Madison Keys ha battuto Petra Kvitova, Madison Brengle ha battuto Coco Vandeweghe. Agli ottavi di finale sarà Madison contro Madison, sfida dal sapore speranzoso tutto americano che non merita né la Laver né la Court Arena ma.. il Madison Square Garden
Che sia Keys o Brengle la sostanza non cambia. Durante questi Australian Open il tennis americano è tornato a respirare un po’ d’aria fresca e lo ha fatto sotto il segno di un nome preciso: Madison. La Keys ha infatti surclassato la numero 4 del ranking WTA e vincitrice di Wimbledon, Petra Kvitova, per 6-4 7-5; la Brengle ha estromesso l’altra a stelle-e-strisce Coco Vandeweghe, fin qui al miglior risultato in Australia, con il punteggio di 6-3 6-2. Quale è il bello? Che si troveranno avversarie, in un ottavo di finale tutto statunitense. Madison Brengle vs Madison Keys, MadisonContro, da uscirne pazzi… o, se preferite, “mad”.
Era da fin troppo tempo che gli USA non portavano quattro atlete alla seconda settimana degli Australian Open. Sono passati ben 12 anni dall’ultima volta. Allora era WilliamsX2, Davenport e Rubin; oggi invece WilliamsX2 e MadisonX2. Vecchie glorie che si mescolano a giovani speranze che cercano di tirar fuori la testa dal guscio senza essere sommerse dalle aspettative americane di aver trovato una nuova Williams. Eppure Madison Keys ci va vicino, se vogliamo metterla sul piano fisico. Alta e slanciata come Venus, forte e solida come Serena. Il perfetto identikit, andando a vedere anche il bagaglio tecnico. Potenza, potenza, potenza. Un servizio tra i migliori del circuito che raggiunge velocità notevoli intorno ai 200km/h, un dritto altrettanto veloce ma meno penetrante del rovescio bimane. A quanto riporta Ben Rothenberg, contributor per il New York Times, avrebbe avuto la più alta media di velocità dei colpi del Roland Garros 2014, 124 km/h. Più anche di Novak Djokovic (122.6 km/h).
La Keys è campionessa di precocità. Oggi di anni ne ha 19, ma la prima vittoria sul WTA Tour l’ha ottenuta a soli 14. Entrò nel tabellone principale di un torneo International in Florida e vinse il primo turno contro l’allora n°81 del mondo, Alla Kudryavtseva. Esordì negli Slam a 16 anni, passando dalle qualificazioni, negli US Open del 2011, dove peraltro strappò un primo turno, salvo poi arrendersi a Lucie Safarova. Ha mostrato avvisaglie di un exploit a partire dagli anni scorsi, quando ha iniziato ad affacciarsi sul circuito a ritmi costanti. Nel 2013 ha infatti raggiunto quarti e semifinali qua e là nei tornei WTA che contano in misura minore, per poi conquistare qualche punto prezioso in ottica classifica negli Slam, coi terzi turni a Wimbledon e agli Australian Open. Anche nel 2014 si è ripetuto lo stesso canovaccio, ma con la differenza che nel pamarés è entrato un titolo WTA: quello sull’erba di Eastbourne, in uno dei match più avvincenti della stagione contro Angelique Kerber; è stato il trionfo americano più giovane da quello di Vania King nel 2006. Ora è allenata anche da Lindsay Davenport, un’altra statunitense che le assomiglia molto in quanto a stile di gioco, potenza dei colpi e mezzi fisici. Perennemente in attesa di sbocciare, se Madison mettesse a posto qualche problema tattico ed anche la gestione della partita, l’America avrebbe trovato davvero una nuova numero 1. La vittoria su Petra Kvitova ed il primo ottavo Slam concorrono in tal senso.
L’altra Madison invece si è affacciata più timidamente ma sempre lì sta, agli ottavi di finale. Eppure mica ha avuto il più facile dei cammini. Al primo turno ha contribuito all’ecatombe delle teste di serie femminili, eliminando Andrea Petkovic, peraltro il rimonta. Al secondo turno ha giocato suo primo derby statunitense nel torneo, contro Irina Falconi. Nel terzo turno ha fatto doppietta, eliminando Coco Vandeweghe. Chissà che allora, se è vero che “non c’è due senza tre” …
La Brengle è più anziana, se così possiamo dire, della Keys. Ha “già” 24 anni. Ma dalla sua ha migliori risultati a livello junior; lei è stata numero 4 al mondo, la Keys solo numero 16. Eppure però poi non ha saputo sfondare nel circuito maggiore. La prima stagione in top100 l’ha vissuta l’anno scorso, con una breve comparsata nella top90 a settembre. Tornata nel main draw degli Australian Open dopo 7 anni di assenza (allora aveva una wild-card), ha subito sfruttato l’occasione. Ma bisogna sottolineare che questo mini-exploit in realtà non è un fuoco di paglia.
La Brengle è una delle giocatrici più in forma del momento; da che era finita fuori dalla top100, ora è sicura di rientrare almeno in top50 dopo aver conquistato questi ottavi di finale. Il tutto grazie ad ottime prestazioni al torneo di Brisbane, dove è entrata dalle qualificazioni, a quello di Hobart, dove è arrivata in finale sempre dalle qualificazioni, e grazie a questi ottimi Australian Open; 14 vittorie già inanellate in stagione. La Brengle ha poi avuto una difficoltà in più della sua omonima. Le è stato diagnosticato un tumore della pelle quest’autunno, prima degli US Open, dopo che lei stessa aveva visto una macchia sospetta sul ginocchio e si era rivolta ad un dermatologo. Ha dovuto affrontare un operazione alla gamba e stare ferma per cinque settimane. Fortunatamente, a quanto lei stessa ha detto in conferenza stampa, il tumore era agli stadi iniziali. Un piccolo episodio che le ha fatto apprezzare maggiormente l’essere in buona salute e che forse sta condizionando la sua nuova maniera di affrontare i match.
Gli americani hanno di che gingillarsi: il vuoto tra Serena Williams e le altre sembra assottigliarsi. O almeno sul breve periodo, finché almeno una Madison sarà nei quarti di finale e la bandiera a stelle e strisce sventolerà su una qualsiasi arena di Melbourne Park a portare un assaggio di speranza e di democrazia tra una pallina da tennis e l’altra. Che ci sia scritto Madison, da qualche parte, nel futuro del tennis made in USA?