TENNIS AL FEMMINILE – Nel 2014 Jelena Jankovic ha perso sette posizioni, uscendo dalla top ten. Un declino stagionale che, Serena Williams esclusa, conferma le difficoltà a mantenersi al vertice del ranking da parte delle giocatrici vicino ai trent’anni.
.QUI la presentazione dei sedici articoli.
Dicembre 2014
Rileggendo l’articolo su Jelena Jankovic (che nel dicembre 2013 era numero otto del ranking) pubblicato un anno fa, direi che emerge soprattutto una questione anagrafica che interessa tutto il tennis femminile: la sparizione dal vertice della classifica delle giocatrici oltre i 28 anni.
Con un rapido taglia e cuci avrei potuto rendere attuale il pezzo; ma si sarebbe persa la testimonianza del significativo ricambio che nel frattempo è avvenuto. Naturalmente c’è l’eccezione di Serena, che però per tanti aspetti è un fenomeno a sé stante. Per tutte le altre, invece, il tempo sembra proprio avanzare inesorabile: Li Na si è ritirata; Jankovic no, ma è uscita delle dieci. In modo progressivo, senza crolli improvvisi; come se il suo rendimento si fosse stabilizzato un gradino sotto.
Questo il suo ranking di fine anno nel corso della carriera:
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Riguardando le sue stagioni si rileva che Jelena ha vinto un solo torneo negli ultimi quattro anni (l’International di Bogotà nel 2013), e ha perso 7 finali. Gioca ancora in modo molto solido, ma sembra mancare l’eccellenza del periodo migliore.
In questo sembra stia seguendo i destini di Stosur o Kuznetsova: tenniste capaci in passato di picchi di gioco molto alti (fino a conquistare Slam) che però, per una ragione o per l’altra, non riescono più a mettere insieme il numero di partite consecutive necessarie per vincere ancora qualcosa di importante.
A me non pare del tutto impossibile che almeno una di loro trovi la settimana perfetta: ma è la logica a dire che ogni anno che passa le probabilità calano.
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Ecco l’articolo pubblicato il 16 dicembre 2013:.
Le 16 stelle WTA: Jelena Jankovic
.Se analizziamo l’età delle prime dieci giocatrici del ranking, si nota una situazione abbastanza anomala:
– due giocatrici sono nate prima del 1982 (Li Na e Serena Williams);
– sette giocatrici sono nate dopo il 1987.
– una sola è nata nel periodo intermedio (quadriennio 1983-1986) ed è Jelena Jankovic (28 febbraio 1985).
In pratica, ai vertici del circuito femminile mancano le giocatrici tra i 27 e i 30 anni, una fascia di età che in questa epoca di spostamento in avanti della maturazione dei tennisti si può considerare ancora di alto rendimento.
E’ vero che ogni tennista fa storia a sé: ad esempio Sharapova ed Errani sono nate a dieci giorni di distanza l’una dall’altra, ma le loro carriere hanno seguito tempi e percorsi completamente differenti; e anche Li Na è una “anziana” con una storia molto particolare. Però nel quadro di un ragionamento più generale, il dato ha comunque un certo rilievo: è come se in questo momento nel tennis di vertice femminile fosse venuta meno la rappresentanza della generazione di mezzo, il collegamento tra anziane e giovani. Con l’eccezione, appunto, di Jankovic.
Jelena ha anche un’altra caratteristica che la fa emergere rispetto alle altre: è quella con il miglior bilancio nei confronti diretti con Serena (ndr: 4 vinte 10 perse a fine 2014).
Forse è un caso, o forse no; io sospetto di no, perché troppe volte ho l’impressione che le giocatrici più giovani si misurino con l’attuale numero uno con uno stato d’animo rassegnato. Mi sembra che partano già battute, intimamente persuase che tanto alla fine la sconfitta sarà un esito ineluttabile. Non vorrei che inconsciamente pensassero che la definitiva affermazione arriverà non quando avranno battuto Serena, ma quando si sarà ritirata, dato che il tempo è dalla loro parte.
Le giocatrici della “generazione di mezzo”, invece, hanno dimostrato di avere più convinzione. Per citarne due ancora in attività: Kuznetsova (nata nel 1985) e Stosur (1984) ad esempio hanno all’attivo non solo alcune vittorie, ma anche vittorie pesanti contro Serena, raccolte negli Slam.
E’ vero che Jankovic non riesce a batterla dal 2010 (Roma), però in diversi match è riuscita a tenere testa alla numero uno con partite molto caparbie e combattute, concluse al terzo set. Incontri in cui non sono mancati piccoli attriti: nulla di eclatante, ma a mio avviso sintomi di personalità. Perché anche se Jelena dal 2011 in poi ha vinto un solo torneo (International di Bogotà nel 2013), continua ad avere l’orgoglio di una ex numero uno.
Devo però anche riconoscere che la Jankovic degli ultimi anni non è probabilmente una giocatrice in grado di assumere su di sé la responsabilità di rappresentante di una intera generazione di tenniste che per ragioni diverse non compaiono più al vertice del ranking (Clijsters, Kuznetsova, Stosur, Safina, Zvonareva, Bartoli etc.). Non mi pare abbia più la solidità del periodo migliore, anche se può ancora giocare porzioni di match a livelli davvero alti.
Dotata di un fisico superiore, a me è sempre sembrata il prototipo della sportiva che per le sue qualità atletiche sarebbe potuta emergere anche in altre discipline. Non è la più veloce, né la più scattante, né la più resistente o potente del circuito, ma per ciascuna di queste caratteristiche sono ben poche quelle che le stanno davanti: insomma ha una invidiabile completezza fisica, a livelli altissimi. Sottolineerei anche l’elasticità e un gran senso dell’equilibrio, probabili eredità della ginnastica ritmica praticata da bambina.
E se non può sostituire Clijsters come qualità tennistica in assoluto, è in grado di ricordare Kim per la capacità di scivolare anche sul duro, e di concludere i recuperi con la spaccata.
Tecnicamente possiede un rovescio potente e sicuro, che sa variare anche in back; il lungolinea è il suo colpo più efficace, quello con cui può spingere per procurarsi più facilmente i punti. Con il dritto ha qualche incertezza in più, ma quando è in forma, non credo proprio lo si possa definire un punto debole.
Per quanto riguarda il servizio è difficile riassumerlo in poche parole: perché è capace di servire prime (ma a volte anche seconde) veloci e aggiudicarsi degli interi game a colpi di servizi vincenti e “cheap point” determinati dalla battuta. E poi allo stesso modo è capace di andare in crisi e cedere break in serie a causa di servizi incerti e titubanti, che possono anche sfociare in doppi falli.
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A rete non è del tutto a suo agio, fatto salvo forse per lo smash: che del resto è il colpo di volo che richiede maggiori qualità atletiche. Difensivamente non si discute: il web è pieno di punti spettacolari giocati da Jankovic in recupero: con le doti che possiede è logico che ci sappia fare in questo aspetto del gioco.
Ma a mio avviso la vera specificità di Jelena, è la sua propensione per i colpi lungolinea: addirittura tende a preferirli agli incrociati; una predilezione che difficilmente si può ritrovare in altre giocatrici. Esistono parecchie tenniste che faticano ad uscire dalle diagonali, e nei momenti difficili è evidente il timore con cui provano i cambi di gioco; al contrario Jelena ha una naturalezza unica nel trovare senza problemi il tempo per giocare “dritto”, indipendentemente dalla velocità di palla che le viene proposta.
Dato che tende a colpire palle non troppo lavorate, abbastanza tese, potrebbe fare della sua specificità la chiave per costruire palleggi ad alto ritmo con cui far correre le avversarie; infatti chi è in grado di variare lungolinea ha più armi per muovere l’avversaria, uscendo dalla staticità del gioco sulle diagonali.
Ma invece troppo spesso Jelena si accontenta di stare nel palleggio, non spingendo a sufficienza sull’acceleratore.
La mia impressione è che tenda ad essere troppo difensivista più per indole che per ragioni tecniche. Per la verità tentativi di cambiamento li ha compiuti. Dopo l’apice del 2007-8 in cui ha raggiunto il numero uno al termine di un periodo caratterizzato da ritmi eccezionali (addirittura 97 partite disputate nel 2007 e 84 nel 2008) e dopo l’assestamento tra le migliori dieci nel biennio successivo, sono cominciate stagioni più difficili.
In quel momento alla ricerca di rimedi ai risultati deludenti, aveva cercato di modificare l’atteggiamento in campo, provando ad essere più aggressiva.
Solo che accadeva all’incirca questo: cominciava i match con tutta l’intenzione di comandare il gioco, anche scendendo a rete per chiudere il punto; e le statistiche dei primi game erano quelle tipiche di un’attaccante.
Ma bastava che si arrivasse alle fasi finali del primo set (in vantaggio o in svantaggio contava poco) e che quindi salisse un po’ la tensione in campo, che immancabilmente Jelena si rifugiava dietro la sua amata linea di fondo, per non abbandonarla praticamente più per il resto della partita, lasciando così troppo spesso dettare il gioco all’avversaria.
Nell’ultimo periodo le fa da coach il fratello Marko; non sono arrivati risultati straordinari, ma è comunque tornata ad essere più consistente. Anche la classifica è migliorata: dopo due anni di assenza ha riconquistato la top ten di fine anno e il posto al Masters.
Personalmente ho l’impressione che qualsiasi tentativo di aumentare l’aggressività in campo sia stato abbandonato; questa scelta pare averla resa più serena sul piano mentale, e si sa che nel tennis la testa conta più di tutte le altre componenti tecniche.
Vedendola giocare in questo modo non posso fare a meno di pensare che certe sue potenzialità non saranno mai del tutto valorizzate; ma dopo tanti anni credo che si debba accettare che, come per il caso dello scorpione e della rana, quello è il suo carattere, e sembra impossibile possa modificarlo.