Leggi “L’estinzione dei colpi nel tennis (1a parte) – (2a parte)“ di AGF e Luca Baldissera
Cinque giugno 2010, sei luglio 2013. Queste date rappresentano due momenti significativi nella storia recente del tennis femminile.
Il 5 giugno 2010 è il giorno della finale vinta da Francesca Schiavone al Roland Garros: da allora più nessuna tennista che esegue il rovescio ad una mano è riuscita ad aggiudicarsi uno Slam, ed è difficile ipotizzare che l’evento possa ripetersi a breve.
Il 6 luglio 2013 è invece per molti aspetti l’esatto opposto, il giorno in cui il tennis “classico” ha vissuto forse la più grande disfatta: quel sabato a Wimbledon non solo vinse il singolare femminile Marion Bartoli, vale a dire una giocatrice che eseguiva entrambi i colpi con due mani (oltre al rovescio anche il dritto), ma nella stessa giornata venne disputata la finale del doppio femminile, conquistata da Peng Shuai e Su-wei Hsieh, altre due giocatrici che eseguono entrambi i colpi (dritto incluso) con due mani. Tre quadrumani sul tetto del mondo, nel torneo più prestigioso del tennis.
Considerato il numero relativamente limitato di giocatrici quadrumani, l’evento pareva del tutto improbabile, eppure è significativo che sia accaduto più di recente rispetto alla vittoria di una giocatrice “monomane”. Del resto per quanto riguarda il rovescio ad una mano, alcuni record cominciano ad essere di vecchia data. Oltre a quello citato della vittoria in uno Slam, c’è almeno da ricordare anche l’ultimo giorno in cui una giocatrice ha comandato il ranking (Justine Henin): 18 maggio 2008. Da allora sono passati sette anni e che una tennista dal rovescio classico torni al numero uno del mondo sembra quasi impossibile.
E mentre per gli uomini la situazione è meno critica, tanto è vero che, pur essendo minoritario, il colpo può ancora contare su giocatori vincenti e su un discreta percentuale di presenze tra le giovani generazioni, tra le donne la crisi è profondissima. Non si tratta di un caso, naturalmente; sulle ragioni tecniche che hanno causato la progressiva diminuzione dell’utilizzo del rovescio a una mano nel tennis femminile sino a portarlo vicino all’estinzione, rimando all’approfondimento di Luca Baldissera, che trovate qui (paragrafo 4).
La tabella che segue, con la posizione in classifica delle “One-handed backand” spiega sinteticamente la situazione:
Come si vede, tutte le giocatrici provengono da Spagna e Italia, e si tratta di ultratrentenni, a parte la ventisettenne Carla Suárez Navarro. La vera eccezione è quindi Margarita Gasparyan, fresca vincitrice del torneo di Baku.
Ci sono diverse particolarità che la riguardano e che a mio avviso meritano di essere sottolineate, ma occorre una piccola premessa. Se infatti pensiamo alle migliori interpreti del colpo degli ultimi anni (Henin, Schiavone, Suárez Navarro, capaci di entrare come minimo in top ten), emerge la somiglianza sul piano fisico, visto che sono tutte giocatrici non altissime: Henin 1,67, Schiavone 1,66, Suárez Navarro 1,62.
Aggiungo i dati delle altre tenniste citate: Vinci 1,63, Domínguez Lino 1,63, Brianti 1,65.
Si tratta quindi di giocatrici dalla statura inferiore alla media del circuito attuale, che per dare il meglio di sé più che sulla forza fisica hanno fatto leva sulle doti tecniche, di coordinazione e di timing.
Ma con Margarita Gasparyan ci si trova di fronte ad una situazione completamente diversa: è russa (con un cognome di chiare origini armene), non ha ancora 21 anni ed è alta addirittura 1,83. Sottolineerei soprattutto la questione fisica; non che nel tennis sia obbligatorio essere alte, ma mi pare innegabile il progressivo aumento della statura e la sempre maggiore importanza della forza fisica. Sotto questo aspetto Margarita, a differenza delle altre monomani, almeno non partirà con l’handicap.
Forse la prima volta in cui in Italia si era parlato di Gasparyan era stato in occasione della finale di Fed Cup nel 2013, persa dalla Russia contro l’Italia a Cagliari.
Allora era stata convocata pur essendo oltre il 300mo posto; la sua presenza però era apparsa come la conferma dello scollamento tra le federazione e le giocatrici russe di prima e seconda fascia, che avevano tutte negato la propria disponibilità a causa di impegni in singolare (il “Master B” di Sofia) o per la mancanza di adeguati compensi. Margarita giocò e perse il doppio, disputato a risultato acquisito.
Da allora i progressi sono stati costanti: numero 318 a fine 2013, numero 217 nel 2014, e numero 71 (best ranking) oggi.
Prima di Baku, Gasparyan aveva vinto molte partite a livello ITF (che le sono valse nove tornei in singolare) così come nelle qualificazioni WTA e Slam, ma nessun match nei tabelloni principali. In una settimana non solo si è aggiudicata il primo incontro in un main draw, ma ne ha messi in fila cinque consecutivi, che l’hanno portata a vincere il torneo. In più a Baku ha vinto anche il titolo di doppio insieme ad Alexandra Panova.
Parlare di esplosione forse è eccessivo, dato che la concorrenza era buona ma non di primissimo livello, ma non sottovaluterei i successi contro Cibulkova e Knapp.
Prima della settimana vincente di Baku, personalmente non l’avevo mai vista giocare una partita intera, anche se Margarita si era già tolta la soddisfazione di esibirsi sul campo centrale di Wimbledon contro la numero uno del mondo: era stata sconfitta 6-4, 6-1 da Serena Williams nel primo turno dello Slam appena terminato.
A Baku mi è sembrata una giocatrice piuttosto solida, più a proprio agio nelle fasi offensive che in quello di contenimento, con la capacità spingere da entrambe le parti, e con la tendenza a spostarsi nell’angolo sinistro per eseguire dritti anomali. Ma questo non deve fare pensare che usi il rovescio come un colpo esclusivamente interlocutorio, visto che è capace di ottenere vincenti con un movimento in top spin deciso ed efficace; anche se, a mio parere, sul piano dell’esecuzione non si può avvicinare alla bellezza straordinaria che caratterizza Carla Suárez Navarro.
Mi ha anche colpito per il servizio piuttosto incisivo, stranamente eseguito con un consistente margine di sicurezza nella posizione dei piedi, ben distanti dalla linea di fondo.
Non credo che utilizzare il rovescio ad una mano significhi esibire un gesto in assoluto migliore rispetto a quello a due mani. Però sono convinto che l’estinzione di un colpo, di uno specifico gesto tecnico, rappresenti comunque un impoverimento per il tennis contemporaneo, anche in termini di spettacolo.
La varietà, nel senso della differenza di esecuzioni e di stili di gioco, rimane a mio avviso un valore importante. Per questo mi spiacerebbe assistere alla scomparsa non solo del rovescio classico ma di qualsiasi colpo del tennis, incluso il dritto a due mani citato prima, per quanto poco ortodosso lo si possa considerare.
Nel tennis il contrasto di stili è quasi sempre un buon punto di partenza per produrre partite spettacolari, mentre l’omologazione e l’uniformità spesso si risolvono in match ripetitivi e poco interessanti.
Ecco perché mi pare particolarmente positiva la presenza di una giocatrice giovane capace di mantenere viva l’eredità del rovescio ad una mano, di fronte all’avanzare dell’età delle ultime “sopravvissute”. Sotto questo aspetto Gasparyan è molto più importante del 71mo posto del ranking che occupa; e c’è da augurarsi che, quanto meno, nel prossimi anni possa calcare con regolarità i campi dei grandi tornei femminili.
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