Ho pubblicato sul twitter di Ubitennis le foto dello stato indecoroso in cui si trova il magnifico campo Pietrangeli, per l’assenza di inservienti e di cestini. Le foto sono state scattate da alcuni spettatori che, indignati, me le hanno gentilmente fornite. E sono state scattate quando era ancora in corso lo sciagurato match di Camila Giorgi che vinceva 5-2 nel primo set e 4-1 nel secondo, ma con la solita condotta tattica scriteriata li ha persi entrambi 7-5 nel martedì nero del tennis italiano che ha visto volar fuori tutti i nostri giocatori. Di 15 che ne avevamo in tabellone, e poteva essere considerato un sucesso, al di là delle wild card, ne abbiamo persi 11 al primo turno, il dodicesimo (Donati) al secondo e oggi con i tre superstiti c’è poco da illudersi, perchè Fognini trova per la terza volta in poche settimane Dimitrov che lo ha battuto in tre set a Madrid e a Montecarlo in due, la Knapp sconterà il fattore K con la Kvitova in chiusura di serata, e insomma soltanto Sara Errani parte favorita con l’americana Christina McHale, n.65 del mondo e battuta 4 volte su 4, 2 sul rosso e 2 sul cemento. Che ci salvi almeno Saretta! Se poi ci riesce pure Fognini sarà festa grande.
Tornando all’immondezzaio in cui ora dopo ora si trasforma il “Pietrangeli”, senza che nessuno pensi a metterci mano. Il direttore del torneo Sergio Palmieri se n’è mai accorto? Al Roland Garros una roba del genere – anzi, visto l’argomento, una robaccia… – è assolutamente impensabile. Nessuna cartaccia resiste per più di 5 minuti. Ci sono inservienti che passano di continuo dappertutto con degli aspiratori ad hoc, che lavorano incessantemente per preservare l’ambiente e dargli un aspetto di pulizia che al Foro Italico, pur bellissimo nella sua cornice, fra i tigli, Monte Mario e il resto, proprio non si avverte.
E’ vero che anche il pubblico a Parigi sembra più educato, molto più educato a dire il vero, ma se a Roma ci fossero i cestini e gli inservienti, e magari invece che sempre solo e soltanto musica spaccatimpani a mille decibel venisse irradiato anche qualche annuncio con l’invito a servirsi degli appositi cestini (quando li metteranno ovviamente… Suggerisco il testo: “Amici del tennis aiutateci a tenere pulito questo posto meraviglioso, non buttate per terra carte e bottiglie, ci sono i cestini”), sono sicuro che tutto ciò aiuterebbe a migliorare un’immagine di un campo che da bello, anzi bellissimo ed unico che è, diventa un vero letamaio. Un vero immondezzaio. E lo è lungo tutta la giornata, non solo quando si conclude l’ultimo match. Con un piccolo bagno di umiltà, anziché riempirsi la bocca con dichiarazioni patetiche del tipo “Roma si avvicina agli Slam” et similia, certi problemi dovrebbero essere affrontati e risolti. Non solo le suites, gli stand degli sponsor sono importanti.
Non sarebbe male, poi, che qualcuno dei tanti addetti ai controlli diffidasse quegli spettatori che mettono i piedi sulle spalliere delle sedie a non essere cafoni. Ogni mattina di queste sedie ce ne sono decine (le ho viste io, ma saranno di più) che, spaccate, vanno aggiustate.
Ciò detto voglio dire anche – onde non mi si accusi soltanto di ipercriticismo pregiudiziale (Binaghi dirà che ce l’ho con lui! Ma non oserà darmi apertamente… del poveraccio, lo farà magari un tantino più… subdolamente per evitare querele) che invece l’area riservata al ristorante giocatori – dove accedono anche coach, agenti, familiari, fidanzate (che in molti casi sembrano modelle, e forse sono), qualche giornalista, telecronisti, e altri presunti VIP non meglio identificati – è bellissima, si affaccia al campo in finta erba dove si radunano i ragazzini che giocano ogni giorno con un tennista ed è assai piacevole, ben curata. Ai giocatori non può che essere piaciuta. C’è un biliardo, un tavolo da ping-pong, tanti computer, consolle per la Playstation. Anche tutta la zona biglietteria è stata finalmente curata come si deve, è pulita, ben assistita, e rispetto allo scorso non c’è proprio paragone.
Mentre, tornando alla Players Lounge – l’Antica Casa delle Armi, palazzina dell’epoca fascista che era poi diventata un’Accademia della Scherma (e ci si allenavano fino a 160 schermidori contemporaneamente) – dove c’è perfino il parrucchiere e la manicure, il catering di Eataly fa finalmente onore – dopo anni e anni di ristorazione assai poco apprezzati – alla grande tradizione della cucina italiana. I giocatori mostrano di gradire, la scelta di paste, carni, formaggi, e tutte cose cucinate “espresso” sotto gli occhi di tutti dall’equipe del “maestro” Farinetti , è straordinaria. Finalmente, era l’ora. Brava Coni Servizi, brava Fit. Bravo chiunque abbia capito che occorreva cambiare registro.
Non so quando qualcuno si deciderà finalmente ad affrontare invece il discorso (secondario, ma fino ad un certo punto…) dell’accesso alla tribuna stampa (sul campo centrale) da parte dei giornalisti. In tutti gli stadi del tennis i giornalisti, dovendo lavorare, non devono fare la fila in mezzo a tutto il pubblico stando sugli scalini senza l’ausilio di un monitor che faccia vedere cosa sta succedendo. Le scale vengono divise verticalmente in due accessi e i giornalisti salgono da una parte, gli spettatori da un’altra. Le esigenze sono diverse. Se si arriva sul 6-5 di un set, non si può sapere che succede fino a che finisce il set, e non si vede il tiebreak, eventuali setpoint, breakpoint e quant’altro. Come si fa a lavorare in quelle condizioni? Ci fosse almeno un monitor da guardare nell’attesa! Ma non c’è alcun motivo, visto che la tribuna stampa è così in alto che i giocatori non potrebbero mai vedere se qualche giornalista entra e prende posto lassù in piccionaia, per impedire il passaggio a chi deve lavorare e raccontare quel che succede. Tante volte, per via di interviste che si concludono in altre aree dello stadio, o comunque assai lontano dalla sala stampa, può diventare impossibile arrivare nell’esatto minuto in cui c’è il cambio campo. A volte si sta in sala conferenza mezzora aspettando il tennista ritardatario. E poi via di corsa per assistere alle fasi finali di un match. Ma per assistervi bisognerebbe poterlo vedere. Restare appollaiati per decine di minuti, sugli scalini, oltre che pericoloso – se un giorno qualcuno cade e fa causa all’organizzazione la vince di sicuro! – significa non poter vedere e descrivere niente: è un errore logistico di cui l’organizzazione dovrebbe rimediare. Non costa nulla, ci vuole niente a risolverlo. Lo vado ripetendo da anni, e forse perché sono io a chiederlo, non viene fatto. Eppure chiunque abbia visitato un torneo e l’accesso alla tribuna stampa l’avrà visto realizzato.
Ieri, martedì, il presidente Binaghi ha esordito nella conferenza stampa di “celebrazione” di Supertennis – probabilmente dimenticando che io ero presente nel 2000 sia quando si candidò dichiarando che nessun presidente avrebbe dovuto restare su una poltrona federale per più di due mandati, sia quando al lancio di Supertennis dichiarò che si sarebbe raggiunto il break even economico in 3 anni (e quindi ai miei occhi perdendo ogni credibilità, visto che ora il costo della tv oscilla intorno ai 5 milioni l’anno, 30 milioni in 6/7 anni sono pochi?) – attaccando nelle primissime battute coloro che criticano il ruolo svolto da Supertennis. Queste le sue parole, registrate: “Poveracci, gente che non conta niente, lo fanno per interessi personali…”.
Se si riferiva a me, come credono tutti, dovrebbe un giorno spiegare quali sarebbero questi interessi personali. Non sono mica Berlusconi con un mio network televisivo concorrente! Né ho intenzione di candidarmi alla presidenza della Federtennis, a) perché non mi interessa; b) perché nè io nè nessun altro vincerebbe mai con le regole che ha fatto “istituire” Binaghi (raccogliere la firma di 300 società per candidarsi esponendo economicamente quelle società “nemiche” al potere costituito non converrebbe a nessuno, sarebbe rischiosissimo); c) il mandato di Binaghi per la sua durata è assimilabile a quello del papa Francesco cui il presidente ha pensato di poter regalare una racchetta bianca con su il marchio di un’azienda che produce racchette (una gaffe pazzesca per chi dovrebbe mostrarsi almeno superpartes: fossi il titolare di un’altra azienda concorrente di quella… “privilegiata” mi farei sentire! Non mi dite che è stato casuale però eh! L’incontor con il Papa, la racchetta bianca, tutto era stato preparato da lungo tempo…quindi anche il logo non era lì per sbaglio, per una leggerezza, per una dimenticanza!). A proposito della durata del mandato mi si fa notare una piccola differenza: papa Ratzinger ad un certo punto si è dimesso. Naturalmente il messaggio binaghiano era trasversale, tipico di una certa cultura e di un suo noto modo di comunicare. Non ha fatto nomi naturalmente, e prudentemente, forse temendo una querela, dopo aver già perso un paio di cause con chi scrive.
Quando gli ho chiesto a chi si riferisse, visto che una filippica così generica doveva certamente rivolgersi a qualcuno, Binaghi ha prima pronunciato una frase a sproposito “Excusatio non petita, accusatio…” che non ha saputo concludere (il latino lo conosce meglio il presidente della Lazio Lotito) e non c’entrava comunque nulla. Se leggerete il postscriptum a quest’articolo vedrete che cosa ha scritto un lettore che si mostra più preparato in latino …
Ribadisco quanto accennato sopra e cioè che non si è capito quali mai potessero essere gli interessi personali di chi ritiene – magari sbagliando, noboy is perfect – che almeno parte di quei tanti, troppi soldi andrebbero investiti diversamente perché non è – o almeno non dovrebbe essere – il fare attività televisiva il core business di una federazione.
La federbasket di Petrucci, di cui Binaghi era stato il grande sostenitore nella battaglia pro-Pagnozzi contro Malagò – ha ben altri sponsor, tutte le squadre di basket (che non è il campionato di serie A del tennis, è organizzato e promosso un tantino meglio) ha anch’essa una sua tv, ma prevede una spesa di 1,5 milioni l’anno: mi pare un investimento più prudente e ragionevole. E potrà certamente recuperare più soldi dagli sponsor delle società di basket che investono svariati milioni nelle sponsorizzazioni La Fit ad oggi recupera miserie. Non ho visto l’ultimo bilancio ma prima non arrivava a mezzo milione di euro. Poi c’è la vicenda dello studio della Bocconi sulla quale preferisco stendere un velo pietoso.
Capite bene che se l’atteggiamento del massimo dirigente del tennis è questo nei confronti di chi esprime convinzioni ed opinioni diverse dalle sue, c’è ben poco da sperare perché lui o qualcuno altro al suo posto (senza toglierglielo eh…) si occupi di dare un minimo di risposte a semplicissime questioni riguardanti le condizioni di lavoro della stampa nazionale e internazionale. Del problema logistico unico al mondo (pessimo) della sala stampa rispetto alla zona interviste – km da percorrere ogni giorno e perdite di tempo paurose, ho già scritto altre volte e non voglio ripetermi né mettere troppa carne al fuoco.
Certo è che certe esternazioni del presidente mi fanno rabbrividire. In un’intervista rilasciata al collega de “Il Messagero” Carlo Santi, Binaghi ha detto che spera proprio che il progetto di legge che prevede un massimo di due mandati quadriennali per un presidente federale abortisca. Secondo lui, testuale, “è pura demagogia, noi siamo eletti”… Ma che coraggio!
Il presidente degli Stati Uniti dopo due mandati va a casa, ed è eletto da tutto il Paese senza le deleghe – strumento obbrobrioso – e invece quelli delle federazioni sportive non possono essere avvicendati? Il presidente dell’USTA, federazione americana di tennis, va a casa ogni due anni: avrà cose più importanti da gestire della FIT?
Vorrei anche precisare che sebbene io non nutra nè simpatia nè stima per il presidente federale gli devo però dare atto di essersi impegnato moltissimo per risollevare l’immagine del tennis in Italia (oltre che la propria, utilizzando proprio la tv…”Prima mi fischiavano, ora mi chiedono l’autografo” ricordo di avergli sentito dire in conferenza stampa) e di esserci in buona parte riuscito. La cornice degli Internazionali d’Italia oggi è ben diversa da quella che era qualche anno fa, il successo di pubblico è indubbio, il coinvolgimento delle scuole e dei ragazzi è certamente un fenomeno positivo. Adesso Francesco Soro ha accennato alle sue intenzioni di sfruttare i social network per promuovere ulteriormente il tennis. Se poi la Federtennis riesce ad essere una delle federazioni economicamente più floride non c’è dubbio che questo sia un titolo di merito (sempre che le società non siano troppo vessate da orpelli e tasse varie). Il presidente del Coni Malagò mi ha detto in un’intervista di cui anticipo questo stralcio: “Se il presidente della FIGC decide di dare 4 milioni di euro ad Antonio Conte 4 milioni di euro l’anno ha l’autonomia gestionale per farlo. Idem Binaghi con Supertennis. Il CONI ha un certo tipo di funzioni di controllo, ma non può intervenire sulle decisioni relative agli investimenti che ogni singola federazione vuol fare. Anche se non le condividesse…”. Quindi voglio dare atto a Binaghi di avere fatto anche diverse cose buone. E del resto all’epoca del suo insediamento ritenevo, e l’avevo scritto, che fosse l’unico dirigente sulla piazza in grado di affrontare tutta una serie di questioni. Non pensavo però che avrebbe voluto far di tutto per rendersi “indispensabile e inamovibile” come il Papa, e considerare demagogica ogni richiesta di avvicendamento. Avevo sopravvalutato, allora, il suo interesse alla causa del tennis e sottovalutato il suo interesse personale. Posso solo dire che tutti i presidenti delle varie istituzioni che restano in carico per un doppio mandato quadriennale, hanno sempre fatto molto meglio nel secondo quadriennio che nel primo: non tanto per una questione di maggiore esperienza, quanto perchè non avevano più nè cambiali da restituire nè soprattutto favoritismi clientelari da fare per assicurarsi l’appoggio elettorale alle successive elezioni (che non li riguardavano più). Al contrario di Binaghi spero proprio che il Parlamento introduca l’obbligatorietà di massimo due mandati per i dirigenti dello sport. Solo così tutto lo sport italiano farebbe un bel salto in avanti, e non solo il tennis.
Concludo questo lungo e pesante articolo augurandomi che qualcosa di quello che dica abbia un seguito. E aggiungo che mi spiace davvero di aver visto Camila Giorgi perdere l’ennesima partita che poteva vincere, un doppio 7-5 con la Jankovic che poteva benissimo rovesciare. Nel primo set era avanti 5-2. Nel secondo 4-1. Ma Camila è una persona, come mi faceva osservare una mia ex collaboratrice di Ubitennis, Angelica Fratini, “che se vuole entrare in una stanza anziché passare dalla porta vuole buttare giù il muro!”.
Mi è piaciuta questa immagine e le ho chiesto di poterla usare. Poi ho visto Donati, che ha fatto anche un game quasi perfetto contro Berdych, tre aces e un servizio vincente tutti vicino ai 200 km l’ora. E ho capito cosa voleva dire Kyrgios nella intervista esclusiva che ha rilasciato a Ubitennis quando, a proposito di Quinzi e Baldi, suoi antichi avversari a livello junior, mi ha detto: “Senza un grande servizio, e colpi potenti, oggi è molto difficile emergere a livello professionistico”.
Ascoltate l’audio. Buon tennis a tutti, ci sentiamo anche su Radio Montecarlo almeno due volte al giorno. E’ la radio del Grande Tennis. Un collega del New York Times, Ben Rothenberg, ha invece registrato un lungo pod-cast-intervista con il sottoscritto – di diversi minuti – e farò in modo che chi capisce l’inglese possa ascoltarlo su Ubitennis, perchè ripercorre tante storie di tennis italiano e non, di Internazionali d’Italia e non. Anche il collega di Usa Today ha chiesto di potermi parlare su vari argomenti, compresi quelli che con grande risalto ai dati statistici di Ubitennis erano stati trattati sul Wall Street Journal. Chissà se Binaghi conosce la traduzione del detto latino …”Nemo propheta in patria”.
Post Scriptum su quel che potrebbe (dovrebbe) fare lo speaker sul campo a fine partita quando il tennista sconfitto esce dal campo
In tutti i tornei, che pure Supertennis trasmette (e di cui Ubitennis riferisce quotidianamente la programmazione), si può notare che non appena un match finisce, mentre il giocatore che vince resta sul campo per le interviste televisive (e non) di rito, quello che perde raccoglie in un nanosecondo borsoni e racchette e se ne esce in fetta e furia, sia che abbia perso 6-1 6-1 sia che sia stato un 7-6 al terzo. Che ci vuole per istruire lo speaker ad invitare il pubblico ad applaudire lo sconfitto mentre esce dal campo (“Un applauso per… etc etc). Uno speaker con un po’ di sensibilità eviterà di fare questo tipo di annuncio nel caso di un tennista che, nella sconfitta, si sia comportato particolarmente male, abbia dimostrato scarso impegno… per evitare di esporlo ai fischi di un pubblico crudele (ma che ha pagato il biglietto). Ma quando ieri sera, ad esempio, Camila Giorgi è uscita furiosa dal Pietrangeli, senza salutare nessuno, sarebbe stato giusto invece sentire che l’organizzazione ringraziava una tennista che aveva comunque intrattenuto per un’ora e 53 minuti tutto il pubblico del Pietrangeli (anche quello che aveva disseminato di cartecce e bottiglie il magnifico Stadio dei Marmi e delle Statue).
Post Scriptum di un lettore che ringrazio
La frase in latino che sarebbe ‘Excusatio non petita accusatio manifesta’, potrebbe, a ben vedere essere letta psicoanaliticamente come il suo inverso. Un sorta di lapsus esteso. Quando Lei ha posto a Binaghi la domanda lui ha risposto così. Nelle sue parole è possibile leggere un motto che suonerebbe così: ‘Dum accusare credis, excusas’. Quando credi di accusare, ti scusi.
A livello subconscio (non direi inconscio in questo determinato caso, meglio usare ‘subconscio’), Binaghi, implicite [lat.], si è scusato con Lei. Malgré lui.