C’è stato un periodo, nemmeno troppo lontano, in cui la precocità delle giocatrici aveva terremotato le competizioni giovanili. Jennifer Capriati e Martina Hings conquistavano gli Slam junior a 14 anni e poi passavano subito professioniste, vincendo immediatamente anche nel circuito maggiore; le sorelle Williams avevano addirittura cominciato direttamente tra le adulte: tutte situazioni che finivano per rendere quasi superflui i tornei di categoria.
Ma oggi non è più così. Il tennis contemporaneo è diventato molto più fisico, richiede maggiore potenza e le campionesse ragazzine sono quasi impossibili. Anche per questo si torna a guardare ai tornei giovanili come una fase importante (e più attendibile) della crescita delle giocatrici.
Negli ultimi anni sono state rare le tenniste capaci di conquistare Slam junior da giovanissime. Prima di aver compiuto i 16 anni, se non sbaglio, di recente ci sono riuscite solo Ana Konjuh (Australian Open 2013) ed Elina Svitolina (Roland Garros 2010). Due vere stelle del tennis giovanile, arrivate anche al numero uno del ranking; Elina a 15 anni e 8 mesi.
Svitolina (nata in Ucraina, a Odessa, il 12 settembre 1994) ha imparato a giocare seguendo il fratello, più anziano di lei di nove anni, e oggi maestro di tennis. Elina per la notevole precocità ha seguito un percorso verso il professionismo anticipato rispetto alla media. Media attuale, naturalmente, perché pensare alle carriere di Hingis o Capriati sarebbe eccessivo; i tempi sono proprio cambiati.
Ecco come sono andate le cose.
Al termine della stagione 2010 (quella della vittoria al Roland Garros e del primato nel ranking), Svitolina ha appena compiuto 16 anni e potrebbe ancora giocare a lungo tra le junior. Molte giovani promesse continuano nella categoria alternando qualche avventura nei tornei importanti, magari grazie a delle wild card: la speranza è quella di fare punti con qualche exploit.
Ma Elina decide di prendere un’altra strada; d’accordo con i genitori e i tecnici, sceglie una strategia difficile e faticosa: scalerà la classifica giocando soltanto i tornei professionistici di fascia bassa, gli ITF.
In fondo questo modo di procedere non le è nuovo. Tutto comincia quando a tredici anni trova un manager-finanziatore a lungo termine, Yuri Sapronov. In occasione del primo colloquio avuto insieme ai genitori, durante un torneo locale, Sapronov racconta di avere conosciuto una ragazzina silenziosa, ma attentissima a seguire i giocatori più grandi, e con il desiderio di emulazione nello sguardo. La ragazzina ha davvero talento e così si trova l’accordo economico (un primo contratto di 7 anni, e poi uno successivo di 5 anni nel 2014). Per ogni stagione viene fissato un obiettivo tennistico da perseguire; e ogni volta Elina lo raggiunge prima del previsto.
Per il 2011 l’obiettivo è il 300mo posto nel ranking. E così, a 16 anni, Svitolina abbandona del tutto i tornei giovanili, e affronta un’intera stagione professionistica per salire in classifica, visto che non è nemmeno tra le prime 500.
Dovrà viaggiare per il mondo alla ricerca dei tornei più adatti alla sua condizione: vale a dire eventi con il giusto compromesso tra campo di partecipazione e punti assegnati.
Anche questa volta completa il programma in anticipo, e allora in corso d’opera alza l’asticella: prima punta al 270mo posto, poi al 230mo, che dovrebbe bastare per giocare le qualificazioni agli Australian Open.
Di solito i tornei meglio organizzati sono anche quelli più frequentati, per cui prima di accedere al tabellone principale si devono superare le qualificazioni. C’è però una alternativa: scegliere località “difficili”, fuori dalle rotte del tennis tradizionale, in cui la concorrenza dovrebbe essere inferiore; per questo va in Turchia, in Georgia, in Nigeria.
Qualche volta la decisione si rivela azzardata; come quando (malgrado i consigli contrari) in prima persona insiste per andare a Lagos, per partecipare a due tornei consecutivi.
Una volta sul posto, scopre che è meglio non allontanarsi dall’hotel senza scorta di polizia; una sera compie l’errore di voler uscire dall’albergo, senza protezione, per cenare altrove: si ritrova in mezzo ad una folla in cui una persona viene pugnalata a morte. Si può solo rimanere nell’hotel, visto che i campi sono lontani, e lungo il tragitto i giocatori sono accompagnati con una macchina a sirene spiegate. Una decina di giocatrici va incontro a intossicazioni alimentari; le condizioni di gioco sono estremamente impegnative, dato che le partite si svolgono con oltre 40 gradi all’ombra. La beffa è poi rendersi conto che in realtà la concorrenza è comunque agguerrita. Due settimane davvero difficili, in cui però ottiene la vittoria in uno dei due tornei (in finale contro Donna Vekic).
Il mese dopo parte da sola per il Giappone (normalmente viaggia con la madre), e poi chiude la stagione ad Ankara, in Turchia. Il 2 gennaio 2012 raggiunge il 202mo posto, cento posti meglio dell’obiettivo iniziale.
Il tennis per lei è una continua scalata, un susseguirsi di mete da raggiungere. In quel periodo non ci sono solo i viaggi e le partite nell’oscuro tennis di retroguardia; ci sono anche le soddisfazioni inaspettate. Nel 2012 comincia a giocare per la squadra di Fed Cup dell’Ucraina, che dopo l’epoca delle sorelle Bondarenko sta cercando di rinnovarsi: schiera Lesia Tsurenko, Elina Svitolina, le gemelle Kichenok. E siccome il 2012 è anno olimpico, e le grandi giocatrici devono rispondere ad un numero minimo di convocazioni per partecipare ai Giochi, Svitolina si ritrova di fronte, a casa sua, addirittura Serena Williams (2-6, 1-6)
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Qualche settimana dopo, Serena avrebbe disputato la finale di Wimbledon contro Radwanska. Anche Svitolina disputa la finale di Wimbledon, ma quella del torneo junior; infatti ha deciso dopo due anni di tornare a impegnarsi per l’ultima volta nel tennis giovanile. Serena vincerà il suo torneo, mentre Elina perderà (2-6, 2-6) contro la coetanea Eugenie Bouchard
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Se si rivedono le immagini di come giocava in quel periodo, spicca soprattutto la diversità del movimento del dritto. Allora era un colpo macchinoso e incerto, che costituiva il principale limite del suo gioco. Non solo faticava a produrre vincenti, ma era anche la fonte di maggiori errori gratuiti.
Ma penso che si sia capito che Elina è una persona di grandissima volontà: “Lavoro lavoro lavoro”. “Lavoro duro o si torna a casa” scrive sul suo account twitter:
Work hard or go home..#WorkWorkWork pic.twitter.com/AnVPiD5mdY
— Elina Monfils (@ElinaSvitolina) September 6, 2013
E lavorando ha aggiustato la situazione: se si osserva come colpisce ora, si nota quanto il movimento del dritto sia più solido e fluido; e infatti riesce anche a ottenere molti più vincenti. E così oggi Elina è una giocatrice molto più consistente e “simmetrica”.
Ma come gioca Svitolina? Lei si descrive come una baseliner aggressiva. La classica definizione che nel tennis contemporaneo non spiega praticamente nulla, visto che ci rientra la gran parte delle giocatrici.
Per provare a dire qualcosa di più, partirei dalle sue caratteristiche fisiche. Secondo la scheda WTA (come al solito un po’ generosa, a mio avviso) è alta 1,74. Un’altezza media tra le tenniste di oggi, che corrisponde ad un fisico che non le consente di produrre un tennis esplosivo in termini di potenza. Infatti quando gioca può passare da situazioni in cui comanda il palleggio (contro avversarie di livello medio-basso) ad altre in cui deve subire la maggior pesantezza di palla di giocatrici più prestanti di lei.
Il servizio non è straordinario; direi che è discreto sulla prima palla, mentre la seconda è un po’ troppo attaccabile, un classico punto debole di molte giocatrici.
Ho già parlato del dritto, modificato e migliorato nel tempo, tanto da renderlo efficace quasi quanto il rovescio, in origine è più solido e incisivo.
Un altro aspetto del gioco che mi sembra in costante miglioramento è la mobilità: nell’ultimo periodo Elina ha perso un po’ di peso, ed è diventata più reattiva; e si muove bene in orizzontale. Ha piedi veloci e la rara abilità di scivolare anche sul cemento, stile Kim Clijsters. Tutto questo, unito alla capacità di colpire in chop e di rimanere molto compatta sulle palle basse, ha fatto sì che la sua fase difensiva sia diventata molto efficace.
Secondo me potrebbe migliorare nella verticalizzazione degli schemi, a cui si affida raramente. E come moltissime sue coetanee non si può dire che abbia un gioco di volo molto sviluppato. Ma c’è tempo per crescere in queste fasi.
Il racconto della sua carriera si era fermato al 2012. Da allora la sua vita tennistica diventa più comune, e si avvicina sempre più a quella delle professioniste di vertice. Anche i suoi gusti si internazionalizzano: ama gli AC/DC e The Big Bang Theory.
Dal 2011 ha cambiato tre coach (Patrick Simon, Sebastien Mathieu e Iain Hughes). Da giovanissima i suoi genitori avevano chiesto consigli a Carlos Rodiguez (l’ex coach di Justine Henin) visto che stava seguendo un programma con la nuova Academy di Justine Henin, vicino a Bruxelles. Poi nel 2012 si era spostata all’Academy di Mouratoglou, in Francia. L’attuale allenatore, Iain Hughes (con cui collabora da dopo Wimbledon 2014) lo ha incontrato per la prima volta proprio alla Henin Academy, mentre il suo hitting partner più frequente è un giovane tennista olandese, Jeroen Benard.
Come già fatto nel primo anno di ITF, anche più recentemente (2013, 2014) ha spesso optato per i tornei WTA più lontani e disagevoli rispetto a quelli più comodi ma con più concorrenza. Nel 2012 vince a Pune (India) un WTA 125. Il primo torneo International vero e proprio lo conquista a Baku, nel 2013; sconfigge due giocatrici classificate oltre il 60mo posto e tre oltre il 140 posto. L’anno dopo si ripete, sempre a Baku, superando quattro giocatrici oltre il 70 posto e vincendo poi la finale contro la numero 40 Jovanovski. Mentre l’avversaria di classifica più alta sconfitta nel recente torneo di Marrakech è stata la semifinalista Schmiedlova (numero 46).
Credo che questi numeri diano l’idea una giocatrice non ancora a livelli massimi, ma in ogni caso capace di cogliere l’occasione sino in fondo quando si presenta.
Significativa la crescita nel ranking: numero 156 a fine stagione 2012, numero 40 nel 2013 e numero 29 nel 2014. Numero 21 questa settimana.
L’impostazione basata su una crescita per gradi ha sicuramente pagato in termini di classifica; forse però le ha ridotto le occasioni in cui provare a misurarsi contro avversarie di primissima fascia. A volte sono proprio le imprese più difficili, quasi impossibili, che spingono a dare il meglio di sé. Forse la giornata di grazia, quella in cui si sorprendono gli spettatori con una prestazione memorabile di fronte ad una grande avversaria, non mi pare l’abbia ancora avuta.
In carriera vanta comunque tre successi contro top ten: due contro Kerber (ma Angelique era in un periodo non troppo favorevole) e uno contro Kvitova a Cincinnati. A mio avviso quella non era stata una Kvitova nelle sue giornate migliori: ma Elina ha in ogni caso avuto il merito di tenere duro e di non farsi sopraffare dal braccino, che un po’ l’aveva colpita nel finale di secondo set (6-2, 7-6)
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Se dovessi esprimere un giudizio estremamente sintetico, direi che forse la sua cilindrata non è sufficiente per raggiungere i livelli di gioco necessari, di solito, per vincere i grandissimi tornei.
Ma c’è un ma.
Se penso a come giocava due-tre anni fa, e la vedo oggi, non posso che rimanere ammirato dai grandi progressi che ha compiuto; superiori a quanto avrei ipotizzato. Ha lavorato a fondo sul dritto ed è riuscita a migliorarlo in modo straordinario. E’ cresciuta moltissimo sul piano della mobilità e anche tatticamente è piuttosto sagace.
Al di là di tutto, credo che la chiave stia nel carattere. E qualche volta di fronte a giocatrici con carriere riuscite a metà, malgrado le superiori doti naturali, mi viene il dubbio che possa essere meglio avere forte volontà e convinzione piuttosto che un grande talento pieno di incertezze psicologiche.
Quando la si segue durante una sua partita si vede quanta grinta metta in ogni punto. Una caratteristica che probabilmente non la rende molto popolare tra le colleghe; senza arrivare ai livelli (direi eccessivi) della sua quasi coetanea Putintseva, Elina mostra di avere un bel caratterino.
A questo proposito, forse ricorderete il siparietto avvenuto l’anno scorso al termine di un match contro Barbora Strycova: la ceca, sconfitta, al momento del saluto a fine partita le ha “insegnato” come si dovrebbe stringere la mano.
L’anno scorso ha avuto un altro momento di popolarità in rete quando ha dimostrato di saper servire in modo particolare:
Meglio di Dimitrov:
E soprattutto di Federer:
Scherzi a parte, di recente anche Serena Williams, le ha riconosciuto il carattere speciale e i progressi compiuti; si sono infatti incontrate agli Australian Open 2015, tre anni dopo il match di Fed Cup. Elina le ha strappato un set e giocato alcuni punti di alto livello:
Forse l’aspetto più positivo del tennis di Svitolina dell’ultimo periodo è stata la capacità di diventare particolarmente costante nel rendimento; significa che sempre più raramente perde contro avversarie di classifica inferiore; e, visto che è numero 21 del mondo, vuol dire che oggi per batterla bisogna davvero giocare bene. La sua applicazione le ha consentito di raggiungere mete sempre più ambiziose. La logica è sempre la stessa: obiettivo dopo obiettivo.
Cosa ha in mente per il futuro Elina? Qualche tempo fa le era stato chiesto esattamente questo: “Quali sono i tuoi obiettivi nel tennis?”.
E lei ha risposto semplicemente: “Il mio obiettivo più grande è vincere tutti e quattro i tornei dello Slam”.