Al cuore non si comanda. E quando si respira tennis la voce di Raffaella Reggi vibra come un violino, emozionata come se fosse ancora in campo.
È sempre un piacere parlare di tennis con chi per anni ha portato in giro per il mondo la bandiera italiana con classe ed eleganza. Raffaella Reggi non si tira mai indietro, schietta e sorridente, quando si tratta di esprimersi su quello che “ è stato, è e sarà la mia vita e che ancora mi da grandissime emozioni”.
L’abbiamo raggiunta a margine di Itennisyou, una manifestazione benefica di cui Raffaella è testimonial organizzata dal Comitato di Collaborazione Medica e dall’associazione “Da Campioni” per aiutare le mamme e i bambini africani. L’ex numero 13 del mondo ha espresso tutta la sua gioia per la straordinaria impresa di Flavia Pennetta e Roberta Vinci, non nascondendo qualche preoccupazione per il futuro del tennis azzurro in gonnella.
Raffaella, dopo tanti anni sei tornata a New York, sul luogo del “delitto”, dove hai raccolto forse la tua più grande soddisfazione, il trionfo in doppio misto con Casal nel 1986?
Beh, tutto quello che è venuto nella mia carriera è stato inaspettato, ricordo le vittorie ma anche molto bene le sconfitte. Quella con Arantxa Sanchez sul Centrale di Wimbledon non l’ho mai dimenticata…Tornare a New York è stato bellissimo, è una città che ho sempre venerato, mancavo da ventuno anni e rivivere l’atmosfera del Centrale, anche se è cambiato tutto, è stato fantastico. E poi si, vedere la targhetta con il mio nome mi fa ancora un certo effetto…
Tu che sei stata una delle prime azzurre ad essere competitiva ai più alti livelli, che cosa hai provato nel vedere Flavia Pennetta e Roberta Vinci contendersi il titolo agli Us Open?
È stato bellissimo perché anche se è un po’diverso il doppio dal singolo, mi sono immedesimata nelle loro sensazioni e nelle loro emozioni. Siamo in un paese in cui sono bravi tutti a salire sul carro del vincitore ( anche sull’aereo n.d.r.), ma nel mio piccolino piccolino sono molto orgogliosa di essere stata la prima a convocare Flavia in Fed Cup quando ero capitano. Ricordo che a Bari aveva 16 anni e non volevano che la convocassi ma io fui decisa ad averla come quinta. Anche Roberta ha esordito con me in Fed Cup, ho seguito tutto il loro percorso, sono ragazze umili anche fuori dal campo, con valori importanti, l’amore per la famiglia. Io penso che se lavori come si deve i risultati prima o poi arrivano.
Sei rimasta sorpresa dall’annuncio di Flavia subito dopo la vittoria?
Devo confessare che me lo auguravo. Non è facile, ma penso sia una decisione da grande donna e da grandissima campionessa. E conoscendola non credo che tornerà sui suoi passi, nemmeno per le Olimpiadi. Quando Flavia decide una cosa è difficile farle cambiare idea.
Pensi che Fabio Fognini possa trarre giovamento dalla vicinanza di Flavia, soprattutto adesso che non giocherà più?
Si, ne sono fermamente convinta. Ne abbiamo parlato spesso, Flavia è una ragazza straordinaria, può essere solo uno sprone positivo per Fabio. Sinceramente non credo che dopo anni a girare il mondo abbia ancora voglia di farlo, è molto legata anche alla sua famiglia. E poi magari dopo le Olimpiadi di Rio la chiameranno a fare il Capitano in Fed Cup…
A proposito di Fed Cup, credi che i risultati raggiunti in squadra siano serviti a far maturare una consapevolezza nei propri mezzi alle azzurre?
Mah, non credo siano state tanto importanti le vittorie, quanto il gruppo che si è formato tra le ragazze. Non è assolutamente facile soprattutto tra noi donne formare un gruppo affiatato, invece credo che Francesca, Sara, Roberta e Flavia si siano stimolate a vicenda, credo si sia trattato di un tirarsi l’una con l’altra. Il problema è che dietro a queste ragazze la vedo molto grigia. Molto, molto grigia.
Non credi che Camila Giorgi possa imparare dall’esempio delle altre azzurre?
Ci vuole innanzi tutto molta umiltà. Hai detto bene tu, bisogna cercare di imparare da queste ragazze, guardando anche al percorso che hanno fatto, alle scelte, alla gestione della carriera. Non conosco personalmente Camila e nemmeno suo padre, dico solo che lei avrebbe tutte le carte in regola per essere tra le prime al mondo, ha un fisico strepitoso e un peso di palla pazzesco. Quello che mi ha sempre colpito in Flavia Pennetta è l’intelligenza nell’adattarsi al gioco di chi si trova di la della rete. Camila ha a volte la presunzione di voler spaccare la palla senza nemmeno guardare contro chi gioca. Quando sento dire “io il piano B non ce l’avrò mai, questo è il mio gioco” lo trovo un po’ presuntuoso. È un peccato, è davvero un peccato ma ripeto io parlo dall’esterno.
Cosa pensi della vittoria di Roberta con Serena Williams ad un passo dallo Slam? È la vittoria di un tennis che non c’è più?
Innanzi tutto sono felice che non si parli più di Roby solo come doppista. In doppio per me è ancora la numero 1 al mondo insieme alla Hingis per come si muove, per le geometrie e per come gioca a rete. In singolare gioca in modo molto diverso da tutte le altre, back, tagli, variazioni, palle basse. Serena non era molto abituata, ma senza togliere nulla ai meriti di Roberta, tutto il percorso degli Us Open di Serena è stato tortuoso. L’ho vista dal vivo contro Bertens e Mattek e già poteva uscire, poco continua, fallosa. Roland Garros e Wimbledon sono stati simili come percorso ma nei momenti chiave si vedeva che in un modo o nell’altro avrebbe portato a casa il match. Qui ha fatto fatica subito. Il gioco di Roby non lo insegnano più, chi vuoi che insegni il serv&volley, gli attacchi in controtempo, è troppo difficile.
Una battuta sulla finale maschile, era impossibile chiedere di più a Federer?
Ma sai, Roger è sempre uno spettacolo ed ha avuto le sue buone occasioni. Se si giocasse due set su tre sarebbe tutta un’altra cosa. Ma quell’altro…Djokovic è un caterpillar! Può giocare male durante il torneo ma quando arriva in finale e si trova davanti Federer tira fuori il meglio, alza il livello con un’intensità incredibile e non sbaglia mai nei momenti importanti.
E Nadal? Non lo ritroveremo più ai vertici?
Ti dico la verità, l’ho visto in allenamento a New York e l’ho visto molto bene. Io credo sia solo ed esclusivamente un problema di fiducia. Il vero Nadal avanti due set e un break con Fognini non perde mai, invece ha rallentato, Fabio è stato bravissimo ma si vede che gli manca fiducia, gli mancano le vittorie. Però è umano, dopo tante stagioni straordinarie con un tennis così dispendioso. Ma io Nadal non lo darei ancora per finito.
Gli consiglieresti di cambiare qualcosa nel suo entourage?
Tanto di cappello a Zio Toni per quello che ha fatto con questo ragazzo, ma io una chiacchierata con qualcun altro la farei, anche solo per sentire un punto di vista diverso. Potrebbe essere un quid in più, uno stimolo in più, magari con un altro grande ex che potrebbe dargli nuove motivazioni, una scossa.
La tua carriera di commentatrice? Sembri proprio divertirti.
(ride…) I lavori veri per me sono un’altra cosa, sono quelli di chi si alza tutte le mattine per portare a casa uno stipendio sapendo di dover timbrare il cartellino. Non dobbiamo mai dimenticare quanto siamo fortunati. Certamente per me è un divertimento ma soprattutto un orgoglio far parte di questa squadra ormai da tanti anni. Ho imparato tantissimo e assistere ai tornei mi da ancora tanta emozione. Il tennis è stata la mia vita e lo è ancora ed è bellissimo poter provare a spiegare anche a chi non è proprio un addetto ai lavori quali sono le emozioni e le situazioni che si vivono in campo.
E poi dovrai seguire tua figlia…
Oramai ha ventuno anni, ha preso una strada diversa e ne sono felicissima. Aveva provato con uno sport di squadra ed era sicuramente una scelta migliore rispetto al tennis ( ride…). Ma mia figlia è troppo buona, le mancava un po’di cattiveria agonistica. Sta studiando il cinese e mi regala grandissime soddisfazioni nello studio. Si trasferirà due anni a Pechino, mi toccherà andare in Cina! Pechino non mi piace tanto però, meglio Shanghai…magari mi trovo lì per il master e unisco l’utile al dilettevole!
Già, perché al cuore non si comanda.