La tedesca Sabine Lisicki, 26 anni quasi compiuti, è una ragazzona (1.78 per 70kg) estremamente gradevole come persona, sorridente, solare e disponibilissima. La vedi uscire dal corridoio degli spogliatoi, o gironzolare nel “player’s garden” che qui è liberamente accessibile dai media, scambia sempre volentieri due parole, è bionda e con la treccia, e te la immagini con vestitone tradizionale bavarese, e tre boccali di birra da litro per mano, come le “kellerine” della Oktoberfest. Gioca un tennis molto spinto, pieno di rischi, basato su un grandissimo servizio (nelle charts delle “tournament stats leaders” qui allo US Open, prima di venire sconfitta oggi da Simona Halep, era prima a pari merito con Venus Williams come numero di ace, e come velocità massima raggiunta dalla prima palla, 33 e 201kmh rispettivamente), e su un dritto terribilmente efficace soprattutto in termini di traiettorie.
Il suo best-ranking è stato di numero 12 WTA, e attualmente occupa la ventiquattresima posizione. Come sempre accade in questi casi, vedendo la qualità del suo tennis così esplosivo e propositivo, ci si chiede come mai “Bum Bum Bine” non sia ancora riuscita a sfondare il muro della top-ten, in particolare dopo l’exploit della finale di Wimbledon 2013 giocata e persa con Marion Bartoli. Il motivo, banale, è una grande emotività: troppo spesso cede di testa, si incarta in serie infinite di errori gratuiti, arrivando al limite delle lacrime in campo, e mostra un’insufficiente capacità di gestire i momenti importanti dei match che contano davvero.
A livello tecnico, però, Sabine è un fenomeno di colpitrice, senza discussioni. Mentre osservavo l’allenamento, stamattina, c’era qualcosa che non mi tornava, soprattutto nel ritmo dello scaricamento del peso in avanti quando colpiva il dritto. Guardo meglio, e mi rendo conto di una cosa decisamente particolare, a dire poco. Analizziamo per bene gli appoggi: nella sequenza in testa al pezzo (sono tutti dritti diversi, non un unico colpo scomposto) vediamo Sabine in fase di riscaldamento, non stava colpendo al massimo, ed è partita da una stance praticamente “neutral” (affiancata), per poi gradatamente aumentare l’intensità caricando il peso sempre di più sulla gamba esterna (la destra) andando verso la “open” stance (frontale) standard. Fin qui, nulla di strano.
Ma guardiamo ora la sequenza di dritti qui sopra, sempre uno diverso dall’altro, ma eseguiti in successione: cosa ci combina Bum Bum Bine, e adesso sta spingendo sempre di più, fino al massimo? Nel primo dritto da sinistra, carica in open stance piena, nel secondo ancora di più, e poi va oltre, nel terzo e nel quarto arriva a una postura degli appoggi detta “passo in dinamica”, con piede destro più avanzato del sinistro, insomma il contrario di quello che si fa di norma, e quando lo si fa (solo in avanzamento dinamico per l’appunto) si porta poi avanti la gamba sinistra, per equilibrare, insieme alla racchetta. Swing a colpire e piede sinistro in avanti, contemporaneamente. Colpo estemporaneo, usato relativamente poco. Lisicki, invece, utilizza questo tipo di appoggi praticamente sempre (su palle comode dove può andare in spinta, s’intende) piantando lì il peso, aprendo la spalla destra in modo estremo, buttando dentro l’anca, e a quel punto se apre abbastanza il busto e decide di ritardare, parte il lungolinea, e se decide di anticipare e chiudere, può stringere il cross quanto vuole. Il tutto dalla stessa identica posizione dei piedi, messi al contrario, senza effettuare alcun aggiustamento in avanti con il sinistro. Incredibile.
Praticamente, fa il dritto come fosse mancina (a livello di posizionamento delle gambe), ma invece è destra. E questo è il motivo per cui manda ai matti le avversarie spesso e volentieri con quel colpo, che è completamente nascosto, illeggibile. Oggi la Halep ha vinto di testa, ma è rimasta ferma a metri dalla palla tante volte, e prendere letteralmente in giro con le traiettorie una tipetta svelta, cattiva e intelligente tatticamente come Simona è un’impresa non da poco. Dal centro del campo, con quel dritto ogni volta è un rigore, e ti fa pure la finta a volte. Ci vorrebbe un minimo di tranquillità e lucidità in più, Sabine, perchè con tutta la potenza, e queste finezze tecniche che hai, sarebbe davvero ora di arrivare in fondo a un evento di quelli pesanti, e non fermarti sul più bello come a Londra.
Gli (s)punti tecnici precedenti:
– David Ferrer, dare tutto e anche di più
– Johnny Mac e il cuore di New York
– Grigor Dimitrov, specchio specchio delle mie brame
– La reattività frenetica di Camila Giorgi
– Il servizio estremo di Ivo Karlovic