Per chi segue un po’ il tennis femminile non è certo una sorpresa la poca disponibilità a parlare durante le conferenze stampa di Camila Giorgi. Definirla laconica sembra quasi un’iperbole. Se potesse fare a meno delle conferenze stampa è evidente che lo farebbe e, più o meno volutamente, questo atteggiamento traspare inequivocabile. Ecco ad esempio come è andata la conferenza stampa successiva al secondo turno di Wimbledon 2015.
Un breve spiegazione logistica. A Wimbledon i giocatori più importanti vengono sistemati in due sale organizzate come un piccolo teatro (main interview room), con accessi separati. Ma per gli altri tennisti, meno popolari, ci sono altre stanze per le interviste (small interview room) che sono semplici locali distribuiti da un corridoio; qui giocatori e giornalisti entrano insieme e si decide al momento dove sedersi. Per un’intervista a Camila Giorgi viene programmato l’orario, ma non la stanza: sarà una qualsiasi “small interview room”, assegnata lì per lì.
La stanza scelta per commentare il match vinto contro Arruabarrena ha un tavolo quadrato al centro: Camila si siede dalla parte opposta alla porta di ingresso; papà Sergio invece si mette un po’ distante, in piedi, più vicino alla porta, in modo che quando Camila parla se vuole comunicare con lui deve solo spostare lo sguardo verso destra. I giornalisti si siedono attorno al tavolo; qualcuno (come Ubaldo) si siede accanto a lei, dallo stesso lato del tavolo.
Cominciano le domande e Camila risponde, come sempre, a monosillabi. Non c’è proprio modo di farle dire più di sette/otto parole di fila; qualsiasi tipo di domanda trova risposte cortissime, difficile superare la singola frase.
E se durante i match Giorgi non è una di quelle giocatrici che guarda verso il suo angolo ad ogni punto, in conferenza stampa è un continuo incrocio di occhiate con il padre. Paragonata alle interviste con gli altri giocatori, la sensazione è del tutto differente, e infatti per la prima volta penso che le piccole conferenze stampa possono assomigliare a degli interrogatori: Camila sembra essere l’indiziata e papà Giorgi il suo avvocato difensore; i giornalisti seduti attorno pubblici ministeri che cercano di carpire qualche segreto contro la volontà dell’accusato.
Ma avrei spiegato male la situazione se qualcuno pensasse che Giorgi si ritrova in una posizione sottomessa: anzi, lei è decisissima a non concedere nulla, e in fondo è proprio il suo modo di porsi così netto a rendere il confronto particolare, quasi poliziesco. Camila sul campo gioca in attacco, ma in sala stampa gioca in difesa in modo così arcigno (come dicevano i vecchi telecronisti di calcio) che sembra uno stopper tedesco degli anni ’70: oltre non si passa.
Nel post match Arruabarrena c’è una fatto in più: si sa già che giocherà nel turno successivo contro Caroline Wozniacki, e così oltre ai giornalisti italiani ci sono anche un paio di giornalisti danesi. Naturalmente le vogliono chiedere qualcosa sul futuro incontro, a cominciare da un parere su Wozniacki. Risposta in inglese: “Gioca da fondocampo. Gioca in modo opposto a me”. E con ciò Camila ritiene di avere esaurito la questione; e quanto sia convinta di questo, i giornalisti danesi lo sperimenteranno con le domande successive.
Evidentemente loro vorrebbero che dicesse altro ancora, magari un complimento nei confronti delle qualità tennistiche di Wozniacki. Lo si capisce da come vengono formulate le domande. Ad esempio basterebbe rispondere “Sì” ad una domanda impostata in questo modo: “Ritieni che Caroline sia forte?”. Ma lei ha deciso che quello che ha detto all’inizio è tutto, e non vuole farsi mettere in bocca giudizi altrui. A tutte le domande formulate come sopra, rifiuta di dire sì.
Dopo avere anche parlato con Supertennis in esclusiva, la conferenza stampa è conclusa, e Camila esce in corridoio, pronta per andare via. Ma nel frattempo tutti i giornalisti si sono rivolti a papà Sergio, per cercare di avere altre notizie. E così ci si trova di fronte ad una situazione paradossale: la protagonista in piedi in corridoio, in attesa che finisca la “sua” conferenza stampa, con il padre ancora dentro attorniato dai giornalisti; tutti in un angolo in piedi, visto che le sedie sono state abbandonate quando è uscita Camila. Del resto tanto la figlia è laconica, tanto è loquace il padre.
La situazione rimane questa per diversi minuti, con lei ferma, in piedi, in corridoio ad aspettare il padre. A un certo punto Ubaldo ritiene di avere concluso con Sergio, esce e comincia di nuovo a parlare con Camila. Le chiede ancora di Caroline Wozniacki, e Camila risponde in modo più sciolto. Mi sento autorizzato ad intervenire e le ricordo del suo match agli US Open: con il pubblico all’inizio tutto dalla parte di Wozniacki, giocatrice più conosciuta, e poi progressivamente conquistato dall’avversaria; e di come nelle fasi finali del match avesse ormai quasi tutto lo stadio dalla sua parte. Sorride soddisfatta, ma lo si sarebbe capito anche solo dallo sguardo. Del resto quella partita era stata una delle più memorabili del 2013 per un semplice spettatore, figuriamoci per la protagonista.
Ubaldo le chiede se le piace giocare sui campi grandi. Non fa in tempo a finire la domanda, perché lei ha già risposto con un sì estremamente convinto. Poi Camila aggiunge che a Wimbledon non ha ancora giocato nè sul Centrale nè sul Campo 1, i due stadi più importanti. Secondo Ubaldo potrebbe essere proprio il match contro Wozniacki l’occasione giusta, e lei commenta: “Lo spero tanto”, con un trasporto che sarebbe stato impossibile quando era dentro la stanza.
Fuori dalla small interview room la sensazione dell’interrogatorio è scomparsa: probabilmente Camila ritiene che il suo match con i giornalisti sia finito nel momento in cui è uscita in corridoio. Se in campo aveva sconfitto 6-0, 7-6 Arruabarrena, direi che con i giornalisti italiani ha chiuso 6-0, 6-1. A quelli danesi ha inflitto un doppio bagel, un 6-0, 6-0. E che non volesse proprio farsi mettere in bocca altro, lo conferma a chi le chede “Non hai dato soddisfazione ai giornalisti danesi”, rispondendo: “Ho detto quello che volevo”.