Riappare il vero Nadal: tirata di capelli a Murray (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport)
No, non era un miraggio quello apparso a Londra lunedì contro Stan Wawrinka. Era proprio Rafa Nadal da Manacor, quello feroce, che si è rivisto a tratti anche ieri contro Andy Murray, nel secondo incontro del girone «Ilie Nastase» del Masters. Rafa ha vinto in un’ora e mezza di gioco. Ci ha messo del suo lo scozzese, nonostante la folla tutta per lui, facendo meno del minimo indispensabile e allargando la forbice dei precedenti con Rafa a 16-6 per lo spagnolo.
Sostanzialmente, sono stati due i grossi problemi dello scozzese contro Nadal: il servizio (appena il 43% delle prime) e i capelli. Abbiamo infatti assistito, alla 02 Arena, a un’esperienza tennistica innovativa: il taglio di acconciatura in campo. Durante il primo cambio del primo set, Andy ha estratto un paio di forbici (forse non era stato perquisito all’entrata, come tutti gli avventori del palazzo…) e si è tagliato un ciuffo. Non gli è servito a molto, visto che il set l’ha perso. Anzi, il taglio di capelli ha sortito il temutissimo effetto «Sansone» e pian piano il rendimento di Andy è andando scemando, fino al 6-1 del secondo set. Racconterà, non poco scocciato per l’ovvia domanda: «Avevo i capelli negli occhi e volevo liberarmene. Che sarà mai, ci ho messo due secondi».
In tema di domande sgradite, anche quella sulla presunta «distrazione da Davis» ha urtato la sensibilità del numero due al mondo: «Non capisco perché tutti voi siate così fissati sulla Davis. E’ sicuramente l’appuntamento più importante di questo finale di stagione e certo che ci penso, ma la sconfitta contro Rafa, che ha giocato molto bene, non è colpa di una distrazione». Sarà: di certo, un crollo così verticale nella prestazione pare curioso. C’è chi pensa che sia una sconfitta «pilotata» per non incrociare Djokovic nelle semifinali, ma non è che con Federer ultimamente gli sia andata molto meglio. Altri sostengono che lo scozzese stia preparando la sua «dipartita» dal Masters: perdendo contro Wawrinka nell’ultimo match potrebbe andare a casa e partire con calma per Gand. «Roger e Novak sono due grandi giocatori, c’è poco da scegliere. Un atleta quando va in campo lo fa sempre per vincere. Federer sta giocando alla grande, e qui ha vinto sei volte, Djokovic ha perso una partita ma resta il numero uno al mondo. Il tennis è così, le situazioni cambiano di giorno in giorno. Io ho perso facile con Nadal, ma magari tra due giorni rigiocandoci potrei vincere».
Si vedrà, intanto la prima buona notizia è che Rafa Nadal, dopo la seconda vittoria, è certo della semifinale. L’altra buona indicazione per lo spagnolo è l’aver battuto il giocatore più alto in classifica dell’ultimo anno e mezzo, da quando al Roland Garros 2014 aveva piegato Djokovic. «Le vittorie sono importanti — ha detto Rafa — perché alla fine della giornata ti danno fiducia. E io ne avevo bisogno, sto giocando e mi alleno bene. Da Montreal in poi sento ogni giorno di migliorare e di avere più consistenza sia fisica sia mentale (…)
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Nadal il regolare: senza potenza sembra rinato (Gianni Clerici, La Repubblica)
Una cattiva giornata tua, e insieme un’ottima giornata sua?» chiede a Murray uno dei miei presunti colleghi, uno specialista delle conferenze stampa, uno di quelli che, lungi dall’aver studiato tennis, non hanno mai provato a colpire una palla. «Both», tutte e due, è l’ovvia risposta del britannico, che ha perduto 6-4, 6-1, tagliandosi addirittura una ciocca di capelli a un cambio di campo, e così secondo un suo estimatore perdendo le forze, come Sansone. Me ne vado scoraggiato, come sempre, da quella cascata di luoghi comuni, o di politichese, che sono le conferenze stampa. Mi vergognerei nell’osare domande utili a capire perché : 1) Murray non aveva, dall’inizio, altro schema che ribaditi palleggi sul rovescio di Rafa, che da destra non sbagliava quasi mai, se non su uno dei soli 7 tiri forti e lunghi che sono usciti dalla racchetta del suo avversario. 2) Considerato che, al giorno d’oggi, il solo Federer ancora va a rete, come mai Murray non ci ha provato più di 14 volte, con 9 vincenti, quando Nadal era costretto, o, se non costretto, accorciava comunque i suoi rimbalzi a tre, quattro metri dalla rete?
Ritengo che simili domande sian state rivolte al cocco di casa (enfant du pays) dal suo attuale bravissimo coach svedese Bjorkman, il sostituto di donna Amelia Mauresmo, incinta da un ignoto spermatozoo, dopo aver sostituito Mamma Judy. Mi piacerebbe anche conoscere le risposte vere di uno che, nato in un rettangolo, fu inviato da Mamma non certo sui prati di Wimbledon, ma sulle rosse spiagge di Barcelona, ad apprendere lo spagnolo, inteso come filosofia tennistica. Ma é forse il caso di dedicarsi a Nadal, anche perché ha occupato tante ore del nostro recente passato. Nadal che rappresentava il prototipo dell’attaccante dal fondo (definizione per primo riferita a Connors) 6 diventato un “regolarista dal fondo”. Gli è accaduto da più di un anno qualcosa di misterioso, e peraltro annunciata da due specialisti italiani, Dottor Parra e Chiropratico Caronti.
Una perdita di esplosività, nonostante, osservi Giorgio Di Palermo, addetto ai lavori, .sia sempre alto 1,85, e pesi 85 chili.. Dapprima colpiva la palla trasmettendole una forza devastante. Ora le trasmette metà di un’unità di misura esplosiva alla quale non trovo nome. A conferma di ciò, rilevo che Nadal ha oggi sbagliato relativamente poco (12 tiri), ma anche ha fatto esplodere soltanto 5 diritti e 1 rovescio vincenti. Non penso, insomma, mi sia accaduto di assistere alla rinascita del Nadal di una volta, ma piuttosto ad un suo aspetto migliorato, dal povero regolarista falloso e irriconoscibile che avevo sofferto più di una volta, arrivando a domandarmi perché mai non si dedicasse alla pesca, il suo hobby preferito. Non vorrei, con quanto ho scritto, aver trascinato il lettore a considerazioni negative. Mi rimane la speranza che, dai muscoli rivitalizzati, forse anche da una ritrovata autostima, ci ritorni il Nadal capace di superare il Federer dei primi Anni 2000 , superiore al Federer di oggi, in incontro sulla lunga distanza (…)
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Nadal torna quello dei trionfi, Murray pensa troppo alla Davis (Claudio Giua, repubblica.it)
Una finale di Davis tra otto giorni è ragione sufficiente a trasformare Andy Murray in un giocatore spento e rinunciatario? La nascita del primo figlio tra un paio di mesi giustifica l’azzeramento della concentrazione dello scozzese, nel 2015 inferiore al solo Novak Djokovic tanto da raggranellare 8470 punti nella ATP Race, la classifica dei Best Eight per le Finals londinesi, ossia 1130 più di Roger Federer? Probabilmente sì. E a pesare sulle fragilità del numero 2 al mondo, opposto peraltro a un Rafael Nadal molto motivato, è senz’altro più la Coppa che la paternità. Non l’aiutano i tabloid londinesi e nemmeno le tv, che non scrivono né parlano d’altro una volta esaurite le fosche notizie sugli attacchi terroristici. L’ultima volta che gli inglesi hanno tentato l’impresa è stato 37 anni fa a Rancho Mirage in California, quando John Lloyd, Christopher Mottram, Mark Cox e David Lloyd rimediarono un punticino dei cinque in palio. Troppo forti, per loro, John McEnroe, Brian Gottfried, Bob Lutz e Stan Smith. Il più recente trionfo britannico in Davis risale addirittura al 1936, sull’erba di Wimbledon. Nelle trentuno precedenti edizioni dell’International Lawn Tennis Challenge, come si chiamava allora il torneo per nazioni, i sudditi prediletti di Sua Maestà avevano vinto otto volte. In sette occasioni avevano invece raggiunto la finale per poi perdere. Altri tempi. Se il 27, 28 e 29 novembre Andy trascinerà i suoi al successo in terra belga, la Gran Bretagna supererà la Francia, finalista lo scorso anno, nella classifica dei paesi che hanno alzato più spesso l’insalatiera, issandosi al terzo posto dietro americani e australiani.
Anche per il Belgio di David Goffin l’appuntamento di Gand sa di vecchissimi merletti e forse di arsenico: l’ultima finale della nazionale del piccolo regno data 1904, alla quarta edizione della coppa, la prima organizzata in Europa dopo tre sfide dall’altra parte dell’Oceano. Come stavolta, gli avversari furono i britannici, che confermarono con un sonoro 5-0 il titolo conquistato l’anno prima a Boston.
Sono questi i nobili pensieri che frullano in testa a Murray quando scende in campo per affrontare il redivivo Nadal? Non lo sapremo mai, anche perché l’interessato, interrogato, nega con evidente fastidio. Fatto sta che per lo scozzese il match non decolla mai. Subisce la mobilità laterale del maiorchino, che mette letteralmente “the boots on the ground”, come tutti ripetono in questi giorni parlando della guerra all’Isis. Rafa guadagna un metro e mezzo di campo e da lì spara sia di diritto, sia di rovescio grazie a un anticipo che vale quello di quando dominava sulla terra rossa e altrove. Andy prova all’inizio a non cedere terreno ma finisce per difendersi due metri oltre la riga di fondo. Dagli spalti dell’O2 Arena si spazientiscono quando nel secondo set accetta senza lottare che Rafa lo sovrasti fisicamente e tatticamente. Spero per il baronetto che la disfatta di oggi (4-6 1-6) sia un episodio: uscire dalle semifinali davanti al pubblico di casa potrebbe avere riflessi negativi sul morale in vista dell’impegno di Gand. Checché lui ne dica.
Ritrovare Nadal – con Federer, il più convincente degli otto delle Finals – è un piacere in sé. Nell’anno più povero di soddisfazioni (tre tornei, i Masters 250 di Buenos Aires e il 500 di Amburgo; la lunga scivolata nel ranking, giù giù fino al posto numero 10), ha avuto l’umiltà di non fermarsi e di risalire lentamente la china da Flushing Meadows in poi. Arriva con largo anticipo alla semifinale di sabato e ha le quotazioni dei bookmaker che lo sostengono.
In serata i perdenti del primo turno, Stan Wawrinka e David Ferrer, provano a rimettersi in corsa. Nei primi game lo svizzero appare, se possibile, meno convinto di sé e del suo tennis di quanto non lo fosse lunedì contro Nadal. Il valenciano non molla un centimetro e macina il solito gioco da maratoneta: sul 2-5 e set point a suo favore – vanificato da un doppio fallo – avrei scommesso su una vittoria in poco più di un’ora. Invece d’improvviso David perde lucidità e mordente e Stan scopre, sorpreso, che non è stato un caso se ha vinto due Slam, l’ultimo dei quali cinque mesi fa a Parigi. Il match diventa avvincente, come nessuno all’Arena s’aspettava. Tornano efficaci il servizio e il rovescio del numero 4 ATP, che tolgono ritmo il respiro e ritmo all’avversario. Dopo 55 minuti Wawrinka chiude sul 7-5 il primo set. Sullo slancio si prende anche i primi due game del secondo. Non si limita a gestire il vantaggio, continua a puntare le righe e arraffa di forza un altro break. Poi decide che il pubblico si merita un po’ di show e dal cilindro estrae drop shot deliziosi e fiondate a tutto braccio. Esagera e rischia qualcosa. Comunque, finisce 6-2 (…)
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Nadal torna grande, dopo Wawrinka schianta Murray (Alberto Giorni, Il Giorno-Il Resto del Carlino-La Nazione)
Al termine della peggior stagione della sua carriera, in cui non ha vinto né uno Slam né un «Masters 1000» come non gli capitava dal 2004, Rafael Nadal sta finalmente dando qualche segno di vita. Per un decennio incontrastato re della terra battuta, non è mai riuscito a trionfare alle Atp Finals sul veloce indoor, ma stavolta è partito alla grande: alla vittoria due set a zero su Stanislas Wawrinka all’esordio, ha aggiunto il successo di ieri sempre in due set (6-4, 6-1) su Andy Murray, idolo del pubblico della «O2 Arena» di Londra.
Nella sfida tra i due vincitori della prima giornata nel «girone Nastase», lo scozzese aveva cominciato bene strappando il servizio all’avversario, ma poi non ha più conquistato neanche una palla break. Nadal ha preso in mano il pallino del gioco senza più mollarlo: il break decisivo del primo set è arrivato sul 5-4, sigillato da un’efficace volée di rovescio.
Nel secondo parziale non c’è stata storia. Murray ha ceduto ancora una volta il servizio con due doppi falli; se al debutto con David Ferrer non sembrava distratto dalla finale di Coppa Davis della prossima settimana, ieri non ha giocato con la concentrazione necessaria (a un cambio di campo si è dato anche una spuntatina al ciuffo ribelle) commettendo ben 29 errori gratuiti contro i 12 di Nadal. Allo spagnolo è bastato inserire il pilota automatico per chiudere a braccia alzate: «E’ una delle mie migliori vittorie dell’anno – ha detto con un largo sorriso –. Su questa superficie non mi trovo a mio agio, però mi sono espresso bene».
Oggi alle 13, in doppio, tornano in campo per l’onore Simone Bolelli e Fabio Fognini: eliminati dopo due sconfitte, proveranno a chiudere a testa alta contro la sorprendente coppia formata dall’indiano Bopanna e dal rumeno Mergea, sempre vincente finora. Tornando al singolare, alle 15 per il «girone Smith» toccherà a Roger Federer (…)