Serena Williams vince il sesto Australian Open della sua carriera battendo in finale una Maria Sharapova mai doma, capace di annullare di annullare tre match-points prima di capitolare 6-3 7-6 (5) dopo un 1 ora e 51 minuti. E’ il diciannovesimo Slam per Serena che stacca Chris Evert e Martina Navratilova e mette nel mirino i 22 Slam di Steffi Graf
S. Williams [1] – M. Sharapova [2] 6-3 7-6 (6) (Da Melbourne, Angelo Lo Conte)
Se un qualcosa questo Australian Open e Tomas Berdych ci hanno insegnato è che nel tennis nessuno perde da nessuno per più di diciassette volte di fila. Se sei fermo a quota quindici però, non c’è statistica che possa salvarti e se non trovi il modo di arginare la strapotenza del tuo avversario una nuova sconfitta è pressochè assicurata. Prima della finale odierna Maria Sharapova rientrava nella categoria di quelli che hanno perso per quindici volte di fila contro lo stesso avversario; da qualche minuto a questa parte è a quota sedici e per il teorema di Berdych dovrebbe finalmente vincere contro Serena dopo la diciassettesima sconfitta consecutiva, possibilmente entro la fine dell’anno.
Guardare una partita tra Maria Sharapova e Serena Williams riporta alla memoria ricordi di infanzia passati a guardare a guardare film di Sergio Leone. “Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con il fucile, quello con la pistola è un uomo morto”. Si potrebbe dire tanto sulle ragioni tecniche di un dominio ma per quanto mi riguarda basta questo. Al di là delle analogie o non analogie cinematografiche, Masha e Serena sono le grandi campionesse degli anni zero, le uniche ad aver completato il career Slam e ad essere ancora qui, ancora in una finale di Slam, quasi undici anni dopo quel pomeriggio londinese in cui la russa, allora diciassettenne, prese a pallate la più piccola delle Williams ridicolizzandola sul centrale di Wimbledon con con il punteggio di 6-1 6-4. Serena non la prese benissimo e questo si evince dagli incontri di lì a poco successivi da cui deriva il parziale di cui sopra. Se entrambe sono delle campionesse assolute, va detto che Serena lo è un po’ di più e che se in passato avesse avuto un minimo di voglia di giocare a tennis probabilmente avrebbe battuto buona parte dei record di questo sport.
Come da buona tradizione in questa inesistente estate melbourniana, la finale femminile dell’Australian Open 2015 si gioca con sedici gradi e possibilità di pioggia. D’altra parte se ieri Wawrinka nella conferenza stampa post-Djokovic Wawrinka tossiva ininterrottamente e Serena ha interrotto vari allenamenti per attacchi di tosse, è evidente che lo Slam Down Under climaticamente è stato più Down Under del solito. Questa sera Serena cerca il diciannovesimo major di una carriera straordinaria mentre Sharapova cerca di ripetere l’impresa qui compiuta sette anni fa quando batté Ana Ivanovic in finale. Inoltre, se interessa, Sharapova cerca di vincere il primo Slam in un anno dispari della sua carriera.
Pronti via e Sharapova, dopo aver avuto due palle per portare a casa il primo game, perde il servizio con un doppio fallo. Mentre Serena tiene facile, nel settore stampa della Rod Laver Arena si mormora di una partita finita prima di cominciare: chiacchiere da bar che mai come oggi sono sbagliate. Prima di addentrarsi nel primo set c’è da dire che Masha ha preparato un paio di novità per questa partita: la prima è il drop shot, utilizzato spesso e volentieri dopo aver spinto Serena fuori dal campo con il dritto. Si è poco abituati vedere Masha giocare palle corte (io ne ricordo pochissime) e il fatto che a fine partita il numero di drop-shot sia stato maggiore a quello dei doppi falli soprende e non poco. La seconda novità è nella testa più che nel corpo. Dopo aver fronteggiato match points contro Panova nel secondo turno, Masha ha deciso che avrebbe giocato il resto del torneo senza alcun timore, cercando di tirare il possibile e sfruttando ogni occasione. Oggi la siberiana c’è e Serena ne è al corrente.
Avanti di un break nel primo parziale, la più piccola delle Williams è però in modalità finale-di-slam; serve la prima a 190 km/h di media e fa letteralmente i buchi con il dritto. Dopo un paio di turni di battuta relativamente tranquilli, sul 3-2 Serena e 30-30 l’insostenibile clima di Melbourne decide che debba iniziare a piovere e così, mentre le giocatrici trovano riparo a bordo campo, un’orda di ball boys muniti di asciugamano si dà da fare affinché il Plexicushion della Rod Laver Arena non si inzuppi troppo. Nel frattempo il tetto si chiude, le ragazze rientrano in campo e si riprende a giocare in meno di 15 minuti. Tipica precisione Aussie. Alla ripresa del gioco Serena mette un’importantissimo ace centrale a 191km/h e tiene il servizio portandosi sul 4-2. Masha, invece, si è raffreddata e lascia sul campo tre succulente palle break sulle quali Serena si avventa con il dritto: 5-2 al cambio di campo e a nulla vale l’immediato contro-break di Maria. Serena chiude il primo parziale con l’ennesimo break: 6-3 in 47 minuti.
Se Serena avesse sfruttato una delle due palle break avute nel secondo gioco del secondo parziale, probabilmente avremmo assistito ad una partita diversa. Maria, che veniva da dodici punti persi consecutivamente, si sveglia di soprassalto facendo ace- servizio vincente-ace e dritto lungolinea.Una volta impattato sull’1-1 e si ha la sensazione che la partita sia sensibilmente cambiata. Infatti, sebbene continui a soffrire nei suoi turni di battuta, Masha alza il livello, e, nel settimo gioco riesce a procurarsi una importantissima palla break annullata da Serena con un missile centrale. La partita diventa incerta e avvincente ed è quasi con stupore che sul 5-4 30-40 Serena si conquista un Championship point. Masha però questa sera non ha proprio voglia di perdere e annulla con un dritto lungolinea meraviglioso, senza dubbio il miglior colpo del suo torneo. Galvanizzata dal match-point salvato, la siberiana tiene e porta Serena ai vantaggi sul servizio. Niente break comunque, si va al gioco decisivo.
Il tie-break è un thriller e, a meno di fuochi d’artificio nella finale maschile di domani, rimarrà il momento più emozionante di questo torneo. Masha va avanti di un mini-break, si fa riprendere, superare e staccare per poi ri-impattare sul 5-4. Su servizio Sharapova, Serena tira un comodino di risposta e si procura due Championships point. Il primo è annullato coraggiosamente da Maria con una seconda di servizio che è praticamente una prima. Il secondo però è quello buono (ace) ed è seguito da una sincera stretta di mano tra due che non si sono mai amate ma, come accade in tutte le grandi rivalità, finiscono per rispettarsi così tanto da diventare quasi amiche.
Nel dopo partita, una Serena felicissima, dopo aver ringraziato praticamente chiunque, ha ricordato i duri tempi di Saginaw “da piccola non e’ che fossi ricca, ma la mia famiglia era ricca nello spirito e nel supporto che mi dava. Avevo una palla, una racchetta e una speranza. E’ questo e’ il consiglio che voglio dare, mai mollare, perché non sai mai quello che ti puo’ succedere”. Masha si è detta soddisfatta di come ha giocato e orgogliosa di condividere la stessa era di Serena. Anche lei ha ricordato l’adolescenza non agiata, in particolare i viaggi sulla bicicletta del padre per andare agli allenamenti all’accademia di Nick Bollettieri.
Una breve nota personale: (Kvitova permettendo) questo è il meglio che il tennis femminile offra al momento. Serena, se il fisico regge, a ventitré ci arriva.