Due ragazze disinvolte e un giornalista discreto che si mette al servizio delle vere protagoniste, come mestiere impone. Il primo ricordo dei due giorni che sconvolsero il tennis lo lasciamo ad una penna prestigiosa, quella di Paolo Rossi. Prossimo appuntamento alle 20, con la cronaca di Pennetta-Halep.
L’incontro non poteva che avvenire in un’area di prestigio, l’hotel Intercontinental di olimpica memoria.
Uè, sei arrivata? Caffettino? Un te?..
Questa l’accoglienza di Flavia Pennetta a Roberta Vinci, tre settimane dopo la storica finale degli US Open a New York.
Ah, mi prendi pure per i cosiddetti? la risposta.
La battuta di Flavia riguarda la semifinale persa dalla tarantina a Wuhan contro Venus Williams, sorellona di Serena. La simpatica Venus, alla fine del match, cominciava a perdere tempo. A un certo punto avrà lasciato trascorrere una quarantina di secondi, così ho alzato la voce e le ho detto se voleva un caffè. E lei ha solo abbozzato, sorpresa, un “what?”
Si erano sentite al telefono, non si erano ancora riviste. Ma i contatti non si sono mai persi: io, Flavia, Sara Errani e Francesca Schiavone abbiamo un gruppo whatsapp. Mettere le mani su quei messaggini sarebbe il vero scoop: Mai mai lo saprete nella vita...
La vita del tennis quotidiano è ripartita; per la Vinci in realtà già da una settimana. Ieri (domenica ndr) la Pennetta ha ritrovato la vittoria e guadagnato il secondo turno, ma ha dovuto soffrire con la cinese Han. Questo è il racconto del loro primo incontro dopo New York.
Ditelo, che un pochino vi siete odiate.
Flavia Pennetta: Ma non scherziamo, siamo cresciute insieme. Sapevamo che poteva accadere…
Roberta Vinci: L’ho protetta e coperta quando eravamo teenager, può mai pensare che cambio ora?»
Dai, ammettetelo che non volevate perdere sennò poi avreste subito gli sfottò per sempre.
FP: Mai. Mai e poi mai.
RV: Ma se a New York siamo anche andate a cena tutte insieme, anche Sara e Francesca… Al ristorante, chi ci riconosceva non credeva ai propri occhi nel vederci tutte insieme a fare le foto, a ridere..
Vabbè, ma allora è una storia da libro “Cuore”, la vostra.
FP: Prima della finale ci siamo incontrate casualmente e ci siamo sedute al tavolo tranquillamente…
RV: Dietro di noi c’era Boris Becker. Si alza e fa: “Ma voi lo sapete che dovete giocare contro tra poco?”.
E voi?
FP: Tranquillo Bum Bum, tutto sotto controllo.
RV: E della foto ne vogliamo parlare?
Quale foto?
FP: C’era un banchetto che vendeva delle t-shirt, e allora ne abbiamo presa una.
RV: E Laura, supervisor della Wta, ci ha scattatola foto. Un bel ricordo.
Beh, ne avrete degli altri_…
FP: Sa che devo ancora mettere a posto le idee? Troppo intenso, sensazioni pazzesche tutte insieme…
RV: Io già dopo la vittoria su Serena ero distrutta. Centinaia di messaggi, roba da farti andare fuori di testa.
Come si gestiscono queste situazioni?
FP: Con la routine, direi. Sai cosa devi fare e vai avanti meccanicamente, segui il protocollo, ecco.
RV: Io neanche me lo ricordo più. Lo giuro».
Facciamo uno sforzo.
FP: Ho lasciato l’albergo e me ne sono andata in giro per New York. Ho bighellonato, vagabondato dalla quarantaseiesima strada fino a quando non ho chiamato un amico e ho preso una coca-cola nella terrazza di un hotel.
RV: Credo di essermi stesa sul letto.
Però possiamo confessare le emozioni della vigilia.
FP: II primo pensiero? Felicità per Robi. Però, a seguire, immediatamente tensione.
RV: Vorrei vedere, come fai a non avvertire l’eccezionalitá della situazione? E con poco tempo per assorbire e digerire? Poi io avevo giocato anche dopo Flavia, quindi anche peggio se vogliamo.
Continuiamo ad andare a ritroso nel tempo.
FP: Le uniche risate della vigilia me le ha strappate un film italiano, non ricordo neppure più quale fosse. Forse quello dei quattro amici, come si chiama… quanto ho riso. Ma per prendere sonno c’ho messo una vita. Quando sono crollata, sono stata un masso.
RV: Boh, io le ore di sonno le ho contate su un palmo di mano.
Nella vostra testa cosa c’era?
FP: Paura? Si, penso che la parola corretta sia paura.
RV: No, per me paura no. Preoccupazione, ansia. Userei queste definizioni.
Ma non avevate lavorato per questo obiettivo da tutta una vita?
FP: Si, ma per me è naturale aver paura anche al primo turno. Anche al secondo. È una legge dello sport, che vale per tutti non solo nel tennis.
RV: Fortunatamente avevo già vissuto queste vigilie, avendo vinto in Slam i doppi. Il vero problema, per me, è stato un altro.
La vittoria su Serena Williams?
FP: Io passo la risposta naturalmente….
RV: Dopo il match point è stato uno tsunami. Ero morta, ero sfondata. Scarica totalmente. Cinquanta giornalisti, il telefono che trillava sempre.
Beh, una Serena Williams non si batte tutti i giorni. E chissá ora se si riprende
FP: Onestamente sarebbe stato un colpo micidiale per chiunque. Certo è che io m’aspettavo Serena in finale. Mi avrebbe consentito di giocare più tranquilla pur sapendo di avere chance minori. Invece con Roberta la percentuale saliva, e anche le responsabilità».
RV: Per essere incredula, lo ero. Mi spiace aver interrotto il suo sogno, ora c’è anche la sorella che mi guarda male ma ci sta, che ci posso fare? Me ne farò una ragione.
Due pugliesi in finale, due ragazze che hanno sofferto.
FP: Mamma mia, quante ne ho passate. E non pensate alle cose del cuore, io mi riferisco ai problemi fisici, a un polso che mi ha quasi spinto al ritiro.
RV: Per me il primo semestre del 2015 è stato durissimo. La svolta è stata andare a giocare due tornei praticamente da sola, e questa cosa mi ha fatto ritornare indietro nel tempo, mi ha come dire… fortificato.
Flavia Pennetta ha pronunciato la parola ritiro.
FP: Oddio, ci risiamo...
RV: Io dico solo che li, sulla sedia, avevo capito male: pensavo che non avrebbe più impugnato la racchetta...
Invece queste Olimpiadi del 2016…
FP: Una cosa vorrei far capire: non è che se gioco il doppio alle Olimpiadi di Rio arriva automaticamente la medaglia. Anzi: non è per nulla scontato.
RV: È cosi, ci sono tanti buoni doppi. Io invece la vorrei tanto, una medaglia olimpica.
E pensare che i vostri papà vorrebbero che voi due giocaste insieme.
FP: Al mio ho detto come la penso, ma lui aveva già parlato con voi giornalisti… scherzi a parte, io e Robi abbiamo giocato da ragazzine in doppio, poi le cose della vita ci hanno portato a strade diverse, anche la tempistica. Tutto qua.
RV: Non posso che confermare, e ribadire che io e Flavia avremo sempre un grande rapporto».
Anche tra vent’anni?
FP: Non riesco a vedere i problemi.
RV: Ci siamo protette da ragazzine, siamo cresciute insieme, abbiamo vinto insieme in nazionale. Non sono cose che si dimenticano.
Neanche uno Slam può.
FP: Chi ha sofferto, per qualsiasi motivo, sa cosa vuol dire solidarietà.
RV: Sottoscrivo.
Comunque la finale l’ha vinta Flavia perchè aveva con sé un jolly, non è vero?
FP: Ah, e qual era?
RV: Attenzione…
La presenza di Fognini.
FP: Ma se non lo sapevo neppure. Ha fatto il vago per tutta la settimana, qualche volta rispondeva evasivo e poi due ore prima del match me lo sono ritrovato davanti. È stato carino, ha fatto un bel gesto.
RV: Beh, io nulla dico e nulla ammetto, ma adesso un jolly ce l’ho anch’io. Da dopo gli Us Open...
Ma allora questi successi a qualcosa servono…
FP: Voglio sapere tutto!
RV: Ni. Solo questo avrete da me come risposta.
A ogni modo ne siete uscite come due vincitrici, mediaticamente.
FP: Per fair play cedo la risposta…
RV: Per onestà mi sarebbe piaciuto mettere la ciliegina sulla torta, e alzare quella coppa. Ma non ho rimpianti. Davvero.
Ecco, la finale.
FP: Che dire? Tiro i primi quattro colpi e sono uno più sbagliato dell’altro. E allora mi dico: Flavia, ricomponiti. Accetta la partita, non puoi fare figuracce. Adattati.
RV: Il primo set è stato in equilibrio, il tie-break è andato male.
Ha deciso l’esito?
FV: Non lo so. Certo è che mi ha dato leggerezza, mi ha tolto quel peso che mi portavo dietro. Però poi, sul 4.0, ho visto l’arrivo e mi sono irrigidita.
RV. E io ho cercato di tornare nel match, poi Flavia ha giocato bene il settimo game e buonanotte
Roberta resta negli annali comunque.
FP. Ha impedito il Grande Slam a Serena Williams, verrà ricordato.
RV. E possiamo ora dire, senza tema di smentita, che le quattro moschettiere della Fed Cup non avevano vinto per caso: due Slam vinti e tre finali disputate.
Per entrambe una grande rivalsa.
FP: Sì, ripensando alle vicissitudini che dicevamo prima. Ma mi tengo la gioia personale, senza andare a cercare il pelo nell’uovo.
RV: È da un paio d’anni che convivo con una delusione, quella di non essere entrata nella Top Ten. Sono stata numero undici, ma non ho sfondato il muro. Questo, ora lo posso dire, mi ha fatto zoppicare. È stato qualcosa che mi sono portata dietro e oggi penso che gli US Open l’abbiano compensato»
Roberta Vinci, quella che doveva sempre dimostrare qualcosa?
FP: Ma no, non è vero, anche se la risposta non spetta a me.
RV: Sarà come sarà, io sono sempre stata la piccoletta del gruppo, quella bella da veder giocare ma funzionale in doppio, ottimo il doppio ma poi il singolare? E onestamente un pochino negativa lo sono sempre stata. Devo ringraziare il mio coach, Francesco Cinà, che ha saputo spronarmi al momento giusto.
Ecco, a proposito di coach. Voi siete due anomalie, nel senso che avete gli stessi allenatori da qualche anno.
FP: Salvador Navarro è con me da tre anni. Quando c’è sintonia e fiducia, e il progetto funziona…
RV: Con Francesco lavoriamo da sette anni. Il rapporto è davvero forte, e quando c’è il rispetto delle parti, l’onestà e la competenza i risultati poi arrivano.
Ora ci sono degli orizzonti che si sono aperti, si intravede l’infinito.
FP: Ma de che? Due tornei sono rimasti, se c’è il Masters bene, altrimenti…
RV: Ora le altre tenniste mi guardano con rispetto, ma non è certo per quello che continuo. Mi sento serena, e la consapevolezza aiuta nelle scelte.
Flavia, si aspettava tanto clamore per l’annuncio del suo ritiro?
FP: Ho diviso le masse, ma anche chi è contrario in fondo al proprio cuore sa che la scelta che ho fatto non è sbagliata. Volevo comunque dire che la consapevolezza è meravigliosa, ma amplifica ogni sensazione. Nel bene e nel male.
RV: La vita è sua, lei deve essere felice.
In conclusione: è ora di fissare i momenti belli del passato o c’è ancora spazio per il futuro?
FP: Penso di poter rispondere con più certezza a fine novembre.
RV: Ho ancora qualche sogno, o qualche sassolino. Certo è che il mio infinito non è cosi infinito, e dunque un pensiero al dopo c’è: mi piacerebbe insegnare, trasmettere agli altri la mia esperienza. E Palermo con il suo Country Club è il posto perfetto per iniziare…