Partiamo dal 1990: nel novembre dell’anno precedente era caduto il muro di Berlino, che decretò non solo la riunificazione della Germania, rettificata nell’ottobre del 1990, ma anche l’inizio della fine della guerra fredda, sancita dal crollo dell’Unione Sovietica a dicembre del 1991. In Jugoslavia si tennero le prime elezioni multipartitiche nelle varie repubbliche, preludio alla dichiarazione di indipendenza di Croazia e Slovenia dell’anno successivo e alla scoppio del conflitto che avrebbe devastato i Balcani per tutta la prima metà degli anni ’90; in Gran Bretagna finì l’era di Margaret Thatcher, mentre in Polonia venne eletto presidente proprio quel Lech Walesa che dieci anni prima aveva fondato Solidarnosc. L’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq diede il via alla Guerra del Golfo, in Sud Africa il presidente De Klerk autorizzò la scarcerazione di Nelson Mandela dopo 28 anni di prigionia. L’Italia fu invece protagonista dell’evento sportivo dell’anno, organizzando la 14° edizione dei campionati mondiali di calcio.
Il calendario ATP di quell’anno vide disputarsi 81 tornei, 20 in meno rispetto al 1980, ma soprattutto ci offre un quadro completamente diverso rispetto a dieci anni prima: gli eventi negli Stati Uniti scesero da 37 a 16, mentre l’Europa salì a 44 in 16 paesi diversi, con il numero più alto (bei tempi…) in Italia (8), seguita da Germania (7 + la Grand Slam Cup) e Francia (6). Pressoché invariato il numero dei tornei negli altri continenti: 8 in Oceania, 6 in Asia, 4 in Sud America (tutti in Brasile) e solamente 1 in Africa (a Casablanca).
La classifica ATP di fine 1990 vide, come nel 1980, uno svedese al primo posto: parliamo di Stefan Edberg, vincitore quell’anno di sette tornei fra cui Wimbledon, in cui sconfisse in finale il tedesco Boris Becker, nella terza puntata della loro rivalità sui prati londinesi (bilancio 2-1 Edberg). Lo svedese guidò la schiera di connazionali cresciuti nel mito di Borg, tanto che quell’anno il paese scandinavo poté contare su ben 12 rappresentanti fra i primi 100 giocatori del mondo, secondo in questo dato solo ai “soliti” Stati Uniti, che misero 23 giocatori fra i primi 100 (che rappresenta un vero e proprio crollo rispetto ai 41 del 1980). Per gli USA ci fu la consolazione di avere quasi tre giocatori fra i primi 5 (n°2 fu Boris Becker). Diciamo quasi perchè il terzo è il cecoslovacco Ivan Lendl, che avrebbe giocato per la bandiera a stelle e strisce solo a partire dal 1992, ma ad ogni modo gli Stati Uniti poterono consolarsi con due giovani che avrebbero fatto parlare parecchio di loro negli anni a venire come Pete Sampras, vincitore quell’anno degli US Open, e Andre Agassi. Dopo la Svezia l’egemonia europea s’impose anche coi 7 tennisti provenienti da Germania, Francia e Spagna, lo stesso numero della sempre presente Australia. L’Argentina si confermò faro del Sud America con 4 tennisti, mentre tornarono fra i migliori anche i sovietici, che ebbero 3 giocatori fra i top100. Asia e Africa misero insieme solo 3 e 2 giocatori rispettivamente, mentre l’Italia ebbe 3 giocatori fra i primi 100 (Camporese, Furlan e Caratti). In totale furono 24 i paesi presenti con almeno un giocatore.
In dieci anni il rapporto di forza fra Stati Uniti ed Europa si era completamente ribaltato: dai 41 tennisti americani presenti nella top100 del 1980 contro i 24 europei, si passò infatti a 55 europei e 23 americani.
Situazione identica a livello di ottavi Slam: l’Europa fece suoi più della metà dei posti, 34, lasciandone solo 17 agli Stati Uniti e 11 al resto del mondo. Fra le europee la nazione leader fu la Svezia con 9 tennisti agli ottavi.
Passando al gentil sesso, anche il calendario WTA di quell’anno vide un ridimensionamento della presenza americana, seppur in misura minore rispetto al circuito ATP. Dei 59 tornei disputati nel 1990 furono 24 quelli ospitati su suolo statunitense. L’Europa raddoppiò la propria presenza con 23 tornei (vs 11 del 1980) in 11 paesi (4 in Germania, Francia e UK, 3 in Italia), ci furono poi 5 eventi in Oceania, 4 in Asia e, per la prima volta dall’inizio di questa analisi, anche uno in Sud America.
Parlando invece del ranking WTA di fine 1990 partiamo da due curiosità: la prima è che come nel 1975 e nel 1980 al n°3 troviamo l’eterna Martina Navratilova, che quell’anno vinse in finale contro Zina Garrison il suo nono e ultimo Wimbledon (in quella che fu la sua nona finale consecutiva all’All England Club), la seconda è che scorrendo la classifica al n°78 troviamo una certa Kimiko Date, che oggi, 25 anni dopo, è ancora n°201 del ranking mondiale.
A guidare la classifica fu, come faceva ininterrottamente dal 17 agosto del 1987, l’attuale signora Agassi, “Fräulein Forehand” Steffi Graf, che però quell’anno vinse solamente un Major, gli Australian Open, cedendo a Monica Seles in finale a Parigi e a Monica Sabatini a New York. Dietro la Graf si piazzò proprio la jugoslava Seles, già pronta al sorpasso che sarebbe avvenuto nel marzo dell’anno successivo.
Come già osservato per l’ATP, anche nel ranking WTA ci fu un rovesciamento di forze fra Stati Uniti ed Europa: dal 59-25 in favore del Nuovo Mondo del 1980, al 54-28 per il vecchio continente di 10 anni dopo. Gli Stati Uniti ebbero quindi 28 tenniste fra le prime 100, fra cui 4 top10, ma dietro di loro riemersero tre nazioni che solo 10 anni prima non aveva avuto alcuna rappresentante fra le 100: l’Italia (8), la Francia (7) e la Germania (7). L’Australia iniziò il proprio declino con solo 4 tenniste (la cui migliore, Rachel McQuillan, soltanto al n°39), superata in questa classifica anche dalla Cecoslovacchia (6 tenniste). 4 furono anche le tenniste fra le 100 di Giappone e Unione Sovietica, mentre si fermarono a 3 Gran Bretagna, Sud Africa, Svizzera, Argentina, Olanda, Austria e Bulgaria. In totale ci furono 4 tenniste asiatiche e 4 sudamericane.
Anche guardando i dati degli ottavi Slam il sorpasso europeo sugli USA fu netto: dal 21-26 di dieci anni prima si passò al 37-18 del 1990, con 8 posti occupati dalla Cecoslovacchia, 6 dalla Germania e 6 dalla Bulgaria. Agli Australian Open arrivarono fra le migliori 16 tenniste provenienti da 12 nazioni diverse, 1 nazione in meno rispetto al record dell’Open Era di 13, detenuto a pari merito da 7 tornei (RG 12, US 94-12-14, W 11-12-13).
Arriviamo quindi al nuovo millennio: il 2000 è l’anno in cui Vladimir Putin venne eletto per la prima volta presidente della Russia, l’anno della “bolla di internet” che fece crollare le borse mondiali, l’anno in cui Slobodan Milosevic lasciò la presidenza della Serbia e l’anno in cui la popolazione mondiale superò per la prima volta i 6 miliardi. In Medio Oriente, gli uomini di Al Qaeda si riunirono per pianificare l’attentato che, nel settembre dell’anno successivo, cambiò per sempre il nostro mondo.
L’immagine sportiva di quell’anno fu senza dubbio quella dell’aborigena australiana Cathy Freeman che accende il braciere olimpico in una notte di settembre a Sydney.
Nel tennis, i calendari ATP e WTA avevano ormai preso la disposizione attuale, con l’inizio dell’anno nell’emisfero australe, il febbraio indoor europeo, i MS americani, la primavera sul rosso europeo, l’erba, l’estate americana e l’indoor autunnale fra Europa e Asia. Possiamo quindi dire che nel 2000 era ormai finita l’epoca dei circuiti strettamente legati agli Stati Uniti, in favore di una maggiore presenza europea e di una forte crescita del continente asiatico. Nell’ATP si disputarono 68 tornei (comprese le Olimpiadi di Sydney), oltre la metà dei quali, 37, in Europa. Gli Stati Uniti rimasero il paese con più eventi, 15, seguiti da Gran Bretagna e Germania con 5. 6 i tornei in Asia, 5 in Oceania, 2 in Sud America e solamente 1 in Africa. In totale il circuito ATP nel 2000 toccò tutti e 6 i continenti e 29 paesi, oltre la metà dei quali, 15, in Europa. Il circuito WTA invece vide un’enorme internazionalizzazione rispetto a dieci anni prima: il numero dei tornei rimase pressoché invariato (da 59 a 58), ma il numero dei paesi toccati salì da 19 a 27, soprattutto grazie all’ingresso degli eventi in Asia (Malesia, Thailandia, Cina e Uzbekistan) e in Europa (16 paesi). Ancora una volta furono gli Stati Uniti a guidare la classifica dei paesi con più tornei, seppur dimezzando il numero di eventi rispetto al 1990: da 24 a 13. La parte del leone fu ovviamente dell’Europa, con 28 tornei, vi furono poi 7 eventi in Asia, 6 in Oceania e 2 in Sud America.
Il ranking ATP di fine 2000 venne aperto e chiuso da due brasiliani: al n°100 c’era Fernando Meligeni, mentre al n°1 svettava Guga Kuerten, che vinse quell’anno il suo secondo Roland Garros e, grazie alla vittoria alla Masters Cup di Lisbona, superò sul filo di lana il russo Marat Safin, diventando il primo sudamericano a chiudere l’anno in vetta alla classifica ATP. La notizia vera però fu che l’egemonia statunitense era ormai definitivamente terminata e nuove nazioni si proponevano come movimenti leader del circuito maschile. La palma di nazione maggiormente rappresentata nei primi 100 passò quindi alla Spagna, che non a caso vinse proprio quell’anno la sua prima Coppa Davis, battendo al Palau Sant Jordi di Barcellona l’Australia di Rafter e Hewitt. 14 furono i rappresentanti iberici fra i primi 100, guidati da Alex Corretja al n°8 e Juan Carlos Ferrero al n°12. Dietro la Spagna vennero Francia, Stati Uniti e Svezia, ognuna con 8 giocatori; Australia, Germania e Argentina si fermarono a 7, la Repubblica Ceca a 6. L’Italia si fermò a 2, mentre apparvero per la prima volta nazioni che dieci anni prima non esistevano neppure come Bielorussia, Ucraina, Armenia, Croazia e Slovacchia. In generale furono 29 i paesi presenti nei primi 100 ATP, con un dominio europeo forte di 65 rappresentanti, mentre il Sud America superò i “cugini” del Nord America per 12 a 8. Alcuni nomi di quella classifica sono ancora oggi sul circuito: l’allora teenager Lleyton Hewitt chiuse l’anno al n°7, Tommy Haas al n°23, mentre al 29 c’era un ragazzino svizzero che avrebbe fatto parlare molto di sé negli anni successivi…Roger Federer.
Negli ottavi Slam l’Europa occupò 38 posti su 64 grazie agli 8 della Svezia, ai 6 della Spagna e ai 4 di Francia, Germania e Russia. Oceania e Nord America si fermarono a 8 ciascuna (tutti di Australia e USA), l’Africa ne conquistò ben 6, lasciandone 3 al Sud America e 1 all’Asia, quello del coreano Hyung-Taik Lee agli US Open. Da notare che arrivarono agli ottavi Slam tennisti di 22 nazioni diverse, una in meno del record assoluto che è di 23, stabilito nel 1997 e nel 1999.
Nel WTA, pur senza conquistare alcuno Slam (ma vincendo i WTA Tour Championships) fu la svizzera Martina Hingis a chiudere per il secondo anno consecutivo (e il terzo complessivo) in testa al ranking. Dietro di lei le americane Davenport, Venus Williams (che fece la doppietta Wimbledon-US Open) e Seles, mentre al n°6 chiuse Serena Williams, che l’anno precedente agli US Open aveva alzato il primo dei suoi 20 trofei dello Slam. Le americane poterono contare quell’anno su 17 giocatrici fra le prime 100, ampiamente le più presenti ma comunque in netto calo rispetto alle 28 del 1990. Dietro agli USA emerse anche al femminile la Spagna, con 9 giocatrici fra le 100, poi la Francia con 8 e la Russia con 7, nel preludio di quella che fu una vera e propria invasione dell’est negli anni successivi, grazie alle ragazze che ebbero negli anni ’90 la possibilità di espatriare per frequentare le accademie tennistiche di tutto il mondo dove si sarebbero formate come giocatrici professioniste. L’Italia si fermò a 5, precedendo Germania, Svizzera (che aveva fra le sue giocatrici anche la futura signora Federer, Mirka Vavrinec) e Repubblica Ceca con 4. Da segnalare l’assenza di una nazione di grande tradizione tennistica come la Gran Bretagna. In generale l’Europa occupò ben 65 posti su 100 disponibili, 20 andarono al Nord America, 6 all’Asia, che si lasciò dietro Africa, Sud America e Oceania, ferme a 3.
A livello di ottavi Slam la situazione rimase simile al 1990, con l’Europa a quota 36 posti conquistati (9 Spagna, 8 Francia) e gli Stati Uniti a 19 (che insieme ai 2 di Portorico portarono il totale del Nord America a 21). L’Asia arrivò a 4, l’Oceania a 2 e il Sud America a 1, mentre nessuna tennista africana raggiunse gli ottavi Slam in quell’anno.
Nel prossimo ed ultimo appuntamento osserveremo infine le ultime classifiche, quelle di fine 2010 e della settimana corrente, vedremo come il numero di nazioni protagoniste sia continuato ad aumentare, così come l’egemonia europea, mentre dal punto di vista logistico, i calendari ATP e WTA hanno puntato sempre di più verso oriente.
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Prossimamente su Ubitennis:
– Atto III (2010 e 2015: Europa e USA continuano a dominare, ma i calendari si spostano sempre più verso oriente)
Già pubblicati:
– Atto I (1973-75 e 1980: le prime classifiche mondiali e il dominio USA)