Ho ancora i brividi, la finale del Puglia Open 2015 si deve ancora giocare ma non mi interessa.
Non so chi tifare, provo solo un lieve dispiacere per quella delle due che perderà. Poi sono anche amiche, come dimenticare Flavia che fa chilometri sugli spalti per sostenere Roberta ad un passo dalla sconfitta contro Panova nella finale di Fed Cup 2013?
Scrivo a poco più di 10 ore dalla giornata più incredibile del tennis italiano, che per un appassionato è stata come lo sbarco sulla luna, e ancora mi devo dare i pizzicotti.
Non ricordo neanche molto delle due partite. E di quella di Flavia c’è poco da ricordare se non lei da sola in campo, ma Roberta…cosa ha fatto Roberta! Già, cos’ha fatto Roberta?
Sto cambiando casa e sono alle prese con un trasloco che non finirà mai. Fra uno scatolone e l’altro assisto, sorpreso e deliziato, all’esecuzione della Halep. Mi metto comodo sul pavimento (i divani sono ancora impacchettati…) e mi accingo a guardare in streaming (la TV anche…) la partita che sembrava segnata, già ben felice di avere Piccola Penna in finale. Penso che forse, contro Serena, ce la può fare. Uomo di poca fede…
Roberta e Serena cominciano. Vedo i primi quattro games. Uhm. Mi sembra di sentire uno strano odore. C’è qualcosa nell’aria… Le persone che seguono sport da decadi sanno che in certi momenti tutto è possibile. È successo già. L’Uruguay che batte il Brasile nel 1950, Fischer contro Spassky nel 1972, la Coppa America di vela agli australiani nel 1983.
Certo ma questo è ancora di più. Può sembrare un’esagerazione ma chi conosce il tennis sa che è così. Non c’è paragone.
C’è una moglie invece.
“Amore, andiamo a cena al cinese che siamo stanchi distrutti?”
Al ristorante cinese?!?
Non posso esimermi, traccheggio fino alla fine del primo set perso da Roby. Normale. Il battito del piede sul pavimento mi riporta alla realtà. Peccato, ha perso 6-2 ma sta giocando bene. E Serena non è serena.
Vivo a Gaggiano, il ristorante è a Milano. Sono circa dodici chilometri di distanza. Io guido, mia moglie parla. La chat Skype/Ubitennis sul mio cellulare impazzisce. Prendo insulti sia da mia moglie che da altri automobilisti mentre leggo guidando (non si fa, lo so, ma semel in anno licet insanire) e cerco di capire come va al di là dell’Atlantico.
Arrivo in via Vincenzo Foppa, pittore del Rinascimento lombardo. Parcheggio, scendiamo dalla macchina. Al ristorante cinese c’è da aspettare. Meglio per me, mi dedico alla chattura (lettura della chat) e vado in fibrillazione. Grazie ai potenti mezzi tecnologici odierni e all’abbonamento a EurosportPlayer mi connetto, disposto anche al divorzio, pazienza.
Entro al ristorante, strapieno. So che è un’immagine abusata ma davvero sembro Fantozzi con la radiolina, costretto a vedere la corazzata Potëmkin il giorno di Italia – Inghilterra.
Il tavolo è minuscolo, mia moglie mi comunica che non è convinta del parquet. Dietro di noi ho un piacione sessantenne che dice alla bionda commensale “era una donna con cui sono stato benissimo a letto ma non mi sono mai innamorato di lei”. Tutto giunge lievemente ovattato.
Seguo lo streaming, concordo sul colore delle pareti senza sapere quale sia. L’audio è in anticipo sul video quindi intuisco prima com’è andato lo scambio: se il punto lo ha fatto Serena sono boati, altrimenti “ohhh” di meraviglia.
Ad inizio terzo set compare il cameriere. Ordino ravioli grigliati, prenderei anche il maiale in agrodolce ma associo il termine al possibile andamento della giornata tennistica e mi blocco. Il cinese mi pressa ma io sono napoletan-scaramantico e ora so cosa fare. Opto per un neutro pollo con bambù e funghi.
Quando Roberta resiste ad un bombardamento per poi attaccare lungo linea chiudendo con una volée delle sue lo scambio chiave per il break decisivo emetto un suono inarticolato.
Rischio il colpo apoplettico ma da lì in poi batto il record mondiale di apnea. Genoni e Pellizzari non li vedo neanche…
Roby difende il servizio e va cinque tre, io resisto paonazzo.
Solo quando tutto diventa vero respiro. Il pollo è freddo ma non fa niente. Dietro di me Porfirio Rubirosa sussurra alla bionda “Ti ho mai raccontato di quella volta che…”.
Rifiuto di ascoltare il resto, pago il conto, neanche troppo salato, e torno a casa con la faccia di uno che non ha più nulla da chiedere. Nè al cibo, né al tennis, né allo sport. Ma non è vero, non è mai vero.