Tanta acqua è passata sotto i ponti da quando un giovanotto venuto da Basilea perdeva contro Jiri Novak pur lottando e sbuffando. Quel ragazzo ha attraversato tutte le fasi della carriera di un professionista, è passato dall’essere un invincibile fenomeno, è sembrato crollare sotto gli impietosi colpi del tempo (e di un mancino muscoloso) e adesso ha trovato una dimensione che sarebbe l’ideale per chiunque. Per chiunque non si chiamasse Roger Federer.
Dev’essere in effetti molto curioso passare da una condizione di eterno favorito a quella di “gioco per divertirmi, so di avere delle ottime possibilità”, quasi snobbato dai più di fronte alle legittime ambizioni di Djokovic e Murray. Quasi come se il suo nome sia tenuto lì tra i papabili solo per diritto regale e non per reale convinzione.
Però Federer ha attraversato questa condizione con serenità, seppure i malumori sembrano adesso più frequenti. Anche se Federer non è mai stato un uomo di ghiaccio, ultimamente ha dato mostra di frequenti insofferenze. Dagli insulti ai giudici di linea di Madrid, ai toni insolitamente seccati in conferenza stampa, dai troppi irritati “nein!” che seguono una sua stecca, alla rabbia con gli organizzatori del Roland Garros rei di non garantirne incolumità e sicurezza dall’assalto dei fan, sino alle polemiche addirittura sulla policy del colore di Wimbledon. Anche nella partita di oggi l’ombra accigliata non l’ha abbandonato, pur in una giornata decisamente tranquilla.
E se fosse solo feroce concentrazione? Se fosse la determinazione disperata dell’ultimo treno che passa? Un po’ come quella che si ammirava nello sguardo di Sampras, nel suo ultimo Us Open chiuso come meglio non poteva. Per la verità non c’è dubbio che le condizioni fisiche di Roger non siano nemmeno lontanamente paragonabili a quelle del Pistol Pete versione 2002. Ma in fondo l’avversario principale di quel Sampras fu un suo coetaneo ( anzi per la verità più vecchio), mentre Federer ha davanti a se un paio di signori che gli rendono circa sei anni.
Ma si può pensare ad un Federer non trai favoriti nel suo giardino? Si può escludere davvero che quel signore che lo scorso anno quasi faceva il miracolo contro l’invincibile serbo non sia in grado di alzare per l’ottava volta il trofeo? A guardarlo ancora oggi contro Groth rispondere di mezzo volo alle bordate avversarie a 240 km/h oppure a vederlo danzare inseguendo la palla in ogni angolo del campo neanche stesse giocando l’ultima partita della vita, non si può escludere nulla.
Magari per una volta nella sua luminosa carriera avanzare a fari (quasi) spenti potrebbe essere il preludio verso la gloria. L’ultima?
L’ombroso Roger Federer verso la sfida finale
E' uno strano Roger Federer quello che si aggira per il suo giardino preferito in questa edizione 2015 dei Championships. Tra la diffidenza della stampa e il suo volto spesso adombrato lo svizzero si avvicina a quella che potrebbe diventare l'ultima settimana trionfale della sua carriera
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