Mardy Fish è tornato nel circuito. L’ex n. 7 del mondo ha giocato a Indian Wells il suo primo match in 18 mesi perdendo da Ryan Harrison. L’americano si è ripromesso, superati i tanti problemi, di riprovarci un’ultima volta
Chiunque abbia una anche minima conoscenza di tennis ieri sera, magari durante lo zapping da piumone, guardando quei calzini a metà caviglia avrà pensato: “Uh, c’è Fish!” e qualcun altro forse avrà aggiunto: “Ma gioca ancora?!?”. “Ritiratosi” in pratica nell’agosto del 2013 ha giocato (e perso per ritiro) la sua ultima partita a Winston Salem contro Jarkko Nieminem. Già in quell’anno comunque era stato solo una comparsa con la miseria di nove partite all’attivo (4 vinte e 5 perse). I problemi in realtà erano iniziati dopo il torneo di Key Biscane quando in piena notte Mardy si sveglia con in battiti accelerati, 180 bpm al minuto, e sudando freddo. Da solo nella stanza di albergo pensa bene di andare dal suo coach, Christian LoCascio, e dirgli: “Chris, forse sto andando all’altro mondo!”. Da quella notte Fish decide di volerne sapere di più e salta tutta la stagione sulla terra, torna a Wimbledon dopo che una notte a Houston (in aprile) il cuore decide di riprendere la marcia di un Freccia Rossa. Prima di Wimbledon però c’è soprattutto l’operazione chirurgica per bruciare la zona di tessuto in cui si determina l’anomalia che causa le aritmie. Sembra tutto finito siamo a luglio e nel resto del 2012 ci saranno grandi risultati per l’americano che raggiunge i quarti a Toronto e Cincinnati, al quale va aggiunta la semi di Washington. Il rimpianto più grande sarà il ritiro, sempre per problemi fisici, agli US Open prima di giocare contro Federer. Del 2013 sono già state citate le sole 9 partite all’attivo, a causa soprattutto della sua mente. Troppo spesso le persone con problemi di cuore finiscono per soffrire di attacchi di panico molto violenti, conseguenza forse fin troppo scontata quando si pensa di dover vivere con la morte dietro l’angolo. Proprio per questo Mardy scompare per tutto il 2014, si dedica al golf sport che aiuta il cuore per le lunghe camminate. In America si ha addirittura uno sconto sull’assicurazione sanitaria se si pratica frequentemente questa nobile disciplina. Dopo aver elencato le note dolenti della carriera dell’ex numero sette del ranking ATP è giusto ricordare quanto di buono ha fatto. Come detto, vanta il n.7 al mondo come best ranking e vanta inoltre sei titoli in carriera su venti finali giocate. Tra le finali perse ci sono ben quattro Master 1000: 2003 Cincinnati (persa dall’amico Roddick), 2008 Indian Wells (persa da Novak Djokovic), 2010 Cincinnati (lo batte Federer) e infine 2011 Toronto (sempre sconfitto da Djokovic). Nel 2011 riesce a qualificarsi anche per le ATP World Tour Finale di Londra e nonostante il torneo non vada bene (tre sconfitte su tre al Round Robin) l’evento è forse il giusto riconoscimento dopo il tanto lavoro svolto per arrivare in alto. Agli inizi della carriera inoltre ci sono stati l’argento alle Olimpiadi del 2004 e la finale di Coppa Davis, sempre lo stesso anno. Altri due secondi posti molto amari per l’americano che forse nella lunga carriera un acuto meritava di piazzarlo. Nei tornei dello slam ha raggiunto quasi ovunque i quarti di finale (solo a Parigi massimo il terzo turno), a testimonianza di un gioco a tutto campo che gli consente di dire la sua su ogni superficie. Dopo Indian Wells giocherà, sempre con la classifica protetta, anche a Miami (dove dovrebbero tornare anche Del Potro e Haas). Proprio il protected ranking gli permetterà di giocare i tornei più importanti di questo 2015, Slam compresi. Vedremo quanto riuscirà a giocare considerata la lunga inattività, certo però che rivederlo magari fino agli US Open sarebbe assolutamente fantastico. Non tanto per il personaggio, il suo sorriso stampato su quella faccia buona è sempre stato coinvolgente, ma per il suo gioco che a dirla tutta quasi nessuno tra le nuove leve riesce a replicare. Giocatori così non ce ne sono più, capaci di giocare (bene) in ogni parte del campo. Fermiamoci qui però, disquisire su come si sia trasformato il gioco sarebbe fuori luogo in questo momento, adesso godiamoci il ritorno di Fish sperando di vedere anche qualche risultato importante. Stanotte ad ogni modo ha giocato quasi tre ore perdendo solo al tiebreak del terzo, tutto è relativo per carità ma probabilmente per Mardy già stare in campo così a lungo è stata una vittoria.