È difficile quando l’avversario la chiude così, con degli ace.
Già. Il suo servizio è speciale, questo è certo: era tanto che non affrontavo un servizio simile, probabilmente da quando abbiamo giocato l’uno contro l’altro a San José. Anche in quel caso sentivo di star giocando bene, e al tempo stesso di non avere chance. Ovviamente oggi non ho iniziato nel migliore dei modi: lui è entrato in campo a mille, io mi ero applicato del nastro sulla spalla ma era troppo teso e non riuscivo a servire bene. Non me ne sono reso conto fino all’inizio del secondo set. In ogni caso, Milos mi ha messo subito sotto pressione e mi ha tolto un po’ di fiducia. Il bello di giocare al meglio dei cinque è che puoi sempre rientrare: sarebbe stato bello portare la partita al quinto, ma lui ha servito benissimo.
Si dice spesso che l’erba qui non è veloce come un tempo. Questo influenza un servizio come quello di Milos?
Con un servizio come il suo, non fanno molta differenza la superficie o le palline che si usano. Rispetto alla metà degli anni ’90 l’erba è effettivamente un po’ più lenta e anche le palline si sgonfiano prima. Detto questo, è comunque una superficie che richiede maggiore aggressività. Nel complesso, credo sia bello vedere anche qui qualche scambio in più.
Hai notato un’evoluzione nel gioco di Milos?
Quando aveva 17 o 18 anni aveva già delle ottime armi, ma non era in grado di controllarle. Quando riesce a farlo ed è in fiducia è uno dei migliori giocatori al mondo, non c’è dubbio. A tratti oggi si è intravisto il suo potenziale. È in grado di arrivare lontano in questo torneo, lo ha già dimostrato l’anno scorso. Vorrei tanto avere il suo servizio anche solo per un match, per sapere come ci si sente!
Ti sorprende il modo grossolano in cui sbaglia alle volte?
Capita a tutti di sbagliare di molto. A lui forse capita un po’ più spesso: il suo è un gioco molto rischioso, quindi le probabilità sono più alte.
Hai avuto molti infortuni nel corso degli anni: è una questione di sfortuna?
Chi può dirlo? Sicuramente altri sono più sfortunati di me e non possono più tornare a giocare; altri invece non si fanno mai male nel corso della carriera. Non se sia una questione di DNA o del modo in cui si allena. Bisogna prendere le cose come vengono e cercare di imparare dal proprio corpo. Mi piace ancora giocare e allenarmi per darmi opportunità come quella di oggi. Giocare sul campo numero 1 a Wimbledon alla mia età è molto speciale, non lo dimenticherò. Sono arrivato molto vicino al quinto set, sto andando nella direzione giusta: non è ancora il punto a cui vorrei essere, ma più che lavorare duramente non posso fare.
Traduzione di Gaia Dedola