Mattinata davvero rovente, oggi, a Flushing Meadows: ottima cosa l’aver trovato nei recessi dello zainetto porta-tutto, tra computer, telefoni vari, confezioni di overgrip che mi sono portato per sbaglio fin qui, e quarti di dollaro sciolti e viaggianti tra le tasche interne, il tubetto di protezione solare 30 che era lì dall’Australian Open, gentile omaggio degli organizzatori “aussie”. Niente paura, quindi: una spalmata generosa da tedesco in vacanza a Rimini, iced-frappuccino (per forza), e via sulla passerella bassa alla spalle dei courts di allenamento dall’uno al cinque, subito alla destra del cancello d’ingresso per gli accreditati sul lato est dello USTA Tennis Center.
Dalle nove in poi, come detto, il solleone ha cominciato a picchiare veramente, e di sicuro i campi di cemento, che riflettono e irradiano il calore moltiplicandone gli effetti, non aiutano i giocatori: tutti, nessuno escluso, dai big agli junior, fino ai per me leggendari campioni del “wheelchair tennis” (a proposito, domani alle 12 locali esordisce sul court 17, la mini-arena, la testa di serie numero uno Shingo Kunieda, qui vincitore due volte, 2007 e 2014, 16 titoli Slam in singolo totali, se riesco vado a vederlo almeno un po’, questione di ammirazione e rispetto), tutti quanti, dicevo, ogni dieci minuti massimo di palleggi si accasciavano negli angoli all’ombra per reidratarsi e respirare un po’ meglio.
Dopo aver seguito sessioni molto interessanti (prossimamente su questi schermi), stavo per tornare al fresco della sala stampa, quando vedo arrivare Roberta Vinci: attualità – e orgoglio nazionale – chiamano, e per quanto già cotto ho dovuto restare ancora un po’. Oltre al fatto che in una giornata tanto calda allenarsi alle undici passate è notevole segno di dedizione, quello che mi è piaciuto proprio tanto del lavoro svolto da Roberta e Francesco Cinà (oltre al bel servizio della Vinci, alta solo 1.63, che con polso morbido, caricamento bello composto, e pronazione violenta solo alla fine, tira degli slice da urlo, lo vedete in testa al pezzo) è stata l’attenzione alle varie esecuzioni del dritto.
Come vediamo qui sopra, sono dritti eseguiti in serie, la open stance (postura frontale) è perfetta: basta osservare i piedi di Roberta e la riga di fondocampo, si sovrappongono sia in fase di caricamento che in fase di rilascio dello swing. Cinà la incitava a spingere con le gambe, a mettere il peso sopra la palla, e sarà molto importante, se vuole avere almeno una chance di non essere travolta da Serena Williams in semifinale. Lo slice da sinistra della Vinci è magnifico, ma come tutti i rovesci con il taglio all’indietro non è praticamente mai un colpo che produce il vincente, ma apre il campo per il successivo affondo da effettuare appunto con il dritto.
Che è il colpo “cartina di tornasole” del gioco di Roberta, il taglio di rovescio se lo “porta da casa”, non è allenare quello che cambia le cose (anche se si fa eccome, s’intende). Le possibilità con Serena sono poche, bisogna essere obiettivi: ma quelle poche che ci sono, passano per una grande pressione e ottime percentuali con il dritto. Roberta ha sudato sotto il sole un bel po’, tirandone uno dopo l’altro, e se non dovesse bastare, certamente si potrà comunque dire che ha fatto tutto quello che poteva.
Gli (s)punti tecnici precedenti
– L’illeggibile dritto con appoggi al contrario di Sabine Lisicki
– David Ferrer, dare tutto e anche di più
– Johnny Mac e il cuore di New York
– Grigor Dimitrov, specchio specchio delle mie brame
– La reattività frenetica di Camila Giorgi
– Il servizio estremo di Ivo Karlovic