[3] R. Federer b. [1] N. Djokovic 7-5 6-2 (da Londra, Cesare Alfieri)
Cartoline da Londra, a raccontare un match che non sarà la storia del tennis – è una partita di round robin, cambia poco o forse nulla per le Finals, ed è soprattutto importante per gli statistici costretti ad aggiornare le serie storiche, con la striscia interrotta di 23 vittorie indoor di Nole che non eguaglia quindi Roger, e con il sorpasso del serbo negli head to head a dover essere (forse) rimandato – ma è comunque, almeno a tratti, da lustrarsi gli occhi. Che dire della fantastica demi-volée con cui Roger ha chiuso il primo set dopo aver preso la rete con una successione di diritti incrociati e lungolinea. O del vincente di rovescio incrociato nel nono gioco, con il pubblico – non siamo a Wimbledon, qualche eccesso si può tollerare in questo stadio dove mancano soltanto le cheerleader – ad esclamare in coro “this is f*** awesome!” (che tradurrei, educatamente, con “bellissimo”). O di un tracciante lungolinea di diritto, in risposta ad una prima di Djokovic, capace di scheggiare l’incrocio delle righe. Ma queste sono concessioni all’estetica, che portano anche punti ma non spiegano la vittoria dello svizzero, e il set perso 6 a 2 da Djokovic come non accadeva dall’agosto del 2014 negli ottavi di Toronto. La spiegazione per la vittoria di Federer, o la sconfitta di Djokovic, va cercata altrove.
“Ha variato molto i colpi. Ha dettato i tempi dell’incontro”. Questa è la spiegazione di Djokovic che, però, Federer non ha condiviso (“non ho variato il gioco in maniera insolita”). Ci sono poi alcuni numeri importanti: a fine partita, sono 22 gli errori non forzati del serbo, e solo 19 quelli dello svizzero. Vero che il dato è sporcato dagli ultimi, fallosi game di Djokovic – ma nel primo set Federer è comunque più pulito: 11 errori contro i 13 del serbo. A ciò si aggiunga, almeno nel primo set, un servizio che va alla perfezione: lo svizzero deve salvare subito una palla break nel primo game – “mi sono detto: no, non posso iniziare come contro Tomas” – e poi va in carrozza. Nei game in risposta Nole ottiene progressivamente meno: una palla break, due game a trenta, due a quindici, e due a zero. Aggiungerei anche che negli scambi lunghi da fondo Nole non era, necessariamente, il vincitore: si riveda ad esempio il punto che gli ha portato il break nel secondo parziale.
Fin qui stiamo a quanto visto sul campo. Ma si può anche sconfinare nella psicologia. Per dire: Nole ha chiamato occhio di falco sul primo punto della partita (spostando i favori del pubblico, come se ce ne fosse bisogno, ancor più sullo svizzero) e ancora nel settimo game, su un let chiamato out sulla prima di Federer (e non era un punto decisivo). Perso anche questo, si è pure beccato un altro po’ di fischi dagli spalti. Sarebbe forse esagerato prendere questi come segnali di insicurezza, o nervosismo, però…Un altro indizio è quello della panca. Federer si sarebbe seduto sulla sedia con l’asciugamano di Nole. “Non mi faccio comandare da un asciugamano” ha chiosato lo svizzero, “chi entra per primo decide. Questa è la regola che seguo”. A onor del vero, anche Nole ha, sorridendo, ribadito che il fattore asciugamano non è stato determinante. Ma quindi, qual è stato il segreto di Federer? “Non te lo dico” ha scherzato il campione svizzero con Annabelle Croft a fine partita “io e Nole potremmo giocare ancora”. In effetti, Federer aggiungerà più tardi che Nole è ancora il favorito del torneo, ma entrare in campo “senza pressione” ha aiutato. Infine, Federer potrebbe aver destabilizzato Nole con un’insolita barba: “Mi sono rasato al mattino, ma al pomeriggio avevo la barba. Sarà l’aria di Londra…”.
Si scherza ma, tornando al gioco, un’ultima notazione merita lo schema di Federer, meno offensivo del solito, solido ed aggressivo dal fondo, con pochissimi drop, a differenza del match con Berdych. Djokovic si riposerà senz’altro domani, e potrà riflettere su cosa non ha funzionato. Andrà battuto il ceco, ma le statistiche – oltre alle serie temporali interrotte – rimangono incoraggianti: 21 volte su 45 un tennista che ha perso una partita ha poi vinto le ATP Finals.