Tonino Zugarelli ha vinto la Coppa Davis nel 1976 assieme a Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti e Adriano Panatta. Un anno fa ha provato ad entrare al Foro Italico di Roma ma la sua tessera Coni da “Campione del mondo” non ha funzionato: era stata invalidata. Chissà se quest’anno proverà a tornare, lui che si considera non in buoni rapporti con la Federtennis. “Pago il fatto di essere vicino ad Adriano Panatta”, queste le sue parole nell’intervista che ha concesso a Gaia Piccardi.
Tonino, che fine ha fatto?
«Mi alzo ogni mattina alle 6 per andare a guadagnarmi la pagnotta, come faccio da tutta la vita. A 65 anni, con qualche acciacco per fortuna non grave, di stare in campo tutto il giorno non me la sento più. Ho una società sportiva con i miei due figli. Faccio il supervisore, in campo ci vado ogni tanto, ma non più a sbattere la palla: do dimostrazioni…».
Sia sincero: il tennis le piace ancora?
«È cambiato tutto. Oggi ci sono una pomposità e una risonanza esagerate: il tennis dà l’impressione di essere diventato ricco e arrogante come il calcio. Ai tempi miei, a Roma, l’80 per cento dei giocatori di tennis erano ragazzi di strada, come me. Al tennis si arrivava dopo aver fatto i raccattapalle. Io pulivo il campo e le righe per i signori, i ricchi con i maglioni a coste. C’era ancora il dilettantismo; solo dopo hanno cominciato a buttare soldi nei tornei…».
Parrebbe di capire che si sente in credito, Tonino.
«Mah, veda lei… La Federtennis mi ha licenziato due volte. Il presidente Binaghi mi disse che la sua strategia non prevedeva figure come la mia: io sono uomo di campo e lui voleva uomini d’ufficio. Io ero uomo di Panatta, anche, e forse ho pagato la lotta intestina tra il presidente e Adriano. Questa è la mia grande colpa. Eppure qualcosa di buono per il tennis italiano mi sembra di averla fatta…».
Troppa politica per un «ultimo»?
«A nessuno, nel 2015, interessa più se hai vinto la Coppa Davis o hai significato qualcosa per il tuo sport o se sei una brava persona. Camporesi, Pescosolido, Pistolesi, Nargiso, Starace, Lorenzi: anche come allenatore mi pare di non essere rimasto con le mani in mano. I risultati ci sono stati. Io non sono fatto per dire sissignore e stare attaccato al carrozzone».
Cosa chiede, oggi?
«A Colle Diana, Sutri, ho aperto la Zugarelli tennis Academy. Vorrei farne un polo italiano alla Bollettieri, in miniatura. Da privato, senza fare la guerra alla Federtennis e al centro tecnico federale. Io sono disposto a collaborare. Loro, non so. A me interessa avere una collocazione, un lavoro. Mi dà fastidio quando mi cercano solo per gli anniversari: io non vado a far contorno. Qualche anno fa rifiutai la Racchetta d’Oro: un premio che, a rotazione, tocca a tutti».
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