S. Johnson b E. Gulbis 6-3 7-6(4)
Scontro di personalità nella prima semifinale dell’Erste Bank Open 500 di Vienna. L’All American Boy Steve Johnson, giunto tardi sul circuito dopo aver completato gli studi universitari affronta Ernests Gulbis, talento di Riga mai confermato causa presunzione e pigrizia. La classifica ATP parla a favore del californiano (47 contro 117), Steve si è anche aggiudicato gli unici due precedenti ma Gulbis può battere chiunque, chiedete a Berdych, annichilito dal léttone al primo turno di Wimbledon 2012. Certo, il tennis dello statunitense è meglio costruito, forse più meccanico e schematico ma molto pensato e tatticamente accorto. Tutte doti che Ernests, capace di ogni cosa e del suo contrario, non possiede né sembra interessato ad avere.
Entrambi sono al termine di un ottimo torneo, con Gulbis capace di estromettere il terzo favorito Isner e Johnson uscito vincitore dalle battaglie a colpi di servizio contro Janowicz e Karlovic.
La differenza di approccio al tennis dei due appare evidente fin dall’inizio del match. Johnson vince il sorteggio e serve per primo, vince il game solo ai vantaggi ma mostra di essere in partita, sa sempre cosa fare e quando farlo.
Gulbis per contro deve essere sceso dalla parte sbagliata del letto, mima problemi di accordatura verso il suo angolo e appare completamente fuori tempo sulla palla. Il suo primo turno di battuta è orribile e due non forzati seguiti da un doppio fallo mandano avanti lo statunitense che non si farà più riprendere. Steve non soffre quasi mai al servizio, prima e seconda sono sempre giocate con potenza, piazzamento ed effetti diversi e il suo avversario non trova mai il ritmo giusto in risposta. In più Johnson non soffre neppure in palleggio ed è lui sorprendentemente a guidare gli scambi, usando con intelligenza il back di rovescio per impedire a Gulbis di trovare ritmo e progressione.
Steve arriva così facile al 5-2, manca due set point sul servizio avverso ma chiude col proprio intascando il primo set al nono game. Lo statunitense chiude con il 64% di punti sulla prima e ben l’83% con la seconda.
Anche il secondo parziale sembra seguire la falsariga del primo, Gulbis stavolta inizia allabattuta ma viene brekkato già nel terzo game quando va 30-40 affossando l’ennesimo subdolo back di Johnson e poi sbaglia lato con un facile dritto a campo aperto, finendo per perdere lo scambio.
Steve sembra in controllo, anche perché il léttone continua a dibattersi fra errori banali e inutili tweener. Lo schema si rompe d’improvviso nell’ottavo game, Johnson serve e paga carissimo il suo primo e unico passaggio a vuoto del match, un paio di scelte poco lucide mandano Gulbis a palla break e lui non fallisce. Si giunge così ad un tie-break insperato per il léttone che, sentendo forse di non meritarselo lo gioca malissimo. Johnson è bravo a conquistarsi subito un vantaggio con un bellissimo cross passante di dritto, Ernests pareggia il conto ma quando si tratta di assestare il colpo decisivo crolla. Il punteggio è in equilibrio quando serve sul 3-4 per l’avversario ma un orrendo dritto in spinta a mezza rete e una incomprensibile demi-volée da fondocampo fuori i un metro portano l’americano sul 6-3. Giusto il tempo di divorarsi il primo match point mettendo fuori uno schiaffo di dritto e un ace chiude la contesa. Johnson avanti con merito e primo statunitense in finale a Vienna da Sampras 1998.
[1] D. Ferrer b [6] G. Monfils 7-6(5) 7-5
Le due teste di serie sopravvissute alla tenzone viennese si scontrano in semifinale.
L’asfissiante regolarità del primo favorito Ferrer, la versione 2.0 dei Dibbs, Solomon e Higueras è opposta alla potenza e all’orgoglio di un Monfils accreditato della sesta testa di serie e al rientro dopo gli US Open. Gael non è al meglio fisicamente ma ha un braccio da Slam secondo il suo nuovo allenatore Tillstrom ed è avanti 3-2 nei testa a testa perdendo però gli ultimi due confronti.
David inizia alla battuta, il primo game dura otto minuti e i primi otto quaranta.
Sarà un primo set di intensità incredibile, giocato al massimo da entrambi ognuno secondo il proprio stile di gioco. Gael cattura sempre l’occhio con quei colpi quasi piatti che suonano come una fucilata ma lo spagnolo desta sempre ammirazione per le sue miracolose doti difensive sorrette da una mobilità eccezionale.
Ferrer guida il punteggio nel primo set a costo di rischi continui, i suoi turni di battuta finiscono ai vantaggi per cinque volte, costringendolo ad annullare ben sei palle break per sopravvivere ad un Monfils che esprime il suo tennis al meglio.
Il francese spreca colpevolmente alcune occasioni ma al servizio è ingiocabile con l’eccezione del decimo game, quando tre doppi falli lo portano a concedere, ed annullare, le uniche palle break del set. In questo equilibrio sempre precario si arriva al sei pari, la tensione è al massimo e quattro mini-break nei primi sei punti certificano questa situazione. Il francese crolla per primo, cede due punti al servizio con un doppio fallo seguito da un dritto lungo e Ferrer scappa sul 6-3 chiudendo 7-5 su un rovescio malamente scentrato dall’avversario.
Primo set Spagna e la sensazione che Gael sia in apnea.
Nel secondo parziale la tattica da boa constrictor di David comincia a produrre frutti copiosi, il punteggio segue sempre le battute ma è il modo che cambia. Ferrer adesso difende i propri turni a zero o quasi e tocca a Gael fare i conti con un serbatoio ormai in riserva e recuperare spesso da 0-30 con soluzioni dell’Ave Maria che entrano perché il suo talento di colpitore è cristallino ma quanto potrà durare? Lo spagnolo mantiene alta la pressione dello scambio, aumentandone il ritmo sempre più e nel’undicesimo game la diga non regge più.
Bisognerà capire se si è trattato di suicidio o casualità ma Monfils serve e commette tre doppi falli consecutivi, il terzo tirando la seconda palla a 211 kmh. Un dritto lungo completa l’harakiri e computer-Ferrer non sbaglia chiudendo la lotta alla battuta.
Potrà così bissare il Feliciano Lopez del 2004, unico spagnolo ad affermarsi in terra d’Austria.