Pennetta-Vinci, più no che sì (Alessandro Salvatore, La Gazzetta del Mezzogiorno).
Chi tifava per un doppio pugliese “doc” Pennetta-Vinci, rimarrà probabilmente deluso. Oggi il sorteggio dei 72mi Internazionali d’Italia potrebbe dire la nuova verità sul dopo divorzio tra le ex regine del mondo Sara Errani e Roberta Vinci. La coppia Errani-Pennetta, capace di donare all’Italia il punto-salvezza di Fed Cup contro gli Usa, starebbe per uscire allo scoperto. II fiore azzurro sbocciato sulla terra brindisina il 19 aprile scorso, troverebbe terreno fertile nel circuito Wta. Roma rappresenterebbe la nuova puntata di un sodalizio che nel passato ha già raccolto consensi, come attesta la vittoria sull’erba di Hertogenbosch nel 2009. Le Olimpiadi di Rio 2016 ed ancor prima il rosso pregiato del Roland Garros (dal 24 maggio) potrebbero aver indotto Flavia e Sara a rompere gli indugi e a battere assieme una nuova via ambiziosa. D’accordo i loro tecnici spagnoli che, alla vigilia dell’assalto decisivo all’America di Serena Williams, si erano prodigati a consigliarle, sommandosi a Corrado Barazzutti. Proprio il capitano della nazionale, nel clima di euforia post vittoria nella Davis femminile, si era lasciato andare in complimenti alla coppia brindisino-bolognese. Dopo il punto della sopravvivenza le due tenniste avevano registrato assieme un video, pubblicato sui social, con il quale si davano l’arrivederci a Roma. Annuncio profetico? La risposta la si potrebbe avere quest’oggi con la compilazione del tabellone del doppio. Probabile assente illustre, invece, Roberta da Taranto. Dopo lo strappo (ufficialmente per ragioni tecniche) con la Errani, avrebbe deciso di battere temporaneamente la strada da singolarista. Gli ottavi raggiunti a Madrid (soprattutto la vittoria sulla Cornet) hanno mostrato una Vinci in ripresa tecnica dopo tre settimane di stop per via dell’infortunio che l’aveva tenuta lontana dalla Fed Cup. La nuova forma fisica e la rabbia ritrovata sono gli “effetti” della chiusura del capitolo-Cichis durato quasi cinque anni e che ha prodotto 22 titoli Wta (di cui 5 Slam) e tre Fed Cup sulle quattro conquistate dalla pugliese? Nessuna risposta dalla diretta interessata, che alle parole preferisce il campo. Roma dirà se Roby ha trovato o meno una nuova compagna di doppio. Hingis, Black, Erakovic, Dellacqua, Safarova, Medina Garrigues, Goerges: questa è la lista delle atlete accreditate a formare con lei il sodalizio del futuro. Non ci sarebbe la Pennetta (ieri ko nei quarti di Madrid in tandem con la Hsieh), per il dispiacere della Puglia.
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La notte è piccola, e per Murray finisce quasi alle 3 (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport).
La ricreazione è finita. La terra chiama e il rosso si infiamma. Madrid, Roma, Parigi, un trittico da museo delle racchette. E così, dopo qualche balbettio di stagione, arriva ovviamente il tempo dei big. Logico. Naturale. Come il 6-2 6-2 con cui Nadal liquida il buon Simone Bolelli, che al solito mostra braccio eccellente ma ha percentuali di servizio troppo povere (52% con la prima) per impensierire il quattro volte vincitore del torneo, applaudito in tribuna da Cristiano Ronaldo. Non è ancora la versione extralusso di Rafa, però qua sopra bisognerà sempre dargli credito: “Ho cercato di mantenere un buon livello per tutto il match, non ho fatto nulla di incredibile ma è stata una partita accettabile. Al momento, mi accontento di ciò che arriva giorno dopo giorno”. E quello che arriva è Dimitrov, con cui ha vinto tutti i precedenti; anche il bulgaro sta ritrovando gioco e fiducia. Intanto, chi di match-point ferisce di match-point perisce (Kyrgios, dopo averne annullati due per battere Federer mercoledì, se ne vede annullare uno dal bombardiere Isner nel tie-break del secondo set per poi perdere al terzo). In campo femminile, lo spavento del match contro la Azarenka (6-5 40-0 per la bielorussa nel terzo set degli ottavi) dà una bella sveglia a Serena Williams, che travolge la povera Suarez Navarro: “Ho imparato molto dall’esperienza contro Vika”. E intanto i numeri si ingrossano: 19 vittorie di fila a Madrid, 27 di fila in stagione e addirittura 50 consecutive in tornei Premier Mandatory (ultimo stop, Miami 2012). Ora il sogno dei madrileni è una finale con la rinascente Sharapova, che si prende la rivincita sulla Wozniacki con cui aveva perso l’ultimo incontro al Masters. BUONANOTTE – Mercoledì gli aficionados più accaniti sono andati a letto ben oltre le tre di notte, dopo che Murray aveva concluso il match contro Kohlschreiber alle 2.58 (ingresso in campo all’una e 3 minuti). Va bene che a Madrid non si dorme mai, ma il programma ipertrofico questa volta ha allungato i tempi a dismisura e lo staff dello scozzese non le ha mandate a dire. Questo è quanto ha dichiarato Bjorkman, il fresco allenatore del numero 3 del mondo: “Ogni anno a Madrid ci sono problemi di orari, Andy è tornato in hotel alle cinque del mattino”. Per fortuna il programma di ieri gli ha consentito comunque un buon recupero, visto che la partita contro Granollers è cominciata dopo le nove di sera. In un Masters 1000, peraltro, la notturna di cui è stato protagonista il novello sposo di Dunblane non è da record, neppure per un torneo Atp: nel 2006, a Tokyo, Benjamin Becker batté Jiri Novak in una partita che terminò alle 3.24. Un’ora abbondante prima, peraltro, della sfida che detiene il primato assoluto, quella tra Hewitt e Baghdatis degli Australian Open 2008: l’orologio, allora, segnava le 4.34. Ad attenderli in spogliatoio, narra la leggenda, anziché la tuta trovarono due pigiami.
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La storia azzurra abbraccia il tennis (Simone Di Stefano, Tuttosport).
Davanti al Centrale basta abbassare lo sguardo che si trova la mattonella di Nicola Pietrangeli. E’ la prima; l’ultima si trova davanti alla Supertennis Arena, un simbolico ingresso sul tappeto di terra rossa che da oggi (sorteggio alle 18.30) al 17 maggio vedrà entrare nel vivo gli Internazionali di tennis-BNL di Roma. Cento mattonelle, ognuna delle quali presenta il nome di un atleta che ha fatto grande l’Italia nel mondo, medagliato o campione del mondo, tutti uniti dal simbolo del Coni e dalla relativa disciplina. E’ la nostra Walk of Fame, presentata ieri dal presidente del Coni, Giovanni Malagò, e dal numero uno della Commissione Atleti, Marco Durante, che l’ha ideata. Le eccellenze di ogni disciplina in un polo sportivo unico al mondo, il miglior biglietto da visita per la candidatura italiana ai Giochi. E da ieri, chi cammina lungo viale delle Olimpiadi fa i conti con le colonne della storia azzurra. Queste cento mattonelle bianche sono “un atto dovuto – dice Malagò – simbolicamente tocchiamo il massimo di quello che secondo me è un dovere di chi si occupa di sport a livello istituzionale”. Dal primo – praticamente al cospetto della sede del Comitato Promotore di Roma 2024 – che ricorda Gian Giorgio Trissino dal Vallo d’Oro (equitazione) a Domenico Fioravanti (nuoto), ci sono tutti, salvo qualche isolata polemica che però è stata subito disciolta dallo stesso Durante (“Hanno scelto gli atleti”) e da Malagò: “C’è sempre tempo per aggiungerne altre, per ora ci sono i campioni non più in attività” spiega il numero uno del Comitato Olimpico. Molti di loro non ci sono più, come Pietro Mennea. Il momento in cui è stata svelata la sua mattonella è stato il più coinvolgente, con Malagò, la moglie di Mennea, Manuela, e Sara Simeoni, che insieme al velocista pugliese ha tracciato un periodo d’oro per l’atletica italiana. “Il momento simbolo di questi 100 anni è stata la vittoria di Mennea a Mosca”, dice convinto il presidente del Coni, aggiungendo poi l’oro nei 200 della Pellegrini a Pechino. Fede e la Vezzali saranno tra le primissime a finire lì per terra una volta smessa la carriera agonistica. Ma oltre ad aver ideato questa Walk of Fame, il Coni ha anche l’ulteriore merito di aver messo tutti insieme, per la prima volta, tutti i più grandi azzurri di sempre. Ieri era una passerella di campioni. Dagli atleti del secolo, Sara Simeoni (“Sono orgogliosa di essere tra questi cento, spero sia da stimolo per i giovani”) e Alberto Tomba (“Siamo un bel gruppo, sarà un ricordo”), poi Alberto Cova, Nicola Pietrangeli, Antonio Rossi, Nino Benvenuti, Gianni Rivera e Dino Zoff. Il record è dell’atletica con 12 mattonelle. E ci sono tre mattonelle per i campioni paralimpici Marson, Fantato, Pancalli: “E’ un grande segno di riconoscimento ed è bello che in mezzo a questi 100 ce ne siano tre del mondo paralimpico”.