Il britannico Kyle Edmund, dopo la prematura eliminazione agli Australian Open, conquista il Challenger di Hong Kong, mettendo in mostra un ottimo tennis. Kyrgios è qualche mese più giovane di lui; quanto in alto potrà arrivare?
Una vittoria incoraggiante. Kyle Edmund, britannico ma di origine sudafricana, da poco ventenne, ha dominato il challenger di Hong Kong, svoltosi nell’ultima settimana di gennaio. Non è un’iperbole, non ha perso neppure un set e ha sconfitto in finale il giapponese Tatsuma Ito, giocatore più esperto e numero 89 del mondo. Il vero ostacolo è stato probabilmente Matthew Ebden, per il resto un torneo gestito al meglio. Arrivava a Hong Kong dopo la sconfitta al primo turno degli Australian Open. A suo dire, proprio durante la finale è riuscito a giocare il proprio miglior tennis, un po’ di fortuna e di tempismo non guastano mai.
Edmund ha dichiarato di essersi allenato in dicembre con Andy Murray e di aver ricevuto buoni consigli (“Andy vuole davvero che io faccia bene. Mi scrive per dirmi “ben fatto” e “buona fortuna” ed è una bella sensazione quando qualcuno come lui vuole che tu faccia bene”); la vittoria a Hong Kong gli ha dato una bella dose di fiducia e ora sarà ancora “down under” per disputare altri challenger e migliorare la classifica. Di sicuro non gli manca la voglia di emergere e di lavorare sodo, aspetto che uno dei suoi primi coach, Tom Davies, ha sempre visto in Kyle. Con questo successo Edmund raggiunge la sua migliore posizione nella classifica ATP, al numero 148, e diventa ufficialmente il numero tre britannico, dietro a Ward e Murray, ovviamente.
Senza peccare in presunzione, proviamo ad analizzare il potenziale di questo tennista per capire se potrà essere un top player. Dal punto di vista della personalità e dell’attitudine agonistica, sembra un giocatore discretamente formato, meno giovane di ciò che dice l’anagrafe; un buon combattente, senza molta paura. Dal punto di vista fisico è certamente un buon atleta, ha potenza e una discreta mobilità. A livello tattico/strategico la sua abitudine più spiccata è aprirsi il campo con il diritto anomalo, preferibilmente dopo un potente servizio. Tecnicamente, infatti, la battuta è il colpo più efficace, che ricorda nel movimento quello di Tsonga. Il diritto è invece il suo punto debole, pesante ma non velocissimo, con molta rotazione e che comunque appare ben poco naturale. Un diritto mediocre, nel tennis del ventunesimo secolo, non è mai un buon auspicio: o si hanno altre doti straordinarie, o si rischia di non diventare veri campioni.
Resta poi il fatto che Edmund è di pochi mesi più anziano di Kyrgios, il quale è già approdato due volte nelle fasi finali degli slam (quarti a Wimbledon e Australian Open). Kyrgios ha un diritto migliore, un servizio altrettanto potente (se non più efficace), insomma sembra un giocatore di altro livello rispetto ad Edmund. Nel panorama degli emergenti, poi, Kozlov è decisamente più giovane (è nato l’ 1/2/1998) e ha mostrato una naturalezza nei colpi a tratti “rogeriana”, oltre a una freddezza strabiliante per un ragazzino.
Ma il bello del tennis giovanile è che il tempo può riservare sorprese.
Emanuele Fietta