Rispetto alla fine del 2014, cinque top ten sono in difficoltà: Dominika Cibulkova, Angelique Kerber, Eugenie Bouchard, Ana Ivanovic e Agnieszka Radwanska
Se guardiamo il ranking di fine 2014 e lo confrontiamo con la race attuale (aggiornata al 30 marzo 2015) almeno cinque delle prime dieci giocatrici sembrano essere in difficoltà.
Questa era la classifica di fine anno:
1 Williams
2 Sharapova
3 Halep
4 Kvitova
5 Ivanovic
6 Radwanska
7 Bouchard
8 Wozniacki
9 Kerber
10 Cibulkova
Questa è la posizione nella race delle stesse dieci giocatrici:
(Ricordo che la race è la classifica dei punti ottenuti nell’anno solare in corso, da gennaio in poi).
1 Halep
2 Williams
3 Sharapova
8 Wozniacki
11 Kvitova
18 Radwanska
21 Ivanovic
25 Cibulkova
27 Bouchard
31 Kerber
Escludo naturalmente le prime tre, e Wozniacki, ottava (che pure non sta giocando come nel finale di 2014). Tolgo anche Kvitova, che nel 2015 ha vinto Sydney e per la quale l’undicesimo posto, considerando che non ha preso parte ai due Premier americani, secondo me è accettabile.
Le cose cominciano a diventare un po’ più serie per chi segue. Purtroppo per Cibulkova non c’è molto da dire: scenderà ancora in tutte le classifiche, visto che non può giocare: è reduce da una operazione al piede che richiederà tempi lunghi per il rientro.
Le altre quattro giocatrici più indietro nella race sono tutte già fuori dal torneo in corso a Miami: Radwanska, Ivanovic, Bouchard, Kerber.
A conferma che le cose continuano a non andare benissimo. Su Radwanska non mi soffermo molto, perché di lei Ubitennis ha già parlato recentemente, e rimando a quell’articolo per ritrovare le varie opinioni. Accenno solo a questo: credo che per Aga sia lecito cominciare a parlare di crisi, perché da sempre ha fatto della costanza di rendimento, specie sul cemento, uno dei suoi aspetti migliori. E i punti raccolti nei primi tre mesi del 2015 sono molto sotto la sua media. Approfondisco la situazione delle tre tenniste rimanenti.
– Ana Ivanovic
Nella prima parte di 2014 Ivanovic aveva vinto ad Auckland e raggiunto i quarti di finale agli Australian Open. Però non è che poi avesse fatto sfracelli nelle due coppie di tornei arabo americani (Dubai/Doha e Indian Wells/Miami): nei quattro tornei complessivamente aveva ottenuto 5 vittorie e 4 sconfitte. Subito dopo è arrivata una decisa accelerazione con la vittoria a Monterrey, la finale di Stoccarda, i quarti a Madrid e la semifinale di Roma.
Nel 2015 ha avuto una programmazione diversa. Ha esordito bene (finale a Brisbane, persa da Sharapova), ma poi ha deluso agli Australian Open (fuori al primo turno da Hradecka). Ha saltato Doha e perso al terzo turno da Pliskova a Dubai. Poi è andata a Monterrey (che quest’anno era in calendario prima dei tornei USA), dove ha perso da Garcia, che l’ha sconfitta anche a Indian Wells.
Confrontando il rendimento nello stesso periodo dell’anno, questi sono i numeri:
2014: 14 vittorie – 5 sconfitte.
2015: 9 vittorie – 6 sconfitte.
Con questi dati parlare di crisi secondo me sarebbe eccessivo; però, al di là dell’aspetto numerico, a mio parere segnali di regresso nel gioco ci sono stati. Magari sbaglio, perché parlo di sensazioni, ma quest’anno Ivanovic mi è sembrata meno combattiva in campo, più disposta ad accettare la sconfitta; l’anno scorso era stata capace di mettere in fila tante vittorie (più di tutte nella WTA in stagione) e secondo me una delle ragioni era perché aveva recuperato un particolare piacere nel giocare e sentiva che finalmente stava tornando nell’elite del tennis femminile.
Nel 2014 ha giocato moltissimo e potrebbe anche essere fisiologico attraversare una fase in cui c’è la necessità di rifiatare. Non so quali siano le intenzioni per i prossimi mesi, ma forse potrebbe avere senso una programmazione meno intensa per ricaricare le pile, e magari ritrovare la voglia e l’entusiasmo che secondo me erano stata determinanti nella stagione passata.
Rimane la questione degli Slam, in cui già l’anno scorso troppe volte era stata sopraffatta dalla tensione, ma se non altro si troverà nella condizione di affrontarli senza avere molto da perdere rispetto al confronto con il 2014.
In sintesi: la flessione è innegabile ma penso sia prematuro andare oltre con il pessimismo..
– Angelique Kerber
Per Kerber invece non credo occorrano molti giri di parole: secondo me la sua è una crisi vera. Ecco il confronto riferito allo stesso periodo dell’anno:
2014: 19 vittorie – 8 sconfitte. Ranking: numero 9 del mondo (terzo anno consecutivo in top ten)
2015: 7 vittorie – 8 sconfitte, numero 15 del mondo
Dopo un inizio accettabile (quarti a Brisbane, semifinale a Sydney) è iniziato un periodo nero: dagli Australian Open il suo record è di 2 vittorie e 5 sconfitte. Come spesso accade in queste fasi difficili, in febbraio è arrivato anche l’annuncio della separazione dall’allenatore con cui collaborava da due anni, Benjamin Ebrahimzadeh. Di recente in uno dei coaching dei cambi campo l’ho vista insieme al suo antico allenatore Torben Beltz.
Il 18 gennaio Angelique ha compiuto 27 anni e sono passate alcune intensissime stagioni da quando ha sorpreso il mondo del tennis arrivando in semifinale agli US Open 2011 come numero 92 del ranking. Sono stati anni di lotte e di rincorse, di resistenza e di fatica, visto che con il suo gioco il più delle volte la vittoria passa attraverso scambi lunghi e impegnativi (i colpi di inizio gioco non sono certo il suo forte). Certo, la battaglia è congeniale al suo carattere, ma questo modo di giocare potrebbe logorare, forse prima di altri tipi di tennis più di attacco.
In diverse occasioni già nel 2014 mi è sembrata meno convinta; come se si fosse spento un po’ di quel fuoco che la spingeva ad inseguire palle che sembravano impossibili da raggiungere e che invece dimostrava si potevano rimandare di là.
Ricordo per esempio le due sconfitte in Fed Cup contro Safarova e Kvitova nell’ottobre scorso, arrivate dopo che in quasi tutti i set era stata ad un game dalla vittoria del parziale, e poi invece era stata regolarmente superata; e il modo con cui aveva preso le sconfitte mi era sembrato un po’ troppo rassegnato.
Ultimamente non sono riuscito a vederla giocare, per cui non me la sento di esprimere sentenze solo sulla base dei risultati o dei livescore, ma anche i soli numeri dipingono una situazione preoccupante.
Non ho la sfera di cristallo, ma di una cosa sono certo per il futuro: il tennis di Angelique non può funzionare senza una profonda voglia di combattere e di sacrificarsi. Contro giocatrici di classifica medio-alta non credo possa riuscire ad ottenere buoni risultati prescindendo da questo aspetto.
– Eugenie Bouchard
La parabola di Bouchard è stata rapidissima. Nel giro di pochi mesi, ancora teenager, Eugenie ha conquistato la ribalta del tennis mondiale e con essa anche tanti ammiratori; ma, mi verrebbe da dire, anche tanti “antipatizzanti”.
La WTA ha puntato su di lei come testimonial, probabilmente oltre i suoi stessi meriti tennistici; e capisco che questa politica non sia stata apprezzata da tutti. Io stesso confesso che sul piano del gioco le preferisco altre giovani emergenti.
Adesso che i risultati latitano, è il momento della rivincita degli “haters”. E’ capitato a tutti i giocatori (senza eccezioni, anche ai fuoriclasse): arriva il momento no, e spuntano le critiche. Che però in alcuni casi superano la misura.
Tra le critiche (a mio avviso) eccessive forse quella più frequente è che sia stata fortunata nei percorsi degli Slam, con tabelloni particolarmente agevoli. E che quindi le due semifinali e la finale nei Major siano state poco attendibili.
Ma è vero? Proviamo a fare qualche confronto. Solo nel 2014 su quattro Slam, ben tre sono stati vinti da giocatrici che non hanno incontrato top ten: Li Na a Melbourne, Kvitova a Wimbledon, Serena a New York.
E per quanto riguarda le finali, Halep per raggiungere quella del Roland Garros non ha affrontato avversarie con classifica migliore del 19mo posto.
Ma allora gli Slam sono stati vinti da giocatrici soprattutto fortunate? Io credo di no, e secondo me questo dimostra che se si scelgono certi numeri invece di altri si corre il rischio della manipolazione. Penso che innanzitutto vada sempre considerata la qualità di gioco.
Avete dubbi sulla supremazia di Serena a Flushing Meadows? Oppure sul tennis espresso da Li Na in tutte le partite della seconda settimana a Melbourne? O su quello di Petra Kvitova a Londra? Ricordate il match contro Venus?
Allo stesso modo penso sarebbe ingeneroso verso Simona Halep trascurare la qualità espressa contro Sharapova a Parigi, che a mio avviso ha legittimato la sua presenza senza alcun dubbio, indipendentemente dalle avversarie affrontate prima.
Ricordo che lungo i suo percorsi Slam, Bouchard ha sconfitto una top ten a Parigi, e due a Londra. In semifinale al Roland Garros ha impegnato duramente la futura campionessa Sharapova. Nei primi tre Slam del 2014 per fermarla c’è sempre voluta la futura vincitrice.
Eugenie ha fatto leva su un gioco da fondo campo basato sull’anticipo estremo: forse non bellissimo e a volte monocorde, ma certo non facile da praticare. E sul piano mentale in quasi tutte le partite aveva dimostrato di sapere giocare meglio i punti importanti.
Ho voluto insistere con i traguardi dell’anno scorso perché se si ritiene che i risultati ottenuti nel 2014 fossero un mezzo bluff, per spiegare il peggioramento dell’ultimo periodo non occorrerebbero molti ragionamenti: basterebbe dire che è venuta meno la fortuna. Tesi che a me non convince per nulla. Anzi, proprio perchè penso che abbia saputo raggiungere un alto livello di gioco, trovo che il momento attuale sia di flessione ancora più marcata. Ecco il confronto riferito allo stesso periodo dell’anno:
2014: 9 vittorie – 6 sconfitte
2015: 6 vittorie – 4 sconfitte
I numeri non sembrano così negativi, ma credo che non si possano dimenticare le ultime partite del 2014 (Masters). Nel girone di Singapore e poi anche contro Sharapova a Melbourne è sembrata una giocatrice dimessa, di rango ampiamente inferiore alle top ten che affrontava. Secondo me questo peggioramento deriva soprattutto da due ragioni tecniche e da una mentale.
Ragioni tecniche:
1) le avversarie cominciano a conoscerla: le stanno prendendo le misure.
2) al contrario Bouchard invece che cercare di arricchire il suo gioco è sembrata renderlo ancora più scarno, facendo affidamento sempre di più su pochi schemi, i più collaudati.
Combinando le due ragioni credo abbia perso un po’ del vantaggio tecnico-tattico che aveva all’inizio della stagione scorsa.
E poi c’è la questione mentale. Dopo la batosta in finale a Wimbledon secondo me alcune delle sue certezze sono venute meno. Fare solo tre game nella partita più importante della carriera potrebbe averle minato l’autostima. Lo dico perché a Singapore è sembrata aspettarsi le sconfitte e non avere la forza di reagire di fronte alle prime difficoltà.
Bouchard nelle interviste della prima parte del 2014 dava l’impressione di aver pianificato sotto tutti gli aspetti la sua carriera; e intimamente sembrava essersi convinta che potesse essere disegnata semplicemente, e ineluttabilmente, come una retta in costante ascesa. Quel sabato a Wimbledon deve avere vissuto un doloroso momento di disincanto, difficilissimo da superare.
E’ stata presuntuosa? Penso proprio di sì; ma secondo me è stata soprattutto ingenua. Vogliamo concederglielo alla sua età? Con tutto quello che le era successo in pochissimi mesi, quante avrebbero saputo rimanere con i piedi per terra?
Di recente ha cambiato coach, e di fronte a sé ha un percorso impegnativo per cercare di ritrovare la freschezza tecnica e mentale.