[32] F. Fognini b. S. Johnson 2-6 6-3 6-4 7-6 (2) (da New York, Vanni Gibertini)
Porta a casa una gran partita il nostro Fabio Fognini, che riesce a ribaltare un match iniziato veramente male e ad interrompere così un digiuno di vittorie sul veloce che durava da quasi 10 mesi, ovvero dal primo turno del torneo di Valencia 2014, quando aveva sconfitto lo spagnolo Ramos prima di fermarsi davanti a Murray.
Nonostante gli inevitabili drammi che una partita di Fognini inevitabilmente propone, il ligure è stato bravo a non andare via di testa dopo un primo set giocato in maniera quasi perfetta da Johnson (22 vincenti e solo 2 errori gratuiti) e nel quale in servizio non lo ha per nulla sostenuto (un misero 38% di prime palle e 27% di punti vinti sulla seconda). Volato via il primo parziale in soli 23 minuti, il Fabio nazionale ha beneficiato dell’atteso calo di Johnson, che ha iniziato a sbagliare qualcosa soprattutto con il rovescio tagliato, ed ha iniziato a patire molto il fatto di palleggiare piuttosto lontano dalla riga di fondo, venendo costretto spesso e volentieri a correre da una parte all’altra del campo dalle accelerazioni di un Fognini ben posizionato dentro al campo.
Steve Johnson, in ogni modo, ha le sue colpe per la sconfitta subita: il californiano ha avuto numerose occasioni per staccare l’avversario, ma spesso e volentieri non ne ha saputo approfittare, come sul 2-0 nel secondo set, quando ha restituito immediatamente il break a Fognini perdendo il game da 40-15 con un doppio fallo e ben tre gratuiti. Oppure come nel terzo set, quando è stato per ben due volte in vantaggio di un break, e si è sempre lasciato riacciuffare, finendo poi per cedere il parziale per 6-4 subendo sempre di più la risposta di Fognini che man mano che passavano i minuti riusciva a contrastare in maniera sempre più efficace il servizio di Johnson.
Pazzesco anche il quarto set, nel quale Johnson è andato avanti subito di un break sul 2-1, sfruttando un calo di tensione di Fognini, che ha commesso due doppi falli, uno all’inizio ed uno alla fine del game; poi però è mancato sul più bello, quando servendo per il set sul 5-4 (dopo essersi visto annullare un set point sul 5-3 da un ace dell’italiano), Johnson ha ceduto il servizio a zero con tre doppi falli consecutivi, un paio dei quali con servizi fuori di diversi metri. A quel punto Fognini si è arrabbiato con l’arbitro, reo di non aver ammonito Johnson per abuso di racchetta (sarebbe stato un penalty-point, dal momento che l’americano era già stato ammonito nel secondo set per aver scagliato una palla fuori dalle tribune del campo 17). La sfuriata però probabilmente gli ha fatto bene, perché non solo ha annullato con grande brillantezza le due palle break nel gioco successivo, ma soprattutto perché nel tie break ha sfoderato alcuni colpi da cineteca che lo hanno mandato subito 5-0 per poi chiudere 7-2 dopo 2 ore e 40 minuti di match.
A parte l’ammonizione rimediata per aver lanciato la racchetta contro i teloni di fondo sul 2-4 nel quarto set, Fognini ha comunque fatto vedere progressi comportamentali in una partita difficile, giocata “fuori casa” contro un americano, con parecchio rumore intorno (c’era la cerimonia di inaugurazione del tetto del centrale in corso, e la musica si poteva sentire distintamente sul campo 17), e con tante situazioni nelle quale avrebbe potuto “sbroccare”. Forse è merito di “Carlo”, l’alter ego che Fognini si è inventato in modo da poter urlare un nome a caso invece di imprecare e rischiare l’ammonizione. “Carlito Perez di Pordenone Terme” è il suo pseudonimo, creato da Bolelli, che viene usato da Fognini per sfogare la sua rabbia senza sconfinare nel turpiloquio. Se funziona, noi siamo tutti con Carlito.
https://soundcloud.com/ubitennis/fognini-ogni-tanto-larbitro-si-addormentava
[25] A. Seppi b. [Q] T. Paul 6-4 6-0 7-5 (da New York, Vanni Gibertini)
La prima vittoria italiana dell’US Open 2015 arriva per mano di Andreas Seppi, che passa al secondo turno senza perdere un set superando, non senza qualche patema, il qualificato americano Tommy Paul, classe 1997, campione in carica del Roland Garros junior. Il match, programmato sul campo 6, ha offerto a protagonisti e pubblico l’”esperienza Flushing Meadows” in tutte le sue sfaccettature: caldo umido appiccicaticcio nonostante il cielo a tratti coperto, grande trambusto di sottofondo dovuto alla prossimità della South Plaza e del campo 5 sul quale era impegnato Dimitrov prima e Tommy Haas poi, palle che piovono dai campi adiacenti e gente che si muove con grande disinvoltura durante il gioco.
Seppi ha fatto leva sul suo grande mestiere per venire a capo di un match che avrebbe anche potuto complicarsi più del dovuto, dato che nel primo parziale l’italiano ha dovuto rimontare da 1-4, dopo aver salvato due palle per lo 0-4 ed altre due chance del 2-5. La partenza “diesel” di Andreas era stata contrata magnificamente dall’esuberanza giovanile di Paul, che senza alcun timore reverenziale aveva iniziato con l’acceleratore a tavoletta e non aveva perso tempo ad avvantaggiarsi dell’atteggiamento attendista di Seppi. Dall’1-4 però il giovane yankee comincia ad irrigidirsi troppo, andando sopra giri in diverse occasioni e cedendo la battuta dal 40-15 sul 4-2 in suo favore. Da lì Seppi mette a segno una sequenza di 11 giochi consecutivi che gli consentono di riacciuffare il primo set per 6-4 ed il secondo per 6-0 dopo meno di un’ora di gioco.
Si poteva pensare che il match sarebbe proseguito senza scossoni verso la fine, ma Seppi si concede un’altra pausa, soprattutto con il diritto, che nella giornata lo ha spesso tradito (ha ripetutamente dato segno di non essere contento della tensione delle corde), e si fa breakkare per lo 0-2 in apertura di set. Saranno ben 12 gli errori gratuiti per Andreas dalla parte destra nel terzo set, vinto anche questo in rimonta, anche se in maniera molto meno agevole. Paul infatti è molto più abile a mantenere lo scambio, riuscendo a tenere molto bene con il rovescio bimane e trovando anche qualche pregevole conclusione vincente al termine di scambi prolungati. Andreas è comunque molto concreto nei due game nei quali ottiene il break, prima per impattare e poi per andare a servire per il match sul 5-4. Qui però l’alto-atesino si incarta in diversi errori piuttosto banali, tra cui un diritto a campo aperto in rete ed un doppio fallo su uno dei due match point avuti a disposizione, e concede il 5-5. Il giovane Paul però anche lui sente la pressione del momento e non approfitta dei diritti di Seppi sempre piuttosto corti, concede quattro errori gratuiti da fondo e dà il via libera ad Andreas, il quale chiude al quarto match point, non senza aver commesso un altro doppio fallo sul terzo.
Ascolta Seppi e Paul nelle interviste post-match
Ascolta coach Sartori su Seppi e sul suo giovane avversario di oggi
https://soundcloud.com/ubitennis/massimo-sartori-seppi-ora-si-diverte-di-piu-sul-cemento-paul-un-talento-sicuro-ma-deve-migliorare-il-dritto
M. Fish b. M. Cecchinato 6-7(5) 6-3 6-1 6-3 (da New York, Luca Baldissera)
Il grandstand adiacente al vecchio centrale, il Louis Armstrong stadium, insieme al “court” 17 è forse il campo dove si crea l’atmosfera più coinvolgente per spettatori e giocatori qui a Flushing Meadows. E’ probabile che la scelta di programmare il match tra Mardy Fish (attualmente 581 ATP, ma ex numero 7), all’ultimo torneo della carriera e amatissimo dal pubblico, e Marco Cecchinato (106 ATP), esordiente assoluto in un tabellone Slam, in un catino del genere, dove il tifo può fare la differenza, non sia stata casuale.
La mattinata è calda, con cielo velato e umidità notevole, gli spalti si vanno rapidamente riempiendo mentre Cecchinato, comprensibilmente contratto, cede il servizio d’apertura. Fish al contrario entra subito in partita, in particolare con i colpi di inizio gioco, si porta sul 2-0, ma l’italiano è bravissimo a scrollarsi la tensione di dosso, mette a segno un bel passante lungolinea di rovescio, tiene la battuta e rimane in scia. Sul 3-2 Fish con l’americano al servizio manca una palla break, poi si procede seguendo i turni di battuta fino al 5-4 Fish, quando Mardy, nel momento di chiudere, concede altre due palle break, la seconda delle quali viene sfruttata da Marco: 5 pari. Qui l’italiano annulla bene col servizio il primo break point dal game d’esordio, e completa il sorpasso andando 6-5 sopra.
Fish sembra perdere sicurezza, concede e annulla tre set point (il terzo con una grande demi-volée), e grazie a una risposta di rovescio steccata da Cecchinato si rifugia nel tie-break. Dopo uno scambio di minibreak, Fish sul 5 pari con due gratuiti cede il parziale. Ottimo Marco in particolare a livello di solidità mentale, Mardy brillante ma discontinuo (24 gratuiti non sufficientemente bilanciati da 18 vincenti), primo set meritatamente azzurro. Curiosamente, il giudice di sedia continua a pronunciare il nome dell’italiano come “Ceccinato“. Corrado Barazzutti, seduto a lato della tribuna stampa, sembra soddisfatto, così come coach Cristian Brandi.
A inizio secondo set, Fish grazie a un calo di tensione di Cecchinato, si porta sul 2-0, ma viene subito ripreso dall’italiano. Mardy ora sembra distratto, alza spesso gli occhi al tabellone del punteggio, l’impressione è che anche fisicamente Marco ne abbia nettamente di più. Si procede seguendo i servizi, finchè un po’ a sorpresa Cecchinato si incarta in due errori di rovescio, cede la battuta, e manda Fish a servire sul 5-3: arrivano due setpoint consecutivi annullati, due palle break, e poi alla terza occasione l’americano chiude 6-3. Un secondo parziale più concesso dall’italiano che conquistato da Mardy, ma tant’è.
Comincia il terzo, e mentre Fish sembra rinato Marco appare sempre più bloccato, va sotto 3-0 con due break, e chiama il fisioterapista per un fastidio alla parte bassa della schiena. La qualità del gioco non è alta ora, molti errori da parte di entrambi, ma Cecchinato sembra aver perso lucidità prima ancora che brillantezza fisica, e il modo con cui cede il terzo set per 6-1 ne è la dimostrazione. Stesso andamento, purtroppo, anche nel quarto: tutta la solidità che aveva permesso a Marco di contenere alla grande, e mettere anche sotto, l’esperto americano, è scomparsa. Tanti, troppi rovesci sbagliati, poca continuità – che sarebbe l’arma migliore di Marco, che si rimprovera ad alta voce per le poche prime palle messe in campo, qualche bella cosa di Fish, e dopo aver annullato match-point sul 2-5, Cecchinato cede per 6-3 al quarto set. Peccato per il risultato, ma bellissima esperienza per il nostro giocatore, con l’augurio che sia un punto di partenza importante per il futuro.
https://soundcloud.com/ubitennis/cecchinato-grande-esperienza-per-me-la-partita-e-girata-in-pochi-punti
Ascolta Cristian Brandi, allenatore di Cecchinato ed ex allievo di Riccardo Piatti, elogia il suo pupillo: “E’ da primi 50 del mondo”.
https://soundcloud.com/ubitennis/cristian-brandi-ex-allievo-piatti-marco-e-da-top50mp3
[14] D. Goffin b. S. Bolelli 6-4 6-1 6-2 (da New York, Ruggero Canevazzi)
Simone Bolelli resiste un set contro un ottimo Goffin, l’italiano è partito bene con colpi profondi e servizi potenti, ma si è spento alla distanza subito dopo aver perso il primo set, carico di rimpianti per non aver sfruttato una palla-break a suo favore che lo avrebbe mandato sul 4-2, ma soprattutto per non aver raccolto i regali del belga nel sul 4-3 e servizio Goffin, dopo che la tds n.14 aveva strappato lui il servizio all’italiano nell’ottavo game. Gli altri due set sono stati un monologo di Goffin, che ha alternato ottime giocate, ace e servizi convincenti, a fronte degli errori e dei colpi leggeri dell’azzurro, davvero in cattiva giornata. Dopo 1 ora e 33 minuti di partita un azzurro è già fuori dagli Open.
La giornata di Bolelli comincia alle 11 sul campo 13, ma il clima tropicale con relativa umidità rende forte la tentazione di seguire il match dalla TV della sala stampa. Come se non bastasse, il chiasso proveniente dagli altri campi è enorme: “Lockdown of Heaven” di Bruno Mars è solo la prima canzone di una playlist che non finirà mai se non alla fine della giornata… Finita qui? Niente affatto, perché le urla dell’inserviente che dà indicazioni a chi deve entrare sembrano, anzi sono, ininterrotte: “Go back, on your right”, come se fosse un mantra. Come facciano i giocatori a giocare in questo contesto è un mistero che amplifica l’ammirazione verso i protagonisti della racchetta.
Simone parte bene con topponi profondi ma Goffin è in palla e si arriva al 3-2 Bolelli molto velocemente. Qui l’azzurro parte si procura una palla-break grazie a una gran risposta di dritto lungo linea in anticipo, ma non riesce a sfruttarla. Nel gioco successivo è allora il belga a brekkare il tennista di Budrio, che chiude mestamente con un doppio fallo. Sul 4-3 e servizio Goffin, c’è subito l’occasione di restituire il break, ma sul 15-40 Goffin annulla la prima palla-break e sulla seconda una pessima risposta lunga dell’azzurro su una seconda non irresistibile del n.14 del mondo fanno svanire l’opportunità. Goffin chiude 6-4 dopo 37 minuti di partita.
Il match è comunque gradevole, ma non la pensa così un’attempata coppia alla mia destra in tribuna, serenamente assopita tra le braccia di Morfeo. Si riveleranno degli intenditori formidabili, dato che i due set successivi sono un monologo di David Goffin, che chiude il secondo parziale 6-1 al primo set-point, strappando tre violte la battuta a Bolelli. Nel terzo Simone accenna una reazione, ma il belga oggi è troppo superiore e chiude 6-2 dopo poco più di un’ora e mezza. Brutta giornata per Bolelli, apparso dopo il primo set dimesso e impotente. Goffin affronterà al secondo turno il vincente di Berankis-Sousa.
In conferenza stampa, Bolelli ha ammesso di non aver giocato bene, specificando che dopo Wimbledon i problemi alle ginocchia lo hanno costretto a stare fermo un mese. Si è poi espresso sulla Davis in Russia e sul doppio che qui lui e Fognini giocheranno contro il filippino Huey e il britannico Fleming.
R. Vinci b. V. King 6-4 6-4 (da New York, Luca Baldissera)
Una dote fondamentale per un professionista di alto livello, nel tennis, è la capacità di ricavare il massimo da quello che si ha a disposizione in ogni singolo momento: calma, testa e tattica, insomma, e Roberta Vinci ne ha da vendere.
Opposta alla “rediviva” Vania King (attualmente 414, ma ex 50 WTA), sul campo 13, l’azzurra è incappata in una giornata storta con il dritto, tanti errori gratuiti, steccate, palle affossate in rete. Capita. Ma senza perdere di vista il piano tattico del match, Roberta ha capitalizzato al massimo il gioco sulla diagonale sinistra, seppellendo l’avversaria di slice micidiali con il rovescio, e costringendo la King ad autentiche fughe in avanti quasi sempre concluse con goffi tentativi di tirare su da sottorete le rasoiate bassissime della Vinci.
Sotto di un break in entrambi i set (4-2 nel primo, 3-0 e poi ancora 4-2 nel secondo), Roberta ha saputo reagire subito, ed è bastato tenere qualche scambio in più sulla diagonale del dritto, che l’americana era costretta a cercare per evitare i terribili tagli dell’azzurra, per recuperare e poi superare definitivamente la King. 6-4 6-4, ed ora la ceca Denisa Allertova (77 WTA, 22 anni, nessun precedente con la Vinci) per provare a farsi strada in una parte del tabellone molto alleggerita dalle sconfitte di numerose teste di serie.