M. Sharapova b. C. Suarez-Navarro 4-6 7-5 6-1 (da Roma, Carlo Carnevale)
La favola non è terminata come tutti (o quasi) avrebbero voluto; non c’è stato il successo della timida e trascurata Cenerentola sulla bellissima matrigna, né brutti anatroccoli trasformati in cigni. Maria Sharapova vince il suo terzo titolo a Roma (dopo 2011 e 2012, “il posto è fantastico, spostarlo sarebbe triste”), superando un avvio incerto e dimostrando una straordinaria forza mentale; non bastano due set di livello mirabile alla Suarez-Navarro, che perde l’ottava finale su nove disputate in carriera (vittoria a Oeiras lo scorso anno, mentre nel 2015 era già stata sconfitta da Serena a Miami e si era ritirata ad Anversa), giocando comunque un tennis da applausi. Sharapova mette in cassaforte, oltre a 400.000€, il trentacinquesimo titolo in carriera, decimo su terra rossa confermando l’incredibile trasformazione del suo gioco che negli ultimi due anni è riuscita ad adattare alla superficie; “se avessi incontrato Carla cinque anni fa il risultato sarebbe stato diverso”, lontani i tempi in cui definiva i suoi movimenti sul rosso “simili a quelli di una mucca sul ghiaccio“.
Si afferma quindi la maggiore potenza e foga della siberiana, che si rifiuta di scambiare consapevole del gap di agilità che avvantaggerebbe la Suarez oltre il decimo colpo; Maria cerca infatti di bersagliare le righe di fondo già con la risposta, tanto che nei primi due set spara a salve e la fretta le porge i tradizionali cattivi consigli. Suarez invece cerca di appoggiarsi quanto più possibile, entusiasma con la sua facilità di colpi (con la palla sempre alla distanza perfetta dal corpo, naturalissima quando deve frustare con il rovescio) e serve con sagacia, me alla lunga non regge il disappunto per le occasioni e il vantaggio sciupato, sopratutto quando un suo dritto in rete le nega il 4-2 nel secondo set.
Suarez annulla tre palle break nel quarto gioco del primo set, compreso uno scambio assurdo in cui la sequenza di bordate si conclude con una strepitosa rincorsa della spagnola che forza l’errore in passante della Sharapova; nel gioco successivo lo splendido rovescio a una mano di Carla veleggia verso l’incrocio delle righe e impacchetta il break che regge fino al 6-4 in avvio in 51 minuti, nello stupore del già folto pubblico del Centrale. I trentuno gradi della domenica capitolina sono una manna per i venditori di bibite sugli spalti, fisicamente assaliti dai sudatissimi spettatori, che applaudono ironicamente quando una nuvola troppo piccola (e troppo poco di passaggio) permette di posare i ventagli (curiosa la scelta della Suarez di indossare un completino nero); Sharapova ricorre a due chiacchiere con il coach Sven Groenveld per rimediare ai copiosi gratuiti che anche da ferma le escono dalla racchetta, e nel secondo set è lei ad allungare per due volte, sul 3-1 e poi sul 5-3, restituendo però immediatamente il break in entrambi i casi. Si gioca quasi esclusivamente in cross, rarissimi i cambi in lungolinea e nessuna delle due atlete è realmente padrona del campo; Sharapova fa le prove generali sprecando un set point in vantaggio 5-4 con Suarez a servire, mandando un rovescio non impossibile lungo di metri, e due giochi più tardi strappa il servizio a zero, festeggiando con un gelido pugnetto il 7-5 che le consegna il pareggio. “Sono stata brava ad aggiustare la mira, nel primo set sbagliavo di pochissimo, sono molto contenta di come ho reagito”.
Sharapova allunga dunque 4-1 nei confronti diretti (quest’anno già vittoriosa in due set a Brisbane, mentre l’unico successo della Suarez risale a Montrèal dello scorso anno), e domina un terzo set passerella, con la spagnola che accusa un netto calo fisica probabilmente dovuto al caldo eccessivo; un solo gioco conquistato dalla Suarez, che comunque sorridente stringe la mano all’avversaria, e nelle dichiarazioni postpartita appare soddisfatta: “Settimana fantastica, ringrazio gli organizzatori e il mio team, sto crescendo molto”. Due ore e trentacinque minuti, prima che la Sharapova possa finalmente mostrare i trentadue denti al proprio box e durante la premiazione ascoltare l’inno nazionale russo: suona anche quello italiano, al cospetto di un battaglione dei carabinieri che esegue il saluto militare; dalla prossima settimana, via alla campagna per conquistare il terzo Roland Garros della sua carriera, dopo quelli vinti nel 2012 contro la nostra Errani e nel 2014 su Simona Halep.