Forse la verità è che siamo rimasti dov’eravamo. Il circuito Atp è rimasto dov’era. La stagione 2015, giunta ormai in prossimità del giro di boa, rimanda tutti agli anni scorsi. Perché anche se in questo momento non occupano i primi quattro posti ma solo tre, in fondo arrivano sempre gli stessi di sempre: Djokovic, Federer, Murray e Nadal. Gira e rigira sono i “Fab Four” a dettare legge, contrariamente a quanto si sarebbe pensato dodici mesi fa.
A confermarlo sono i grandi tornei fin qui disputati in stagione. Non c’è stata nemmeno la sospirata sorpresa all’Australian Open, storicamente propenso a regalarne vista la freschezza che richiede dopo la pausa invernale. Ha vinto Djokovic in finale con Murray, con semifinalisti Wawrinka (che ha peggiorato il risultato del 2014) e Berdych, da sempre avvezzo a parziali exploit ma mai capace di raccogliere i frutti del suo talento; e comunque uno dei pochi (con Ferrer) in grado di proporsi in mezzo ai Fab Four. Gli altri due sono Raonic e Nishikori, anche loro però attualmente incapaci di compiere l’ultimo scalino. La parentesi del Super Cilic di New York, insomma, è stata chiusa presto.
Continuando a sfogliare l’elenco delle finali dei tornei che contano nel 2015, si scopre questo. Indian Wells: Djokovic-Federer; Miami: Djokovic-Murray; Montecarlo: Djokjovic-Berdych; Madrid: Nadal-Murray; Roma: Djokovic-Federer. Niente di nuovo sotto il sole. Chi volesse gridare alla sorpresa, dovrebbe accontentarsi delle semi di Isner a Miami e di Monfils nel Principato… un po’ pochino.
Superati i problemi fisici, Andy è tornato ai posti che gli competono, con Djoker imbattibile e Roger continuo soprattutto sulle superfici veloci. Se vogliamo, la vera “sorpresa nella non sorpresa” è Nadal che non vince un torneo sul rosso europeo (o Murray che ne infila due consecutivi… ). Ma all’orizzonte non si vede nessuno capace di superare il poker d’assi, contrariamente a quanto in tanti avevamo ipotizzato qualche mese fa.
Adesso, si sa, saremo smentiti in maniera clamorosa a Parigi, dove ad alzare il trofeo sarà Thiem o magari magnificheremo il primo Slam di Bautista Agut. Ma al di là di improbabili provocazioni, l’unico dei giovani rampanti ad avere compiuto progressi confortanti, avendo anche l’età dalla propria, è Nick Kyrgios. L’australiano, pur avendo la pesante cambiale dei quarti di Wimbledon, è destinato a chiudere l’anno vicino alla Top Ten. In futuro, chissà. Detto di Nishikori e Raonic, ormai radicati nei dieci ma senza quel “quid” richiesto per competere con i Fab Four, va registrato anche il passo indietro (in tutti i sensi, pure in campo…) di Grigor Dimitrov.
Gli anni passano, le aspettative cambiano nome, ma in fondo arrivano i soliti noti. E chiariamo, non è detto che sia un male. In fondo è un’era dominata da pochi, ma quei pochi sono di un livello altissimo.