guardo mentre fa un set d’allenamento con Potito Starace, tennista che cerca di riprendersi dopo un’annata non gratificante e che il Parioli sta ospitando per prepararsi in vista della trasferta australiana del prossimo gennaio. I due fanno blocchi di quattro game e poi si riposano, uscendo dal campo e refrigerandosi. Vittorio Magnelli, capitano della squadra maschile di serie A1 e direttore tecnico del circolo, dà consigli a Matteo Fago durante i cambi di campo; lo guarda mentre arriva in leggero ritardo sui colpi di Starace, più bravo del 2.1 del Parioli a usare il campo in tutte le sue dimensioni.
I due finiscono il set ed escono dal campo. Magnelli parla con Fago (oggi classificato 2.1 e 865 Atp) mentre in campo entrano Caruso, Bessiré e Valenti, altri membri della squadra che domenica sfiderà proprio il Tennis Park Genova di Potito Starace. Gli assenti sono Dustov (n.128 ATP impegnato nel Challenger ATP di Brescia), Riccardo Grassi e Gianmarco Moroni.
Cammino con Magnelli e Fago verso l’ampio balcone ad angolo ristorante del circolo, al piano alto del fabbricato. Sotto di noi da un lato c’è la piscina scoperta con l’acqua leggermente sporca, dall’altro ci sono i campi da tennis e i prati con l’erba tagliata perfettamente, dove un bambino tira quattro calci ad un pallone con la sua mamma. Magnelli non può sottrarsi a una prima, banale domanda. Gli chiedo come si fa a passare dalla salvezza al doppio di spareggio del 2013 alla vittoria del girone tre e conseguente semifinale del 2014. Lui è onestissimo: “Il regolamento di quest’anno che prevede la presenza in campo di almeno due giocatori fra vivaio e vincolato ci avvantaggia. Tutti i giocatori hanno poi giocato benissimo, e poi, va detto, abbiamo avuto anche un pizzico di fortuna”.
È importante capire la figura di Vittorio Magnelli al Parioli. Ex numero 280 ATP dal fisico ancora statuario, il Capitano della A1 ha avuto anche un passato da coach nel circuito WTA. Matteo Fago gli deve molto, ed è forse per questo che rende molto meglio nei campionati a squadre, quando ad ogni cambio campo vicino a lui in panchina ritrova proprio Magnelli. “Essere presenti in campo è d’aiuto a quei giocatori che non si rendono conto che qualcosa sta cambiando all’interno dei loro match. Matteo ad esempio è uno di questi: magari sta giocando bene e poi d’improvviso cambia maniera di giocare. Allora io lo riporto sul binario”. Mentre Magnelli parla, Matteo gioca con i lacci della sua felpa con cappuccio e lo ascolta come un figlio ascolterebbe un padre. “Per me oltre che un aiuto dal punto di vista tattico è soprattutto un aiuto psicologico. Si gioca da soli a questo sport, e avere un coach con cui parlare, con cui decidere come affrontare l’avversario è una cosa che mi aiuta molto”. L’allenatore può parlare in Coppa Davis e a ogni fine set del tennis femminile. Sarebbe interessante anche vedere nel maschile, nel circuito, la presenza dell’allenatore in campo. Alcuni giocatori potrebbero giovarsene. Magnelli è ovviamente favorevole: “Di fatto i coach si fanno sentire dalle tribune, con gesti o suggerimenti mirati. I giocatori di prima fascia magari non hanno bisogno di tutto ciò, ma altri sì, e visto che succede sempre perché non permetterlo ufficialmente?”.
Quello che colpisce di questa squadra, è l’organizzazione. Il Tennis Club Parioli di Roma, uno dei circoli più antichi e blasonati della Capitale, affronta il campionato come una provinciale affronterebbe la serie A di calcio. “C’è uno spirito di gruppo che va al di là del tennis” spiega Magnelli. “Ci sono giocatori che ospitano i compagni a casa propria, usano la lavatrice assieme, cenano insieme. Il gruppo è lo stesso da molti anni e Caruso (che ha sostituito Arnaboldi NdR) si è inserito ottimamente”.
Ritrovarsi in semifinale è un po’ una sorpresa. Non è un mistero – e i trofei FIT per il miglior circolo in base ai risultati di tutte le competizioni sono lì in bacheca a testimoniarlo – che al Parioli puntano molto sui giovani. La vittoria del 2013 è stata la quarta consecutiva. Spiega il direttore tecnico del circolo: “Il nostro obiettivo è stato sempre quello di crescere i giovani e valorizzare i nostri talenti. Matteo è con noi da sempre. Gianmarco Moroni, un altro dei giovani emergenti italiani, il prossimo anno festeggerà addirittura il suo quattordicesimo anno di permanenza nel circolo”. Questa strategia lungimirante pagherà ancora di più il prossimo anno, quando Dustov diventerà anch’egli un “8+”, ovvero potrà essere schierato in formazione essendo tesserato per lo stesso circolo da almeno otto anni. Domando a Magnelli, considerato questo prossimo salto di qualità a costo zero, perché il circolo non investa nell’acquisto di un giocatore per rafforzare ulteriormente la squadra e puntare al tricolore. “Quando dovremo programmare la nuova stagione valuteremo con la dirigenza del circolo questa possibilità”. Gli ricordo che il Parioli non vince la serie A da 72 anni. Il titolo però è passato di recente a Roma, nel 2010, quando a vincerlo furono i rivali dell’Canottieri Aniene. “All’epoca non so neanche se si chiamasse Serie A. Ne è passato di tempo certo”. Intanto, mentre parliamo sul terrazzino del ristorante, c’è una autentica processione di persone che si fermano al tavolo e fanno i complimenti a Magnelli per la semifinale conquistata. Lui stringe le mani mosce dei soci più anziani, elegantissimi, e sorride ringraziando fieramente.
Fago è stato uno dei primi tennisti italiani a profittare di una borsa di studio sportiva negli Stati Uniti. Si è laureato in economia giocando a tennis il campionato NCAA con i Volts, nell’università del Tennessee, vincendo per due volte la Conference. Quest’anno vanta uno straordinario sei su sei in quanto a vittorie su match giocati in serie A1. Gli chiedo delle principali differenze fra i due campionati a squadre. “Giocare a tennis per il college è diverso perché lì si vive assieme, e quindi si gioca, ci si allena e ci si diverte sempre con i compagni di squadra. In Italia una cosa del genere non esiste”. Gli chiedo quindi se si può crescere anche tecnicamente in un ambiente del genere. “Dipende dal college. Il mio mi ha permesso di migliorare, perché i nostri allenatori erano molto preparati dal punto di vista tecnico e avevano voglia di fare bella figura in campionato. Altri college giocano giusto per partecipare”. Magnelli interviene ricordando la sua esperienza da allenatore nella WTA. “Quando girai l’America da coach rimasi impressionato dalle strutture enormi a disposizione dei tennisti. Erano presenti in tutte le città, anche nelle cittadine di provincia. In Italia noi non abbiamo niente del genere. E poi i giocatori americani sono venuti fuori dal college. Ricordo che al torneo di Cincinnati, quando ero al seguito di Stefano Pescosolido nel suo periodo migliore, il suo avversario al primo turno era Todd Martin, una giovane wildcard proveniente dal college. Era solo uno studente (Martin sarebbe diventato numero 4 ATP nel 1999) ma già aveva avuto una possibilità del genere. Ed era pronto, tanto è vero che vinse”.
Dopo queste divagazioni torniamo alla stretta attualità. Due sono i problemi immediati di Magnelli e quindi del Parioli: Dustov e il tempo. Farrukh Dustov è impegnato nel torneo di Brescia. Dovesse arrivare in finale non sarà della semifinale. Domenica inoltre le previsioni del tempo danno pioggia su Roma. In tal caso, l’incontro si giocherà sul veloce. Chiedo quindi chi si avvantaggerebbe del cambio di superficie. “A me piace giocare sul veloce; in America si giocava solo su campi duri” dice Matteo Fago. Magnelli invece spera di avere a disposizione Dustov. “Il nostro numero uno è giocatore da campi duri, ama giocare sul veloce dove sicuramente potrebbe avvantaggiarsi della superfice contro il numero uno avversario Potito Starace, noto amante del rosso”.
I volti di Magnelli, Fago, e degli altri giocatori del team sono distesi. Puntavano al secondo posto del girone al via della Serie A1, quello che garantisce la salvezza senza passare per le forche caudine dei playoff, e invece è arrivata la vittoria del raggruppamento, con la finale di dicembre ad un passo, seppur impegnativo. È ora di pranzo, e fra qualche ora si torna in campo. “Oggi pomeriggio lavoriamo sul servizio e proviamo un po’ di volée, anche in vista dei doppi” ordina Magnelli a Fago, che ascolta attento. “Ok. Prima vado un po’ in palestra, poi doccia, pranzo e torno in campo”. Al Parioli ci credono.