Il racconto ricorda un po’ la scena dell’illuminazione di Jake Blues, alias John Belushi, in “Blues Brothers” dopo aver ascoltato il sermone del reverendo Cleophus James, alias il grandissimo James Brown. Ma mentre quanto accadeva nella chiesa battista di Triple Rock era frutto della fantasia degli sceneggiatori del film, John Landis e Dan Aykroyd, la storia di come il montenegrino Miladin “Mila” Bacovic sia diventato un fan sfegatato di Novak Djokovic è realtà:
“Lo seguo costantemente da 6 anni, da quando nel 2009 è venuto a Niksic e ha partecipato alla cerimonia di consacrazione della chiesa di Jasenovo Polje, nel cui cimitero sono sepolti i suoi antenati. Quando sono riuscito a stringergli la mano e ad abbracciarlo forte, il nostro contatto sembrava non finire mai. La mia vita è cambiata, il mio cuore ha cominciato a battere per Novak. Seguo la sua carriera – i suoi risultati, i suoi avversari – ma anche la sua attività umanitaria con la fondazione che aiuta i bambini in difficoltà. Ho un’enorme quantità di materiale su lui, che per me è una leggenda umana e sportiva. Così come centinaia di foto, messaggi che ho scambiato con Novak, poesie dedicate a lui e a sua moglie Jelena”.
Il 48enne di Niksic, seconda città per importanza del Montenegro, ha raccontato al giornale serbo Vecernje Novosti alcuni aneddoti sulla sua incredibile passione per il tennista serbo. Come quello in occasione della sfida di Coppa Davis tra la Serbia e il Canada, nel settembre del 2013 a Belgrado, quando nei corridoi della Kombank Arena ha incontrato Djokovic, che lo ha reso l’uomo più felice del mondo regalandogli una palla da tennis con il suo autografo.
E di come, per ricambiare, da quel momento Miladin ha iniziato a mandare al tennista di Belgrado regali di tutti i tipi. “Ho lavorato 14 ore di fila per illustrare su un pannello tutta la sua carriera fino a quel momento, pannello che poi gli ho fatto avere tramite un amico. Gli ho inviato le foto scattate al suo matrimonio a Sveti Stefan, così come molte altre che lo gli ho fatto in tutti questi anni. E gliene manderò ancora molte altre, dato che appena adesso è nel periodo di massimo splendore della carriera. Spero veramente che diventi cittadino onorario di Niksic. È una cosa che non mi auguro solo io, ma tutti quanti qui in città. Un regalo più bello, per lui e per noi, non potremmo farglielo”, ha detto Bacovic, che in questi anni ha gioito per le grandi vittorie del fuoriclasse serbo, ma ha anche pianto per le cocenti sconfitte. Come all’ultimo Roland Garros. Dove era presente sugli spalti.
“Ho seguito tutto il Roland Garros, seduto nella tribuna VIP dello stadio Philippe Chatrier in compagnia del jet-set internazionale. Se non fosse stato per Djokovic, chissà se avrei mai messo piede a Parigi. Speravo nel trionfo: dopo la sconfitta contro Wawrinka, mi è sembrato che il mondo mi fosse crollato addosso. Nel rientrare a casa, all’aeroporto Charles de Gaulle ho casualmente incontrato con i suoi genitori, e in qualche modo ho trovato la forza di dire loro: “Wimbledon sarà nostro!””.
Bacovic non è però andato a Wimbledon a seguire la trionfale cavalcata di Nole sull’erba londinese. Era impegnato a supportare in altro modo il suo idolo nella conquista del terzo sigillo ai Championship. Si è infatti recato al monastero di Ostrog, in Montenegro, a chiedere a San Basilio la benedizione per Nole. Il monastero è uno dei maggiori siti di pellegrinaggio presenti nei Balcani, non solo di cristiani di fede ortodossa, ma anche di cattolici e musulmani, e si racconta di miracolose guarigioni avvenute sulla tomba del santo, fondatore del monastero. “Mila” ha poi contattato un membro dello staff di Djokovic chiedendogli di dire al tennista, dopo la finale, che aveva pregato per lui e che le sue preghiere erano state ascoltate.
Il buon Miladin, dopo aver seguito incessantemente le gesta del suo beniamino in questa prima parte del 2015, si regalerà ora una settimana di meritata vacanza a Zabljak, località turistica montenegrina, in modo da essere fresco e riposato per seguire la seconda parte della stagione di Novak, lui stesso in ferie in questo periodo come testimoniato dal blitz alla finale dell’ATP 250 di Umago.
Storie simili di solito fanno sorridere. Purtroppo, dopo quel primo spontaneo sorriso sul volto di molti appassionati di tennis scende un velo di preoccupazione. Perché il pensiero corre immediatamente ad un altro fan, Gunther Parche, tristemente noto per la passione ossessiva per Steffi Graf che lo portò a compiere il folle gesto che interruppe la carriera di Monica Seles. Per la mente squilibrata di Parche, la fuoriclasse jugoslava originaria di Novi Sad era “colpevole” di aver spodestato dal trono del tennis mondiale la tennista tedesca che lui idolatrava e di averne oscurato la fama.
Molto meglio scacciare velocemente questi brutti ricordi e pensare che Miladin sia un fan sfegatato di tutt’altro genere. Alla Serafino, per intenderci. I lettori meno giovani di Ubitennis si ricorderanno del leggendario Serafino, scomparso a soli 34 anni, diventato famoso negli anni Settanta come sostenitore della nazionale di calcio – presente sugli spalti in maglia azzurra, con tamburo e sombrero d’ordinanza – e anche delle squadre italiane impegnate nelle coppe europee (e fu spesso anche ingaggiato da molte società calcistiche italiane, tra le quali le tre “grandi”: Inter, Juventus e Milan). Ma Serafino era anche appassionato di tennis e acceso tifoso della squadra azzurra di Davis, che seguì in moltissime occasioni. Erano gli anni dei “4 moschettieri” azzurri Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli, vincitori dell’insalatiera nel 1976, e proprio durante l’ultimo match disputato da quella squadra – la finale di Davis tra USA e Italia nel 1979 a San Francisco – ci fu un siparietto rimasto celebre tra Serafino e un ventenne John McEnroe.
Ecco, il fan è bello immaginarlo così: una persona che riesce ancora a gioire ed emozionarsi per i propri idoli come quando era bambino. E crucciarsi per una sconfitta, magari credendo ingenuamente che sia anche un po’ colpa sua…
Come Bacovic quando racconta un suo rammarico. Quello di non essere andato al Monastero di Ostrog anche prima degli Open di Francia: “Se lo avessi fatto alla vigilia del Roland Garros, Novak avrebbe conquistato anche quel tempio del tennis!”.