L’analisi di enormi quantità di dati derivati da partite di tennis può rivelarsi preziosa nell’allenamento, nello studio delle strategie di gioco e nella preparazione dei match.
Precedentemente abbiamo studiato l’impatto che ‘big data’ nel tennis sta avendo e potrebbe avere per gli appassionati. In questo articolo ci soffermeremo sul punto due analizzando brevemente i vantaggi che un atleta può ottenere da un accorto uso di dati e statistiche.
Circa un anno fa aveva fatto notizia la decisione di Nadal di servirsi di una racchetta `smart’. Attraverso i sensori installati sulla sua Babolat Play, Toni può studiare il gioco di suo nipote in allenamento e in partita, seguendo dati su punto d’impatto, spin, potenza, lunghezza degli scambi. Durante un torneo la app collegata alla racchetta raccoglie dati su volume e intensità di gioco di Nadal. Dati che Toni poi condivide con il trainer per valutare lo stato di fatica di Rafa e decidere che tipo di allenamento fare in vista del prossimo match. La racchetta poi studia la tipologia di colpi usati da Rafa. Una quantità di rovesci superiore al 30 per cento significa che Rafa non ha abbastanza il controllo del gioco. Troppi slice significano che sta giocando troppo difensivo. Stesso discorso per il punto d’impatto della palla sulla racchetta e per le tipologie di servizio. In pochi anni racchette come quella di Nadal saranno usate da tutti i giocatori perché ai massimi livelli una minima differenza nella preparazione del match può diventare la chiave per la vittoria.
Ovviamente l’analisi dei dati non si limita a migliorare le proprie prestazione ma può essere usata per studiare gli avversari e decidere la tattica di gioco più efficace. Durante una partita è facile perdersi dietro ad un evento sporadico e perdere la traccia del proprio gioco.
Un esempio che viene in mente è Roger Federer. Lo svizzero nella fase finale della propria carriera ha migliorato moltissimo il già eccellente gioco al volo ed ha provato in più occasioni ad essere aggressivo e venire a rete per battere giocatori del calibro di Nadal e Djokovic. La tattica è quasi sempre corretta ma nei giorni in cui non funziona a perfezione lo svizzero tende ad abbandonarla dimenticando il fatto che il braccio di ferro da fondo campo è in ogni caso una scelta peggiore. Pensate alla finale del Roland Garros 2011 dove nei primi game con una costante presenza a rete lo svizzero aveva preso il vantaggio. Lì bastò un brutto game di servizio (quando serviva per il set) per scoraggiarlo e ci vollero quasi due set prima che lo si rivedesse fare serve & volley. Non sarebbe stato meglio continuare con una tattica vincente nonostante un brutto game? Per rispondere ad una domanda del genere bisognerebbe affidarsi ai dati. Ma anche avendo ben chiara in mente una strategia metterla in pratica può essere difficile. Simile discorso per la finale dell’US Open di quest’anno. La tattica aggressiva che aveva ben funzionato a Cincinnati era meno fruttuosa nella finale di New York, ma forse era comunque la scelta migliore. Chissà se il team Federer, dati alla mano, ha confrontato le due partite da un punto di vista statistico?
Studiando le partite del proprio assistito e le partite dei futuri avversari un allenatore ha oggi uno strumento importante per decidere come affrontare ogni gara. I giocatori ricevono statistiche dettagliate alla fine di ogni match. Questi dati insieme ai dati relativi alla loro prestazione biometrica, sono utilizzati dal team per preparare l’incontro successivo. Saper leggere ed utilizzare i dati può quindi dare un vantaggio decisivo. Per questo motivo ad oggi l’IBM sembra maggiormente orientata verso educare chi lavora nel tennis ad usare i dati invece di introdurre esperti analisti al mondo del tennis.
Durante i tornei del grande slam svariati analisti a bordo campo raccolgono dati su ogni aspetto dell’incontro. Dati che sono poi messi a disposizione dei team dei vari giocatori. Tutti questi dati sono immediatamente disponibili ed in linea di principio potrebbero fornire un vantaggio strategico anche durante la partita stessa. Per questo motivo l’ITF oltre a proibire il coaching durante un match ha deciso di proibire ai giocatori anche di consultare i propri smartphone.
La rivoluzione del big data nell’analisi del gioco è appena cominciata ma di certo non passerà molto tempo prima che tutti i giocatori inizino a farne uso. E visto che i dati bisogna saperli leggere, il piccolo margine andrà a chi ha assunto l’analista migliore.