La tennista svizzera, neo top30, racconta “un’infanzia” infernale. “I momenti felici furono pochi fino a che i miei genitori divorziarono”. Il segreto di Roger Federer e dei suoi successi. Barista, cuoca, receptionist o tennista? Lei come la Hingis…
La settimana scorsa Sara Errani ha perso nettamente (6-0,4-6,7-6) a Monterrey da una tennista svizzera di origini ungheresi, Timea Bacsinszky, oggi venticinquenne, che è la sola, con la sua connazionale Martina Hingis, ad aver vinto due volte il prestigioso torneo dei Petis As nella categoria dei 13-14 anni a 12 e 13 anni. Nell’albo d’oro di quel torneo, fra vincitori e finalisti, figurano nomi come Kournikova, Cljisters, Davenport, Henin, Chang, Norman, Ferrero, Gonzalez, Ancic, Murray, Gasquet, Nadal, Coric…
Dire che Timea all’epoca (2002-2003) fosse sembrata a tutti un talento straordinario è dire poco. Ma allora nessuno sapeva o poteva intuire che Timea giocava a tennis per un solo vero motivo e scopo: evitare i litigi familiari di casa sua, i rimproveri ossessivi di un padre con il quale oggi non ha e non vuole avere più alcun contatto.
Un’infanzia terribilmente dolorosa che lei ha tenuto nascosta a lungo, prima di un lungo percorso attraversato anche da continui incontri con uno psicologo per poi decidere di mettere fine alla propria carriera un paio d’anni fa, dopo che a 18/19 anni (al terzo turno dell’US Open 2008) era stata a due punti dal battere Dinara Safina, n.7 del mondo (prima di perderci 36 75 62) e tre mesi dopo aver trascinato al terzo set (46 63 63) anche Elena Dementieva, n.5 Wta. Insomma era ancora una teenager quando Timea aveva fatto irruzione fra le prime 40 tenniste del ranking femminile, n.36.
Oggi, dopo la finale di Monterrey la ritroviamo a n.27 e per la prima volta fra le top 30.
Eppure quella ragazzina bionda ed occhialuta, con quella montatura retrò con le lenti così rotonde che la facevano sembrare più una studentessa di filosofia che una tennista – oggi però usa le lenti a contatto, peccato, era più “particolare” prima – due anni fa si era proprio fermata per dedicarsi ad un percorso professionale del tutto diverso e se non avesse ricevuto una mail dal Roland Garros…
Oggi Timea ha 25 anni e, dopo aver vissuto un’infanzia talmente dolorosa che due anni fa aveva deciso di lasciare il tennis per frequentare una della famose scuole alberghiere svizzere, ha rivelato apertamente ad un collega di Tennis Magazine, Jean Baptiste Barretta, la sua storia per “aprire forse gli occhi a qualche genitore”.
– Certo che non ho dimenticato la gioia di aver vinto il torneo de “le Petit As” a Tarbes, ma quel successo mi ricorda anche i piccoli “ricatti” che ho sempre subito nella mia infanzia di tennista: ‘Se vinci questo torneo in Svizzera ti comprerò un criceto’. Lo vinsi e dopo lunghe negoziazioni potei avere un porcellino d’India…Ero sola nella nostra casa di campagna e desideravo tanto un cagnolino per avere un po’ di compagnia…Mio padre mi disse che avrei potuto averlo solo se avessi vinto il Petit As con un anno di anticipo sull’età delle mie coetanee. L’ho vinto e ho avuto il cane…insomma il tennis era la base per ottenere qualcosa, una ricompensa”.
– Vabbè, dai, solo una ricompensa…non è poi così terribile…
“Ma per me giocare a tennis significava evitare i litigi fra i miei genitori. La mia infanzia è stata un periodo terribile della mia vita. Sul campo ero …intoccabile, avevo il controllo della situazione, potevo giocare lungolinea anche se la tattica di gioco prevista da mio padre era giocare incrociato. Era talmente cocciuta che volevo vincere a modo mio. Lui, mio padre, si poteva infuriare, ma ero io che prendevo le mie decisioni sul campo…”
– Ma perchè si avverte tanto risentimento e rancore nei confronti di tuo padre?
“Perchè per me non è stato un padre. Certe persone non meriterebbero di avere un figlio. Ho subito violenze, soprattutto mentalmente. Era orgoglioso delle mie vittorie, ma felice soprattutto perchè così pensava ad assicurarsi il suo avvenire. E’ diventata un’ossessiore per lui, una persecuzione per me. Sembrava che nulla dovesse esistere per me al di fuori del tennis. Non poteo dire quello che pensavo, mangiare quello che volevo. Un giorno la mia miglior amica mi ha telefonato per invitarmi al suo compleanno…beh, mio padre mi ha strappato il telefono dalle mani e le ha gridato di non chiamarmi mai più. Ero costantemente sotto pressione. Sapevo di essere una delle ragazze più forte del mondo fra le mie coetanee, ma la mia vita era un inferno. Non auguro la mia infanzia a nessuno. Ho avuto pochi momenti felici…fino a quando i miei genitori hanno divorziato!”
Timea quasi non se ne rendeva conto. Lottava per vincere soltanto per conquistare la pace fra i suoi genitori, per evitare che litigassero.
“Avrei voluto avere una vera famiglia, sentire che i miei genitori mi amavano per la piccola Timea che ero e non perchè ero ua tennista che vinceva le partite. Mia madre era rimasta incastrata in quell’ingranaggio, ma mi proteggeva. Mi faceva uscire qualche volta di nascosto a mio padre con i miei amici, naturalmente senza che io rientrassi tardi, ma se mio padre se ne accorgeva se la prendeva con lei in modo violento. Vedevo le famiglie “normali” dei miei amici e la vivevo come un’ingiustizia. Era tutto a causa del tennis”.
L’unica possibilità di svago Timea l’aveva quando veniva raggiunta, il secondo weekend di ogni mese, dai due fratellastri, figli con una sorellastra, di un precedente matrimonio del padre. “Mio padre aveva cercato di spingere anche loro a giocare a tennis, ma senza successo”.
Per scappare alle “persecuzioni” del padre ossessionat dall’obiettivo di fare di lei una campionessa, Timea non aveva una via di fuga: la scuola.
“Tanti ragazzi non amavano la scuola, io sì. Lì non mi poteva accadere di dover discutere perchè avevo sbagliato un dritto. Non è un caso che io oggi parli cinque lingue: francese, inglese, tedesco, italiano, ungherese (che si parlava a casa, ma più con le “tate” che con mia mamma dentista o con mio padre che vedevo quasi soltanto durante gli allenamenti) e un po’ meno delle altre una sesta, lo spagnolo.
Una prima pesante svolta nella vita della piccola Timea avviene a 15 anni, quando i suoi genitori divorziano.
“Ho quasi obbligato io mia madre a divorziare. Era il solo modo per conquistare la mia libertà. Sono passat dieci anni e da allora ho visto mio padre meno di dieci volte. Non gli parlo da più di un anno. Quel che gli accadrà non mi fa né caldo né freddo. Un padre non si può comportare come lui. Quello che ho fatto lo devo a me, non a lui. Lui semmai mi ha trascinato in basso, mi ha fatto subire una gran quantità di cose e ho poi dovuto lavorare duro per ritrovarmi come donna…Anche se adorerei avere dei figli ho paura, perchè non vorrei che vivessero un solo giorno come l’ho vissuto io, con loro sarei sempre all’altro estremo, sempre a preoccuparmi di loro”.
Timea spiega la libertà raggiunta con il divorzio dei genitori ma come una libertà condizionata:
“Giocavo a tennis perchè mi avevano sempre detto che avrei dovuto farlo, perchè avevo talento. Erphan Djiangiri (allenatore d’origine iraniana che aveva fatto le sue prime lezioni con Igor, il papà di Timea, prima di laurearsi in economia mentre giocava a tennis nel famoso college dell’UCLA a Losa Angeles) ha cominciato ad allenarmi…e non era facile per lui che aveva solo 25 anni gestire una ragazza di 15 anni con il mio passato. Anche perchè io non avevo nessuna voglia di allenarmi. Non mi piaceva proprio. Non riuscivo a dare più del mio 20%…mentre non vedevo l’ora di incontrarmi con il mio ragazzo”.
E tuttavia continuava a giocare piuttosto bene. Vedi sopra i suoi risultati del 2008. Quando vince anche il suo primo torneo ed entra tra le prime 40 del mondo. Timea non confida alle altre tenniste tutti i suoi problemi: “Erano troppo complicati, non c’era nemmeno tanto tempo per farlo, né forse interesse…la persona che mi ha veramente aiutato è il mio manager Alexandre Ahr. Mi conosce dacchè sono nata e mio padre era stato il suo maestro. E’ avvocato, ha negoziato i miei primi contratti. E’ come un fratello maggiore per me. Ha fatto anche un po’ da psicologo nei miei anni di difficoltà con mio padre: tante volte l’ho chiamato in mio soccorso, quando piangevo come un vitellino. Lui mi ha aiutato e sostenuto. Per lui non è importante che io vinca o perda. Vuole solo che io sia felice.”
Timea, con quel che ha vissuto potrebbe forse dare consigli a qualche genitore di ragazzini/e che giocano a tennis.
“Non ci sono ricette miracolose. Se un match va male i genitori devono essere là soprattutto per confortare il figlio, per farlo crescere, educare. Occorre essere là per lui. Forse vostro figlio non sarà mai un campione e …chissenefrega! I milioni non fanno la felicità. I genitori devono pensare al suo futuro. Federer è il miglior tennista del mondo…ma da ragazzo ha avuto la fortuna di fare un sacco di sport. I genitori devono incoraggiare i figli a essere polisportivi piuttosto che limitarli e costringelri a batter 250 volte la palla in un modo piuttosto che in un altro. Federer ha vinto il suo milionesimo match e sembra ancora oggi un ragazzino che ha conquistato la sua prima vittoria. E sapete perchè è anche così bravo? Perchè lui ama davvero giocare, vive il tennis come un vero grande piacere. E’ così che deve essere. Io in fondo amo il tennis, lo so. Ma ne sono stata a lungo disgustata, perchè mi riportava alla mia infanzia e alle mie sofferenze. Spero che un giorno la mia storia servirà, questa che racconto serva a qualcun altro”.
Se Timea gioca ancora a tennis, ed è oggi la tennista che è, è però frutto di un segno del destino.
“ Il 22 aprile 2011 verso le 8 di sera, un Venerdì Santo, un uomo è caduto pesantemente sul mio piede sinistro. Un botta e un male pazzesco, una corsa a più ospedali perchè chiusi nella sera di festa. Per farla breve ho dovuto operarmi tre volte, a maggio, settembre e ottobre. Mi sono infatti rotta il primo e il secondo metatarso oltre che il legamento dell’avampiede che tiene le dita insieme. E’ un infortunio complesso, rischioso, c’è chi guarisce e chi no. Per tre mesi ho avuto un gesso che non potevo mettere il piede a terra. La mia carriera poteva finire lì. Ma non me ne sono fatta un cruccio… perchè così avrei potuto riprendere i miei studi. Questo non sarebbe stato un dramma perchè io ho un carattere da sopravvissuta, come Rocky …! Ne ho approfittato per uscire fuori e fare una vita normale, come tante ragazze. Facevo di tutto, senza preoccuparmi più di niente. Per qualche mese, non avevo più per niente in comune con la vita abituale di una tennista. Una sorta di scela estrema, avevo bisogno di quella adrenalina. Ma proprio questa sensazione dimostrava che in fondo ero più triste che contenta. E’ stato in quel momento che tutto è ricominciato.
Mi sono decisa a ricorrere ad uno psicologo, dopo aver tentato di risalire sul circuito da sola…”
Timea era precipitata olre il 400mo posto nel luglio 2012, anche se a fine anno 2012 era n.182 Wta, dopo aver giocato nel circuito inferiore.
“Avevo pensato che avrei potuto superare da sola le mie sofferenze, ma mi sono invece resa conto che era impossibile e che avevo bisogno di qualcuno che mettesse ordine nel puzzle che era diventata la mia testa. Ho avuto bisogno di tempo, insomma, per guarire dalle ferite della mia infanzia. Grazie a questo psicologo oggi io sono quella che sono. Ho capito che potevo influire personalmente sulla mia propria vita, e che io potevo scegliere quello che volevo dalla A alla Z, che avevo il diritto di dire no”.
Com’è come non è fatto sta che all’inizio del 2013 Timea decide di dare una vera svolta alla propria vita.
“Ho fatto richiesta per essere ammessa alla scuola alberghiera di Ginevra. Anche se non avevo il diploma richiesto il direttore ha deciso che alla luce del mio percorso di vita mi esonerava dal presentarlo, ma in cambio avrei dovuto fare uno stage preparatorio di cinque mesi in un hotel. Ho cominciato quindi lo stage in un hoel a cinque stelle, lo Chalet Roy Alp à Villars-sur-Ollon. Non volevo restare a Losanna ed essere riconosciuta da qualcuno. Là ho lavorato nelle cucine e al bar. Ed ho imparato tantissimo. Quello che era super…era che non avevo nessun trattamento di favore perchè i miei colleghi non mi conoscevano per niente, anche se hanno saputo subito che ero una ex tennista. Avevo tuttavia previsto di annunciare la fine della mia carriera nell’estate del 2013…ma qualche giorno prima dell’inizio del Roland Garros ho ricevuto una mail dall’organizzazione che mi annunciava che potevo partecipare alle qualificazioni. Infatti aveva almente piovuto a Bruxelles che le giocatrici impegnate in quel torneo non avrebbero fatto in tempo per arrivare a giocarle al Roland Garros. Questo mi ha permesso di entrare nel tabellone. Mi ero infatti iscritta all’inizio dell’anno, nemmeno me lo ricordavo più, ma nella mia testa non pensavo più al tennis, ci avevo fatto una croce sopra. Ero pronta a cominciare la scuola alberghiera…Avevo dormito da mia madre quel giorno a Losanna quando lessi quella mai al mattino. Sono scesa a fare colazione, saltellando e annunciandole che sarei andata a Parigi. Mia madre mi disse che sarei stata ridicola, che ormai avevo scelto un’altra strada!. Ma me ne sono infischiata. Non avevo che un desiderio, andare a Parigi e giocare al Roland Garros. Ho dunque chiamato il mio direttore per dirgli che non avrei potuto aprire il bar al mattino perchè dovevo giocare al Roland Garros l’indomani. Ho preso la mia Mini per andare da Losanna a Parigi. Sapevo, mentre andavo, che avei ripreso a giocare a tennis. Ho realizzato che avevo il diritto di scegliere la mia vita. Quel giorno là è stato come se io fossi improvvisamente passata dallo stato di ragazzina a quello di adulta. Mi sono presa le mie responsabilità. Ebbi un setpoint contro la n.117 del mondo …”
Timea fu battuta 63 76 dalla canadese Sharon Fichman.
“Tra il Roland Garros e Wimbledon sono tornata a lavorare nell’hotel, ma pensavo già al seguito da dare alla mia carriera e con chi avrei lavorato. Son rientrata in contatto con Dimitri Zavialoff, l’ex coach di Stan Wawrinka, anche lui residente a Losanna. E lui ha accettato di allenarmi”.
-Una mail dal Roland Garros ha influenzato nuovamente la tua vita…-
“Oggi sono diversa, una versione migliore di quella che ero prima. Oggi per niente al mondo farei un altro mestiere, sono la boss della “piccola impresa Timea”. Sono in una situazione stabile e mi alleno duramente adesso I miei due ultimi anni sono stati i più belli della mia vita. E non solo per le lotte sul campo. Amo il gioco, amo quella piccola pallina gialla. Io penso che non sarei stata capace di fare un sport dove non si vive le stesse sensazioni. Per esempio non sarei stata felice per fare la velocista sui 200 metri”.
Ora Timea, dopo le vittorie ad Acapulco e Monterrey è una top 30…
“Il nostro obiettivo, del mio team, adesso è salire più su possibile. Sono persuasa che ci sono molte cose da costruire ancora insieme con il mio team. Ciò che voglio più di tutto è continuare ad adorare la vita che faccio, approfittare a fondo di tutto questo e continuare a migliorare. Certo vincere uno Slam è il mio sogno, così come arrivare fra le top-ten. Ma sono anche consapevole che l’obiettivo è talmente lontano… sebbene io lavori tutti i giorni per raggiungerlo. So però che…non conosco ancora i miei limiti”.
Non li conosciamo nemmeno noi, ma dopo quello che abbiamo appreso sulla sua infanzia, la sua vita, le sue scelte, la seguiremo con grande curiosità.
LA SCHEDA TECNICA (AGF)
Timea Bacsinszky si è aggiudicata i due tornei International che si sono appena disputati sul cemento messicano, dimostrando non solo di avere recuperato il livello di gioco del 2010 (ultimo periodo di forma prima di un grave infortunio al piede) ma di essere andata oltre. Non ha mai giocato così bene e per la prima volta ha raggiunto il numero 26 del mondo.
I successi americani sono la conferma di quanto già mostrato negli ultimi mesi; infatti prima della straordinaria tournée messicana aveva sconfitto avversarie di grande qualità come Pliskova, Makarova, Sharapova, Jankovic, Kvitova.
E se ad Acapulco tutto sommato aveva trovato un campo di avversarie non irresistibile (finale contro Garcia esclusa, vinta 6-3, 6-0) a Monterrey sconfiggendo una giocatrice al numero 12 del ranking e in crescendo di fiducia come Sara Errani (6-0, 4-6, 7-6 dopo quasi tre ore di gioco) ha accresciuto il valore di insieme dell’impresa.
Non è mai facile mettere in fila tante vittorie consecutive, perchè scendendo in campo ogni giorno è difficile ricaricare le energie fisiche e mentali. Eppure è riuscita a vincere la seconda finale contro Caroline Garcia in rimonta (4-6,6-2,6-4).
Unendo le precedenti due partite di Fed Cup ai dieci match necessari per vincere in Messico le vittorie consecutive sono dodici.
Ma come gioca Timea?
Direi innanzitutto che il suo punto di forza è il rovescio. Un colpo che esegue con grande facilità, in modo estremamente naturale.
In questo periodo di grazia è evidente quanto si senta sicura nel movimento, tanto da arrivare a spingerlo senza alcun timore, mettendo il massimo della potenza possibile che ricava da tutto il corpo, senza che questo la porti a scomporsi o ad andare “fuori giri”.
E cosi, malgrado non disponga di un fisico particolarmente prestante (1,70 secondo la scheda WTA, forse generosa) è in grado di far viaggiare la palla in modo notevole.
Con il rovescio riesce quasi sempre a fare ciò che vuole: sia a trovare angoli stretti per buttare fuori campo l’avversaria, sia ad accelerare lungolinea, per cambiare l’equilibrio di gioco o per chiudere direttamente lo scambio nella parte di campo aperta. Un’arma davvero efficace che sa utilizzare anche in corsa.
Discorso diverso, invece, per quanto riguarda il dritto; il movimento è molto più costruito, e il controllo più difficoltoso.
La palla viaggia meno, e spesso, quando è messa sotto pressione, Bacsinszky ricorre alla soluzione della parabola alta: se non proprio a delle moonball, quanto meno a delle traiettorie che producano un rimbalzo sopra la spalla dell’avversaria, che in questo modo è obbligata a fare dei passi indietro oppure a rischiare il controbalzo.
Una scelta tatticamente intelligente, ma che non può produrre vincenti diretti. Il dritto spinto con la parabola più tesa invece le riesce meno bene, anche perché con questa soluzione fatica a trovare la profondità.
La preferenza per il rovescio diventa particolarmente evidente quando deve colpire nella fascia centrale del campo: al contrario di quanto accade di solito, in questi casi Timea sceglie di fare un passo verso destra per ricorrere al suo colpo più sicuro, utilizzando di conseguenza anche rovesci inside out dal centro, che non sono molto frequenti nella maggior parte delle tenniste.
In sostanza fa parte di quel tipo di giocatrici asimmetriche, che propongono il classico dilemma per chi le affronta: insistere sul lato debole (nel suo caso il dritto) rendendo però statico lo scambio, o cercare di allargare e variare le geometrie, ma rischiando di dover subire l’incisività del colpo più forte?
Il servizio non è potentissimo, ma nelle ultime settimane ha mostrato spesso di essere in grado di cavarsi di impaccio sui break point con delle prime non velocissime ma molto precise. Però per valutare la battuta credo sia meglio aspettare un periodo più lungo, per capire se la maggiore incisività sia temporanea oppure un aspetto consolidato.
La seconda palla è meno efficace, e per questo a volte rischia di subire risposte aggressive. Direi che sotto questo aspetto c’è spazio per migliorare.
Timea non è una scattista, però è resistente e molto coordinata; in più si muove con sagacia tattica e grande intuito: molto spesso riesce a capire la direzione del colpo avversario con un leggero anticipo, e questo le consente di recuperare palle che altrimenti sarebbero fuori dalla sua portata. In questo ricorda Caroline Wozniacki, particolarmente abile nell’intuire prima delle altre dove l’avversaria metterà la palla.
In generale secondo me dispone di un gioco di contenimento efficace, con un piccolo punto debole: la tendenza a condurre lo scambio da posizioni di campo piuttosto arretrate.
In occasione delle due finali in Messico, sempre disputate contro Caroline Garcia, si sono visti due modi leggermente differenti nel gestire il palleggio difensivo.
Ad Acapulco, in una giornata in cui le riusciva tutto ed era fisicamente molto brillante, si manteneva abbastanza a ridosso della linea di fondo. A Monterrey, reduce dalla maratona in semifinale contro Sara Errani (che indubbiamente le era rimasta nelle gambe) tendeva invece ad arretrare in modo molto più marcato; e così diverse volte ha “remato” nei pressi dei teloni.
Personalmente ritengo che questo sia forse il suo maggior limite rispetto alle giocatrici di primissima fascia. Se riuscisse cioè ad avanzare la posizione di gioco di uno-due passi diventerebbe ancora più pericolosa.
In compenso nelle soluzioni difensive l’aiuta la facilità nel colpire in back, che curiosamente a volte adotta anche nell’esecuzione dei passanti di dritto (e questa è una indiretta conferma che sul colpo spinto in top non sempre si sente sicura).
Nel suo schema tattico raramente è contemplato il gioco di volo; anche in questo a mio avviso ci sarebbe lo spazio per migliorare. La poca attitudine all’avanzamento finisce in alcuni casi per limitarla: a volte è obbligata a giocare dei colpi in più al rimbalzo che penso potrebbe evitare muovendosi sulla verticale, per raccogliere a rete i frutti determinati dal controllo dello scambio.
Però si sbaglierebbe a considerare questi limiti come un impedimento insormontabile per giocare bene nel doppio. Forse qualcuno la ricorderà ottenere diverse vittorie nel 2010 in coppia con Tathiana Garbin; raggiunsero nell’arco di pochi mesi cinque finali, vincendone tre.
E Timea in alcune dichiarazioni aveva espresso la grande stima e fiducia che nutriva verso una compagna molto più esperta di lei, che le dava consigli sulla vita nel circuito professionistico.
Nel 2010 Garbin aveva 33 anni e stava giocando la sua ultima stagione da professionista. Bacsinszky ne aveva dodici in meno e si pensava che quello sarebbe stato solamente il primo di una serie di anni di crescita.
Invece il 2011 si sarebbe rivelato uno spartiacque per entrambe: Tathiana disputò il suo ultimo incontro agli Australian Open prima di ritirarsi, Timea non riusci a giocare oltre il mese di marzo. Infatti dopo Miami fu costretta a fermarsi per la frattura al piede (mi pare avvenuta fuori dai campi di gioco) con tutti i conseguenti problemi fisici e psicologici che nessuno allora avrebbe potuto immaginare.