Flavia Pennetta si è ritirata. Lo ha comunicato nel modo più sorprendente possibile, durante il discorso da vincitrice degli ultimi US Open e, malgrado le insistenze dei dirigenti sportivi italiani, la decisione sembra proprio confermata. Sul sito ufficiale della WTA, nella pagina dedicata a lei, alla voce “status” compare un inequivocabile Retired, con tanto di data (29 ottobre 2015).
Oggi che la sua carriera si può dire conclusa, vorrei tornare per un’ultima volta su di lei; ma non aspettatevi coccodrilli. No, non c’entra niente Lacoste: il “coccodrillo” in termini giornalistici è il pezzo che una redazione tiene da parte, pronto per essere pubblicato in caso di morte di personaggi importanti. E per un media sportivo si potrebbe dire che una situazione simile accade anche al momento del ritiro dei grandi atleti, dato che un ritiro non è una morte (ci mancherebbe altro), ma rappresenta comunque la fine dell’esperienza agonistica.
Personalmente però non amo molto questo genere di pezzo, quindi per scrivere di Flavia Pennetta preferisco utilizzare un taglio differente, già sperimentato in passato.
Ecco dunque quattro partite scelte fra le tante importanti disputate da Flavia Pennetta agli US Open. Ricordo che dal 2008 in poi Pennetta a New York ha raggiunto 4 quarti di finale, una semifinale e una vittoria, malgrado non abbia giocato per infortunio nel 2012.
A mio avviso questi match non raccontano solo delle partite in sé, ma delineano le tappe di un processo di crescita concluso con il massimo traguardo possibile.
1. US Open 2009, R16: Flavia Pennetta def. Vera Zvonareva 3-6, 7-6 (6), 6-0
Forse la partita più emozionante di tutta la carriera di Flavia Pennetta, almeno tra quelle che ho potuto seguire. Una partita che probabilmente ha anche rappresentato un salto di qualità per il suo status nel circuito. E’ vero che Flavia aveva già saputo arrivare ai quarti di finale degli US Open l’anno prima, nel 2008, ma in questa occasione lo fa da fresca top ten, e sconfiggendo per la prima volta a Flushing Meadows una giocatrice classificata a sua volta fra le prime dieci. A questo aggiungerei lo scenario: la sessione notturna del Campo centrale, con il pubblico delle grandi occasioni.
Per la verità gli spettatori sembrerebbero accorsi soprattutto per la sfida che si giocherà dopo, tra il giocatore di casa Taylor Dent e la testa di serie numero due Andy Murray. Pennetta e Zvonareva dovrebbero rappresentare l’antipasto della serata, ma finiranno per prendersi la scena principale, grazie ad un match in cui la componente psicologica diventa assoluta protagonista.
La partita inizia senza particolari sussulti, e si potrebbe dire che si gioca per circa un’ora e mezza (di buon livello) per preparare le fasi clou dell’incontro.
Sul 3-6, 5-6 Pennetta serve per rimanere nel match e deve salvare match point a ripetizione: accade una, due, tre, quattro volte. Ogni volta che Zvonareva arriva ad un punto dalla chiusura Pennetta risponde con un grandissimo scambio, concluso con un vincente, rimanendo attaccata ad un filo di speranza.
Il pubblico che prima seguiva distrattamente, ora non si perde più un colpo. Dopo quattro match point annullati Flavia riesce a tenere la battuta e così il set si decide al tiebreak; anche questa volta è Vera che si porta avanti, sino ad avere altri due match point sul 6-4: sono il quinto e il sesto a disposizione. Uno lo manca con una risposta lunga, ma il sesto è di nuovo annullato da Pennetta con un vincente. In totale su sei match point, cinque sono stati cancellati da vincenti.
Sullo slancio della risalita Pennetta chiude il set 8-6 al tiebreak, di fatto rovesciando completamente il destino della partita. Adesso è lei la favorita, e Vera subisce un contraccolpo psicologico durissimo: i game equilibrati che si era più spesso aggiudicata nella prima fase, ora li perde; le fiducia è ai minimi termini, e anche i nervi cominciano a cedere.
Zvonareva è diventata famosa per i pianti durante le partite; attenzione però a farsi distrarre dalle lacrime, perché i pianti spesso non le hanno impedito di vincere comunque i match. Ma questa volta la botta è stata davvero troppo dura: non solo appare disperata, ma comincia a litigare con le abbondanti fasciature alle ginocchia; nei momenti più negativi sfoga la sua frustrazione strappandosi pezzi di cerotto e scagliandoli a terra. E così la protezione di bende che si era portata per quasi tutto il match si riduce di pari passo con le speranze di vincere: alla fine, al momento del 6-0 finale rimangono due sottili strisce bianche attorno a ciascuna rotula.
Pennetta è nei quarti di finale per il secondo anno consecutivo.
E’ un vero peccato che in rete non si trovino più le immagini estese del match. Ma per fortuna è almeno presente QUI un breve riassunto.
2. US Open 2011, QF: Angelique Kerber def. Flavia Pennetta 6-4, 4-6, 6-3
Una delle più cocenti delusioni della carriera di Flavia, a mio avviso criticata eccessivamente sulla base di demeriti più teorici che reali, determinati dal ranking dell’avversaria.
Ricostruiamo la situazione: Pennetta arriva ai quarti di finale sconfiggendo prima la testa di serie numero quattro Sharapova, poi superando in una durissima lotta sul piano fisico Peng Shuai. Flavia ha finito esausta il match, in evidente debito di energie. La situazione appare complicata, anche perché è ancora in corsa nel doppio insieme a Gisela Dulko e non ha intenzione di lasciare la competizione, malgrado i suggerimenti a dare forfait per recuperare un po’ di forze.
Ma la fortuna sembra girare a suo favore: ci pensano le condizioni meteorologiche a darle una mano. La pioggia obbliga a rinvii a ripetizione del match, addirittura sino a tre giorni dopo. A causa dei molteplici annullamenti di programma l’ordine di gioco è così intasato che il quarto di finale si tiene sul campo 17.
A parte questo piccolo disagio, tutto si direbbe stia andando per il verso giusto, visto che l’avversaria appare quanto di meglio si possa desiderare: è Angelique Kerber, una semisconosciuta tedesca, con un curriculum senza particolari successi, classificata addirittura al numero 92 del mondo.
Ma chi è questa Kerber? E’ una giocatrice piuttosto difficile da inquadrare: non ha un lato più forte fra dritto e rovescio, pur essendo mancina non ottiene quasi nulla dal servizio, e si muove e difende meglio di quanto possa sembrare a prima vista. Angelique Kerber è arrivata sin lì prendendo il posto di Agnieszka Radwanska, da lei sconfitta in tre set al secondo turno. Ma, a parte questo successo, sulla carta appare destinata a fare da vittima sacrificale.
E invece le cose iniziano male: Flavia perde il primo set, e si trova sotto 2-4 anche nel secondo. Con un moto di orgoglio vince quattro game consecutivi e pareggia i conti.
Nel set decisivo si porta avanti 2-0 ma poi si spegne progressivamente: Angelique mostra di avere più energie fisiche e nervose, vincendo i tre game conclusivi dal 3-3.
Delusione enorme. Tragedia sportiva. E critiche a dismisura.
Oggi è più facile valutare quella partita, e mettere le cose nella giusta prospettiva. Oggi sappiamo che è difficile trovare un’avversaria peggiore di Kerber da affrontare alla distanza, dopo tre set molto lottati. Oggi sappiamo che per una giocatrice destra con il dritto meno incisivo del rovescio (come allora Flavia Pennetta) Kerber è un ostacolo particolarmente duro, per la sua predilezione a spingere proprio verso l’angolo del dritto avversario. Oggi sappiamo, soprattutto, che quel numero 92 del ranking era ormai assolutamente bugiardo, e che di lì a poco la sconosciuta tedesca sarebbe entrata in pianta stabile nella top ten.
Come se la qualità di gioco dell’avversaria non contasse nulla, ma si dovesse fare riferimento solo al ranking, in tanti allora dissero che Flavia aveva sprecato la possibilità di raggiungere una semifinale a portata di mano, che occasioni del genere capitano una sola volta, e che se a 29 anni si perdono certi treni si è destinate a rimanere con un pugno di mosche a fine carriera. In sostanza: “Pennetta non vincerà mai uno Slam”…
3. US Open 2013, R16: Flavia Pennetta def. Simona Halep 6-2, 7-6 (3)
Ricordate la carriera di Li Na? I primi grandi successi sono arrivati grazie ad un gioco molto lineare, esteticamente quasi da manuale, in cui spiccava la grande qualità di movimento del rovescio. In compenso il dritto risultava un colpo non altrettanto efficace.
Quando Li Na cambia coach (e passa da Jiang Shan, il marito, a Carlos Rodriguez) aumenta la pesantezza dei colpi dalla parte destra: il dritto diventa più potente, più lavorato e con più topspin; aumentano anche le occasioni in cui si sposta a sinistra per giocare il dritto anomalo, che prima era una soluzione quasi mai utilizzata. E pure il servizio diventa più incisivo.
Per certi aspetti anche Flavia Pennetta ha seguito un percorso simile, a dimostrazione che si può continuare a migliorare dopo i 30 anni.
Nel suo caso il cambio di allenatore è avvenuto durante la lunga pausa a cui l’ha obbligata l‘operazione al polso nel 2012. Dopo molti anni di collaborazione, il suo storico coach Gabriel Urpi passa a lavorare con la federazione francese e Flavia inizia una nuova fase con Salvador Navarro. E con Navarro Flavia Pennetta segue una evoluzione che assomiglia a quella di Li Na: inizia a “sporcare” il dritto, lo lavora di più, e grazie al maggiore topspin riesce ad essere più incisiva dalla parte destra. Anche il servizio diventa sempre più un fattore fondamentale con cui ottenere punti facili, che le consentono di trarsi di impaccio in momenti decisivi.
Nel 2013 Pennetta gioca a Flushing Meadows da numero 83 del mondo: è rientrata da pochi mesi, e con grande fatica, dopo l’operazione al polso.
Di nuovo gli US Open segnano un punto determinante della sua vita sportiva, e il quarto turno contro Simona Halep rappresenta al meglio anche i cambiamenti tecnici della nuova Pennetta. Halep è una giocatrice in grandissima ascesa, che nel giro di pochi mesi passerà dal numero 64 ai vertici della classifica mondiale; e se agli US Open 2013 è solamente testa di serie numero 21 è perché il ranking richiede un minimo di tempo per registrare i progressi delle giocatrici.
Pennetta inizia il match benissimo: ottimo servizio, solito gran rovescio e il nuovo “drittone” che rimbalza profondo e alto, ad altezza spalla, e disturba una giocatrice non altissima come Simona. Più sciolta e sicura di Halep, Flavia vince 6-2 il primo set, ma poi le cose si complicano a metà del secondo: dal 4-2 e servizio a suo favore, perde tre game consecutivi e si ritrova in seria difficoltà con un parziale negativo di 11 punti a uno. Halep sale 5-4 e servizio e qui ci pensa la pioggia ad aiutare Pennetta.
L’interruzione è provvidenziale: alla ripresa Flavia salva un set point e ottiene il break del 5-5. Di nuovo break e controbreak per arrivare sul 6-6. Nel tiebreak Pennetta sbaglia meno e chiude in due set.
La sensazione è che in caso di terzo set la partita sarebbe girata definitivamente, ma di fronte alle variabili meteorologiche abbia contato l’esperienza della giocatrice più navigata. In questi US Open Pennetta vince finalmente il quarto di finale (contro Roberta Vinci) e conquista così la prima semifinale major in carriera. Un altro passo avanti significativo, ancora una volta raggiunto nell’amato Slam americano.
4. US Open 2015, R16: Flavia Pennetta def. Samantha Stosur 6-4, 6-4
Della recente vittoriosa edizione degli US Open sono stati giustamente celebrati gli ultimi turni: il quarto di finale contro Petra Kvitova, per l’esemplare tenuta psico-fisica dimostrata in una giornata calda e su un campo con una situazione luce/ombra pessima. La semifinale contro Simona Halep, per la grandissima qualità di gioco, forse la migliore in carriera, con i game conclusivi al limiti della perfezione. La finale contro Roberta Vinci, per la capacità di neutralizzare al meglio il velenosissimo slice di rovescio.
Tutte partite ancora fresche nella memoria; per questo per chiudere faccio riferimento ad un match forse passato un po’ troppo sotto silenzio: quello contro Samantha Stosur in cui Flavia ha mostrato particolare lucidità e consistenza, riuscendo addirittura a non perdere mai il servizio.
Sembra destino che in tutti i grandi successi di Pennetta debba esserci la sconfitta di Stosur: Los Angeles 2009 (6-4, 6-3 in finale), Indian Wells 2014 (6-4, 3-6, 6-1 al terzo turno) e appunto US Open 2015.
Suppongo che all’annuncio del ritiro di Flavia Samantha abbia tirato un sospiro di sollievo, visto che il confronto diretto si è chiuso con un inequivocabile 0-7 (e ricordo anche una sconfitta ufficiosa in Hopman Cup), che credo possa valere a Pennetta anche il titolo di “bestia nera” di Stosur.
Ma, malgrado i precedenti, in quest’ultimo scontro di New York Pennetta trova un’avversaria decisissima a vendere cara la pelle, che mette in mostra il solito gran servizio/dritto con in aggiunta un rovescio sorprendentemente solido.
Di questa partita mi è rimasto impresso un colpo in particolare, con cui Pennetta ha salvato una palla break fondamentale sul 5-4 primo set: su una risposta profondissima di Stosur, Flavia gioca un rovescio in controbalzo con una rapidità e una capacità di coordinazione straordinarie; dalla racchetta esce una traiettoria tesa e velocissima che rovescia in un istante lo scambio, trasformando una situazione complicatissima in un colpo praticamente vincente. Una esecuzione che forse a prima vista non appare particolarmente spettacolare, ma che per i tempi strettissimi e la preparazione quasi nulla richiede a mio avviso doti veramente fuori dal comune.
Eccola:
https://www.youtube.com/watch?v=hp7pObL4JjM#t=98
Contro una giocatrice potente come Stosur, emergono anche tutte le migliori qualità difensive di Flavia, in termini di mobilità e di accuratezza del footwork. Il tutto senza mai perdere di eleganza, anche nelle situazioni più difficili: una dote naturale che, specie dalla parte del rovescio, ha sempre contraddistinto il gesto atletico di Flavia Pennetta.