Erano i ruggenti anni Venti e il Grande Gatsby del tennis era l’americano di Filadelfia William “Bill” Tilden, alto, bello e quasi imbattibile. Nel 1927 si presentò ai Campionati Internazionali di Francia forte di un formidabile record: due vittorie a Wimbledon, ben sei affermazioni consecutive ai Campionati degli Stati Uniti (per parlare solo del singolare) e soprattutto sette conquiste ininterrotte della Coppa Davis dal 1920. Inutile dire che era il numero uno del mondo. Per la verità una persona convinta di batterlo c’era: René Lacoste. Non era certamente l’ultimo arrivato, il celebre “coccodrillo”, soprannome di cui fece poi un brand mondiale. Aveva già in bacheca tre slam: Wimbledon e Parigi 1925 e Forest Hills 1926, oltre alle Olimpiadi di Amsterdam 1924. Capeggiava quei famosi quattro moschettieri che proprio in quell’anno decollarono verso la leggenda. Aveva studiato, vivisezionato il gioco dell’americano annotando mille appunti su un taccuino, ne aveva identificato i punti deboli; aveva insomma applicato per primo criteri scientifici allo sport. E il passaggio di consegne avvenne allo Stade de France (il Roland Garros fu costruito l’anno successivo proprio per celebrare le gesta dei Mousquetaires) al termine di un match indimenticabile il cui score 6-4 4-6 5-7 6-3 11-9 dice tutto. E i compagni di squadra di Lacoste non furono da meno, dato che Cochet e Brugnon vinsero il doppio e Borotra il misto. Ma il bello doveva ancora venire: a settembre i quattro eroi francesi andarono a prendersi la Coppa Davis in casa di Tilden, nel Challenge Round di Filadelfia. Lacoste ribatté Big Bill, stavolta in quattro set, e i Moschettieri si tennero l’insalatiera per sei anni consecutivi. Che anno storico, quel 1927!
Franco Cervellati