Da New York Antonio Volpe Pasini
L’hanno già soprannominata “Marathon Woman”, il 7-6 (4) 6-7 (4) 6-2 in 3 ore e 23 minuti – che rappresenta il record di durata di un match di singolare femminile agli Us Open (7 minuti in più di Stosur-Petrova del 2011) – con cui ha battuto la spagnola di origine venezolana Garbine Muguruza, finalista a Wimbledon, l’ha fatta prepotentemente entrare nell’ “antiOlimpo” del tennis mondiale. Il passo decisivo potrebbe compierlo al terzo turno se riuscisse a battere la tedesca Andrea Petkovic, numero 18 del tabellone.
Già per come sono andate finora le cose, però, la 24enne suddita di Sua Maestà britannica di origine ungherese si è meritata titoloni su tutti i giornali ed è diventata una beniamina del pubblico che affolla gli spalti degli Us Open.
Il primo botto, sia pur in sordina, lo ha sparato riuscendo a qualificarsi per il tabellone principale, e poi superando il primo turno contro la wildcard americana Louisa Chirico in 6-3 6-0, ma subito dopo l’esplosione si è sentita eccome contro la Muguruza.
Per Johanna, alla sua ottava partecipazione in un torneo del Grande Slam si tratta del miglior risultato in carriera. Solo una volta infatti ha superato il primo turno (negli Us Open del 2012) e mai ha vinto un titolo del Wta Tour. Il vento però è cambiato dopo l’uscita al primo turno a Wimbledon. Da allora ha inanellato una serie di 15 vittorie consecutive conquistando due titoli ITF in Canada (a Granby e a Vancouver) e si trova ora a soli 100 punti dalla miglior giocatrice inglese, Heather Watson, che occupa il 61mo posto del ranking mondiale.
Nonostante tutte le attenzioni, però, la Konta mantiene i piedi ben piantati per terra.
“Prima o poi perderò – ha detto dopo la sua impresa parlando con la Bbc – non sono invincibile. Mica sono Serena”.
Johanna è decisamente una giramondo. E’ infatti nata a Sydney, in Australia, il 17 maggio del 1991 da genitori ungheresi. Il padre, Gabor, fa l’albergatore, mentre la madre Gabriella è dentista. All’età di 14 anni, nel 2005, si è trasferita in Inghilterra, stabilendosi a Eastourne e il 2 maggio del 2014 è diventata cittadina inglese. Due anni dopo ha deciso di trasferire il suo “campo base” per gli allenamenti a Gijon, in Spagna.
A portarla al tennis è stato quasi il caso, e il fatto che ci fossero dei campi vicino alle scuole elementari che frequentava a Sydney.
“Mio padre avrebbe voluto che diventassi una nuotatrice – racconta in un’intervista di Kevin Mitchell per The Guardian – ma soffrivo di infezioni alle orecchie. Allora ho fatto un po’ di atletica. Correvo gli 800. Ho vinto parecchie gare ma non sono mai andata molto in là perché contemporaneamente giocavo a tennis. L’unico motivo è perchè c’erano dei campi vicino a scuola dove tenevano dei corsi pomeridiani e i miei lavoravano. Se si fosse trattato di un centro di atletica forse la storia sarebbe andata in modo diverso”.
Per ora, Johnanna si gode questo momento di inaspettata fama, ma un piccolo sassolino da togliersi dalle scarpe ce l’ha: quello del nome.
“Il mio nome è Johanna, con l’enfasi sulla h. Mi chiamo così e così mi piace essere chiamata – puntualizza – Certo, rispondo anche quando mi chiamano Jo, ma adesso che la gente comincia a parlare di me preferire lo facesse nel modo giusto”.