Dev’esserci una spiegazione. Borges diceva che noi chiamiamo “caso” soltanto la “nostra incapacità di trovare nessi causali tra gli eventi”. Cos’è che ci sfugge allora, cos’è che non riusciamo a vedere, a capire? Perché Flavia Pennetta corona la sua carriera il giorno dell’anniversario della morte di Federico Luzzi, un ragazzone alto quasi un metro e 90, bello come si può essere belli solo quando si è giovani, quando tutto è perfetto, quando le delusioni sembrano una minaccia che i vecchi ti fanno per smorzare il tuo entusiasmo, invidiosi del qui e ora che loro non hanno più?
Non racconteremo di Federico, dei tornei vinti, dell’enfant prodige che si era perso. Potrete e dovete leggere di lui negli articoli che gli abbiamo dedicato, e in mille altri luoghi perché tutti vi racconteranno di Federico. Si fa presto a fare dei santi chi muore, ma questo non deve turbare, non deve indurre, per sciocche affermazioni di realismo, a ricordare difetti, a relativizzare un dolore che è sempre immenso, inutile, incomprensibile. Federico era una ragazzo di 28 anni che il 19 Ottobre del 2008 gioca una partita e il 25 non c’è più, è dentro una bara, circondato da chi gli ha voluto bene, che vedi tutti insieme solo se muori.
Tra di loro c’è Flavia Pennetta, invitata una sera a cena a Milano, un bel ragazzo e una bella ragazza, che guarda sgomenta, che pensa che ci debba essere una qualche ragione, che non la trova, che guarda un morto e vede una racchetta, che non capisce, vive la dimensione stralunata del sogno e delle fiabe, con la presenza della fata, della Signora Paola, che non strilla, non è travolta, trova la tua mano, ti accompagna per creare quella misteriosa magia che ti induce a consolare gli altri come se tu non fossi il primo ad essere letteralmente annientato.
Federico era così bello da far scrivere che vinceva in bellezza (Clerici, chi altri?). Giocò una partita che tutti vorrebbero giocare, facile definirla uno psicodramma se vai avanti due set a zero, ti si inceppa tutto, arrivi 12 pari al quinto set, al tuo esordio in Coppa Davis. Bollettieri dice che avrebbe talento se non fosse italiano, tecnici che farebbero bene a limitarsi al tennis. “Sono un ragazzo fortunato (maledetto quel cantante) perché ho avuto una grande opportunità.” Fortunato Federico, davvero.
Flavia è al funerale insieme a Bracciali, Starace, Volandri. Il ragazzo con cui erano cresciuti che Bertolucci aveva seguito col suo scanzonato interesse, non gioca più; come può giocare lei? Aveva una possibilità di arrivare alle Finals, deve andare a Montreal, non ci va, il suo posto è altrove. Cose del genere non capitano tante volte nella vita se non sei Serena Williams o Roger Federer. E allora? C’è una bara, c’è una racchetta, c’è un ragazzone alto 1.90 che mi versava il vino rosso, cos’è il tennis? Domani gli porto il mio profumo, che lo porti con sé. Trattare vittoria e sconfitta allo stesso modo? Non esistono le vittorie, non esistono le sconfitte, esiste richiudersi dentro una stanza senza capire, senza essere interessati a farlo, urlare.
La mamma di Federico, l’accudisce, ora come prima. Insieme a papà Maurizio hanno creato una Onlus, ad Arezzo. AIL Federico Luzzi, si occupa delle patologie ematologiche, parole che come dice Flavia impari solo se costretta. C’è un trofeo under 14 – ve l’abbiamo detto che era forte quanto Safin a 14 anni? – che si chiama come lui, è il campionato italiano maschile. C’è Fede Lux che dovete andare a visitare (http://www.fedelux.it/).
Domenica 25 Ottobre alle 8 del mattino Flavia Pennetta esordisce nelle Finals a Singapore. È la sua prima volta. Flavia inizia l’ultimo tratto della sua carriera. È il settimo anniversario della morte di Federico Luzzi. Dev’esserci una spiegazione. Non importa.