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In un documento di 16 pagine presentato venerdì l’Associazione Tennistica Statunitense nega essenzialmente ogni addebito rivoltole dall’avvocato newyorkese di Genie Bouchard il 14 Ottobre. La canadese, tramite il suo legale, aveva accusato la U.S.T.A. di essere la responsabile della caduta nello spogliatoio durante lo scorso U.S. Open, che l’ha praticamente messa fuori gioco per il resto del 2015.
Ovviamente non è così sorprendente la risposta della Federazione statunitense, né lo è il tono del documento. Viene affrontato il reclamo di Bouchard punto per punto, arrivando ad affermazioni paradossali considerato che ritiene di non avere “una conoscenza o un grado di informazione sufficiente per ritenere vere le asserzioni che la Signora Bouchard fosse la tennista n. 25 del ranking nel gruppo femminile”, (In realtà, secondo il ranking al 24 agosto 2015, ovvero quello utilizzato per il seeding, Eugenie era n. 25 del mondo), tuttavia ammettono invece che la canadese fosse la testa di serie n. 25 del torneo. Non sembra certo un’informazione difficile da reperire.
Ma la USTA di informazioni pare averne pochine visto che “nega di essere stata a conoscenza o di aver avuto sufficienti informazioni per ritenere vere le asserzioni contenute nel Paragrafo I del Reclamo” Ritiene comunque di averne a sufficienza per negare di “essere stata negligente e che tale negligenza fosse un sostanziale fattore di contribuito nel causare l’infortunio del querelante”.
La USTA sostiene dunque che la pretesa di “sostenere, o l’intenzione di desumere che Bouchard avrebbe vinto il prize money assegnato alla vincitrice dello US Open” sia “interamente speculativa”. Così come, a loro parere, è da rigettare “in quanto speculativa l’idea che Bouchard avrebbe vinto un determinato importo di prize money nel successivo tour asiatico che segue lo US Open”, (Bouchard ha giocato solamente una parte di match in quella che doveva essere, prima dell’incidente, una serie di quattro tornei già in calendario). Ne consegue che è speculativa anche l’idea che a causa dell’incedente Bouchard abbia perso posizioni nel ranking, così come il fatto di aver perso o di perdere in futuro i proventi delle aziende di cui è testimonial proprio a causa della caduta.
La USTA è si dice “dubbiosa” su quale stanza venga presa in esame dalla denuncia ritenendo che “pavimento in ceramica” sia termine “vago ed indefinito”. E ovviamente negano che Bouchard “sia stata indotta a scivolare e cadere”.
Un passaggio è importante però ai fini della difesa. Si “affermano in particolare che il querelante non sarebbe dovuto entrare nella stanza della fisioterapia, come sostiene, senza il consenso espresso di, o senza l’accompagnamento di personale autorizzato”. La USTA insiste su questo punto e continua sottolineando che, in quanto tennista della WTA con esperienza, Bouchard avrebbe dovuto e potuto conoscere “le procedure e i protocolli” riguardanti la stanza della fisioterapia. Quel 4 Settembre Eugenie Bouchard avrebbe agito “in contravvenzione a tali protocolli, procedure e probabilità”, e di conseguenza avrebbe “volontariamente e consciamente assunto il rischio dell’infortunio intrinseco … e che sia quindi escluso il recupero sotto la dottrina dell’assunzione di rischio primario”. Non può che conseguirne che Bouchard ha dimostrato un “concorso di colpa ed una condotta colposa”.
La United States Tennis Association nega “di avere alcun dovere nel provvedere a qualunque avvertimento nei confronti della Signora Bouchard” in riferimento al sedicente stato scivoloso del pavimento. Negano inoltre che il match di doppio misto quella sera si fosse concluso alle 22.00, altra circostanza che non è proprio impossibile da verificare.
La USTA esige quindi un processo con giuria (a cui Bouchard si era inizialmente opposta), e ritiene inoltre “che qualunque perdita economica di Bouchard [debba essere] ‘rimessa o indennizzata, nel suo totale o in parte, da fonti collaterali”. (Più in generale, dalla polizza assicurativa); che la stanza per la fisioterapia nello spogliatoio femminile, che da Bouchard viene definita buia, “non è mai al buio” in quanto sono presenti delle luci di cortesia che illuminano parzialmente la stanza una volta che le luci vengono spente e che di conseguenza la condizione del pavimento fosse “chiara e ovvia”.
È infine interessante notare altre due osservazioni del memorandum della USTA. Quella in cui si sostiene “che qualunque danno sostenuto dalla querelante sia stato approssimativamente causato, o a cui abbia contribuito, l’intervento o l’intenzionale condotta o negligenza di terze parti che la querelante non ha nominato in questa azione legale”. E quella in cui si sostiene che Bouchard abbia “rifiutato ogni offerta di cura e assistenza medica” fornitagli dopo essersi “lamentata con gli impiegati dello spogliatoio femminile a seguito della caduta”. Di tutta risposta, Bouchard sarebbe andata via.
Si consideri che se fossero vere le osservazioni della USTA, queste osservazioni smentirebbero il racconto comunemente accettato, in cui Bouchard si trovasse da sola all’interno dello spogliatoio.
Per concludere la USTA intende usare la presenza di alto profilo di Bouchard sui social media, ovvero i numerosi selfies delle sue attività sociali nelle ultime settimane, per stabilire l’inconsistenza delle sue dichiarazioni riguardo ad un “sussistente e permanente danno fisico e di complicazioni ad oggi presenti”. (Bouchard aveva raccontato dopo il WTA di Pechino che i sintomi della commozione cerebrale erano tornati)
L’avvocato di Bouchard, Benedict Morelli, in alcune dichiarazioni rilasciate al New York Times, ha parlato di “colpevolizzazione della vittima”.
“L’assunzione di rischio può essere applicata ad una sciata in montagna, che è per natura qualcosa di pericoloso da fare”, ha dichiarato. “O saltare giù da un aereo. È questo il caso? Ovviamente no. Ci si assume il rischio di attraversare una stanza?”