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Questa è la classica antologia di fine anno, per la quale ho preferito evitare il titolo di “migliori match” perché la scelta è stata fatta solamente partendo da quelli che ho visto: un numero davvero minimo rispetto a tutti quelli che si disputano in una stagione.
Oltre alla qualità del match in sè, nella valutazione ho anche cercato di tenere presente l’importanza del palcoscenico e delle situazioni; perché un conto è giocare bene un primo turno International, un conto una partita di uno Slam. Nel momento in cui ho cominciato a fare una prima selezione, mi sono accorto che due giocatrici comparivano più frequentemente delle altre: Maria Sharapova e Venus Williams. Per brevità non elenco tutte le loro partite che ho preso in considerazione, ma solo con quei match sarebbe stato possibile fare un articolo completo. Per questo se trovate che manchi qualche loro incontro, devo riconoscere che è una decisione che ho preso per allargare il ventaglio delle protagoniste.
Tutte queste premesse non mi salveranno dalle critiche: sono consapevole dell’altissimo grado di opinabilità delle mie scelte.
Ecco i 12 match, presentati in ordine crescente di qualità, dal dodicesimo al primo:
– 12 Eugenie Bouchard def. Ana Ivanovic
5-7, 7-5, 6-2 (Australian Open, QF)
Highlights
Se nel 2014 Eugenie Bouchard è riuscita ad entrare tra le prime dieci del mondo lo deve ai grandi risultati ottenuti negli Slam, mentre ha raccolto molto meno negli altri tornei. La stagione di Ivanovic è stata invece l’esatto opposto: Ana è stata fra le migliori nei tornei WTA, ma ha deluso nei Major.
In questa occasione Ivanovic parte favorita: è reduce dal successo su Serena e probabilmente dispone di più armi tecniche per vincere.
Ana sale e scende di livello sull’onda dei suoi entusiasmi, ma anche delle sue paure. Mentre invece Eugenie è sempre lì, tosta, che non cede di un centimetro; subisce quando Ivanovic si esalta, ma si rifà sotto quando l’avversaria cala. In più Bouchard ha il merito tattico di far giocare molta parte del match sulla diagonale dei rovesci: e quando Ivanovic si irrigidisce e accorcia, riparte per prendere in mano gli scambi e fare male con i suoi anticipi.
Un braccio di ferro disputato sotto un sole cocente in cui alla fine la componente tattica e mentale risulta decisiva. La semifinale Slam raggiunta da Bouchard sarà la prima di tre consecutive.
– 11 Taylor Townsend def. Alizè Cornet
6-4, 4-6, 6-4 (Roland Garros, R64)
Highlights
Negli Slam ci sono le grandi partite di finale, con protagoniste le migliori del mondo, attese e pubblicizzate dai media. E poi ci sono i match che si svolgono tra le pieghe dei primi turni, che superficialmente si possono interpretare come la necessaria scrematura di preparazione al grande evento.
Ma con un po’ di fiuto (e di fortuna) può capitare di scovare ugualmente match interessanti, che a volte diventano addirittura memorabili. Come questo disputato a Parigi in un pomeriggio piovoso sul campo Suzanne Lenglen: da una parte Alizè Cornet, beniamina di casa, dall’altra Taylor Townsend, diciottenne mancina statunitense, numero 205 del mondo, all’esordio tra le adulte.
Townsend pratica un tennis unico: brillante e tecnico, fatto di dritti al fulmicotone e repentine discese a rete, dove è capace di soluzioni sorprendenti. Un tennis che però è difficilissimo, e che per essere proficuo richiede nervi saldi e un braccio che non tremi.
Invece Taylor si fa trascinare dalle emozioni; fa e disfa: si porta avanti in ogni set, ma poi sente la pressione del punteggio quando si avvicina il momento di chiudere la partita. Finisce per perdere il secondo set e rischia la rimonta anche nel terzo, quando manca quattro match point sul 5-2.
Il crollo sembra quasi certo quando Cornet vince 10 punti su 11 e si porta sul 4-5. Ma qui con uno scatto di orgoglio Townsend tiene il servizio e si aggiudica la partita, spegnendo l’entusiasmo del pubblico, accorso a sostenere la numero uno di Francia.
E così i grandi media si accorgono di Taylor Townsend, dando rilievo alla notizia, a volte anche con titoli di dubbio gusto. Per sintetizzare la partita io invece preferisco affidarmi al tweet di Andy Murray, che di tennis un po’ dovrebbe intendersene.
– 10 Maria Sharapova def. Lucia Safarova
7-6(5), 6-7(5), 7-6(2) (Stoccarda, R32)
Highlights
Tre tie break. E la storia di due giocatrici sintetizzata in un match: una nata vincente e l’altra… un po’ meno.
Non voglio essere ingiusto verso Safarova, che mi piace umanamente e stimo molto per le sue qualità tecniche, ma questa partita racconta, una volta ancora, quanto conti nel tennis l’aspetto mentale.
Dopo due set davvero ben giocati e che da soli richiedono oltre due ore, nel terzo Sharapova sale 5-1. Ci si avvicina alle tre ore e le energie fisiche cominciano a mancare: si gioca sui nervi.
Quando ormai non ha più nulla da perdere, Safarova si rifà sotto: libera il braccio e inizia una rimonta imprevedibile, approfittando anche dell’appannamento di Maria. Lungo la strada della risalita, Lucie salva un match point sul 3-5. Poi altri due sul 4-5 e riesce addirittura a ribaltare completamente il risultato portandosi 6-5 30-0 e servizio.
Ma a due punti dal match arriva, ineluttabile, il braccino: commette due doppi falli nel game e perde il servizio a 30. E poi perde anche il tiebreak a 2.
Come a Miami qualche settimana prima, al dunque vince di nuovo Sharapova.
– 9 Madison Keys def. Angelique Kerber
6-3, 3-6, 7-5 (Eastbourne, Fin.)
Partita completa
Degna finale di un torneo davvero fortunato. Fortunato perché, escludendo gli Slam (che sono di un’altra categoria per numero di partite e per importanza) è stato uno dei migliori dell’anno, per via delle tante belle partite che si sono viste.
In questo momento nel circuito ci sono due giocatrici che si meritano l’appellativo di mine vaganti: una è Camila Giorgi; l’altra è Madison Keys. Entrambe in grado di tirare fortissimo e di prendere quasi sempre il comando dello scambio, ma altalenanti nei risultati.
In attesa di trovare continuità di rendimento, a Eastbourne Keys vive una settimana quasi perfetta, e ancora teenager si aggiudica il suo primo torneo WTA (un Premier) dimostrando di trovarsi a suo agio sull’erba.
La finale è la classica situazione del contrasto di stili (attaccante vs difensore) che molto spesso è un ottimo ingrediente di partenza per match appassionanti.
Keys spinge molto da fondo, ma per avere la meglio non rinuncia nemmeno alle discese a rete e alle palle corte. Vincenti in continuità che alla fine producono numeri davvero fuori dalla norma: addirittura sessanta vincenti per Madison Keys (48 gli errori non forzati) con 17 ace all’attivo.
– 8 Venus Williams def. Angelique Kerber
6-3, 3-6, 6-4 (Montreal, R16)
Highlights
Venus e Angelique sono “recidive”: già due anni fa agli US Open avevano dato vita ad un match straordinario, che aveva infiammato il centrale di Flushing Meadows.
A Montreal si ripetono: il contrasto di stili crea un’alchimia particolare, che rende la partita elettrizzante.
Dopo i problemi fisici degli ultimi anni, Venus sorprende tutti perché contro una giocatrice come Kerber non si poteva pensare avrebbe prevalso anche sul piano della resistenza e della lucidità nei momenti decisivi. Williams conquista il pubblico con la sua generosità quando accetta anche di allungare gli scambi in attesa di trovare il momento giusto per colpire.
Il game conclusivo, di quasi dieci minuti, contiene un punto indimenticabile: scambio da 22 colpi concluso con una volèe bassa di dritto che probabilmente solo Venus (con il suo allungo e il suo talento) sarebbe riuscita a giocare.
Da sottolineare anche la reazione di Angelique: è facile mostrare fair play sui punti qualsiasi, ma applaudire in un momento del genere è cosa da poche.
– 7 Alizè Cornet def. Serena Williams
1-6, 6-3, 6-4 (Wimbledon, R32)
Highlights
Situazione alla fine del primo set, vinto da Serena per 6-1.
Da una parte la pluricampionessa che sull’erba londinese dopo aver conquistato il primo set ha una percentuale del 98,4%: 64 vinte e 1 sola persa (nel 2001 contro Jennifer Capriati). Dall’altra una giocatrice con un record davvero poco invidiabile: negli Slam non ha mai sconfitto un’avversaria classificata tra le prime venti (zero vinte, 13 perse).
In quel momento i bookmaker a quanto pagavano la vittoria di Cornet?
Eppure Alizè non si dà per vinta. Comincia a trovare i tempi per rispondere meglio, riesce a entrare sempre più spesso nello scambio e strappa la battuta a Serena in apertura di secondo set. E poi si ripete nel turno successivo, salendo 5-0.
E’ diventata un’altra partita, e Serena inizia a tentennare sul piano tattico: di fronte a qualche errore evitabile è incerta se giocare più in sicurezza o se invece spingere a tutta per provare a ribaltare il set e chiudere il prima possibile; una incertezza che rischia di dare fiducia all’avversaria. E contro Cornet, sarebbe meglio evitarlo: lo ha già sperimentato a Dubai, quando ci ha perso in semifinale.
Anche nel linguaggio del corpo Serena è altalenante: oscilla tra la muta introversione e le esplosioni di aggressività. Che però non intimoriscono un tipo sfrontato come Cornet, anzi: Alizè aggiunge sempre più spesso alle sue soluzioni la palla corta, dimostrando di non temere nemmeno il corpo a corpo a rete. E sta giocando ispiratissima.
Sale 5-2 nel terzo set con due break di vantaggio. Serena sull’orlo del baratro strappa una volta la battuta all’avversaria, si rifà sotto ma non riesce a chiudere il gap: perde 6-4 il set decisivo.
A partita finita, Cornet festeggia e Serena raccoglie le sue cose; e poi, con due piccoli colpi alla spalla difficili da interpretare, avvisa Alizè che a Wimbledon il protocollo prevede di uscire dal campo insieme.
La testa di serie numero uno, cinque volte campionessa di Wimbledon, è fuori al terzo turno.
Domani, nella seconda parte, i match dal sesto al primo posto