Nel tennis professionistico di altissimo livello, e per altissimo qui si intende giocatori da top-15, top-20 ATP al massimo, e di solito non giovani o giovanissimi (visto anche l’innalzamento dell’età media dei primi), il ruolo e il significato della figura dell’allenatore diventano molto diversi da quelli della “semplice” guida tecnica e tattica. Quando si tratta dei migliori giocatori del mondo, non si può più parlare di correzioni ed evoluzioni tecniche vere e proprie: il bagaglio di automatismi, coordinazione, abitudine all’anticipo, senso del ritmo, percezione e gestione delle geometrie del campo, degli angoli e del posizionamento rispetto a essi, sono ormai sedimentati, e diventa difficilissimo intervenire su questi aspetti. Le poche volte in cui vengono implementate con successo delle variazioni nella tecnica esecutiva vera e propria sono infatti delle eccezioni notevolissime, autentici “miracoli sportivi” (pensiamo al lavoro fatto da Goran Ivanisevic sulla preparazione del dritto e sul caricamento del servizio di Marin Cilic, e alla decisiva semplificazione del mulinello con una più efficace azione del polso ottenute sempre nel servizio da Novak Djokovic), tanto rari da risultare giustamente meritevoli di plauso e analisi approfondita.
Quando poi si tratta di un campione del calibro di Roger Federer, i margini di azione di un tecnico sono praticamente inesistenti. Se ti mettono in mano una macchina da tennis virtualmente perfetta in termini di esecuzione dei colpi, il cofano del motore lo devi lasciare chiuso, senza nemmeno provare a darci un’occhiata. Quello che puoi fare è sederti al posto del navigatore, e come in una gara di rally impegnarti a trovare le traiettorie migliori per sfruttare al massimo le straordinarie prestazioni della macchina stessa, esaltandone le caratteristiche. E, naturalmente, pianificare con estrema attenzione tutto quanto è necessario fare per presentarsi in gara al massimo della condizione possibile.
Quello che Stefan Edberg ha fatto, durante gli ultimi due anni in cui ha accompagnato Federer nel tour, è stato esattamente questo, e lo ha fatto con grande successo ed efficacia. Un ritorno al tennis più aggressivo dei primi anni di carriera, propensione che Roger ha sempre avuto e che è bastato “tirare fuori dal cassetto” per rimetterla in campo, è solo la punta di un iceberg la cui grossa, imprescindibile base, è stata una esemplare gestione dell’attività in senso globale, a partire dalla programmazione dei tornei a cui partecipare, e dalla preparazione fisica e atletica: cose come la “SABR”, e più in generale le percentuali di discese a rete e la ricerca dello scambio breve sono solo conseguenze di una filosofia di gioco studiata a monte.
In che modo potrà inserirsi in questo meccanismo Ivan Ljubicic? L’ex numero tre del mondo è una persona intelligente e con grandissima esperienza, e quanto descritto sopra lo sa benissimo, avendo vissuto e giocato il tennis dei livelli top. Proprio per questo, sono convinto che Ivan potrà fare uno splendido lavoro con Roger, proseguendo sulla strada già tracciata e seguita con Edberg, e mettendoci del suo in un modo forse ancora più efficace dello svedese. Questo per la banale ragione che “Ljubo” e Federer sono quasi coetanei (due anni in più per Ivan), e di conseguenza c’è una maggiore conoscenza diretta, di prima mano, del circuito attuale. Ljubicic con molti degli avversari che Roger dovrà affrontare nel 2016 ci ha giocato (ha interrotto l’attività agonistica nella primavera del 2012, è ancora molto “fresco” di campo), e in particolare negli ultimi periodi della carriera lo ha fatto con un approccio tecnico-tattico piuttosto simile a quello del Federer più recente, ovvero grande applicazione nell’ottenere percentuali alte con il servizio, e ricerca immediata dell’uno-due vincente. Oltre a questo, Ljubicic ha pure affrontato Roger per 16 volte, vincendo tre match (l’ultimo nel 2003 a Basilea), con forse il confronto più bello in finale a Miami nel 2006 (7-6, 7-6, 7-6 per lo svizzero, partita di livello altissimo). Quindi, per esempio, sa bene anche quali sono le cose che, da avversario, danno più fastidio del gioco di Federer. Questi sono particolari non di poco conto, che a mio avviso potranno dare una “marcia in più” alla collaborazione professionale tra i due.
Il ruolo di Ivan, insomma, dopo la buona esperienza nella gestione di Milos Raonic, e avendo nel contempo potuto beneficiare di una “scuola di coaching” insostituibile e preziosa con Riccardo Piatti al suo fianco, non sarà certo quello di andare a dire a Federer: “Ehi, Roger, cerca di aprire di più le spalle quando tiri lo sventaglio di dritto”, ma potrà certamente risultare utilissimo nel momento in cui potrà consigliarlo dal punto di vista tattico match per match, con suggerimenti come “Ehi, hai notato che Murray soffre gli angoli aperti dal centro del campo, e li difende spesso in lungolinea?”, oppure “Roger, lo sai che quando scendi dietro allo slice esterno e corto è impossibile passarti?”, dettagli e situazioni di partita che lui stesso ha sperimentato e colto da giocatore. Durante la sua carriera, infatti, Ljubicic è stato un tennista di una lucidità strategica esemplare, perfettamente consapevole dei propri pregi (gran servizio e rovescio) e difetti (dritto non abbastanza carico e continuo, mobilità laterale non rapidissima), capace di esaltare i primi, e mascherare i secondi, fino ad arrivare alle spalle di Rafael Nadal e proprio Roger Federer, nella posizione di ranking (n°3 a maggio 2006) all’epoca considerata quella del “primo degli umani”.
Scopriremo di più nelle prossime settimane, ma le premesse perché la scelta di Federer e Ljubicic possa rivelarsi vincente ci sono tutte. Anche dal punto di vista umano, per quel poco che si può cogliere “dietro le quinte” e parlando con gli addetti ai lavori, l’impressione è che Roger e Ivan (che ovviamente già si conoscono molto bene, a livello di amicizia personale e di famiglia) possano essere compatibili e sulla stessa lunghezza d’onda sul piano caratteriale, pacati, educatissimi e corretti, poliglotti, piuttosto riservati nella vita privata, serissimi nel lavoro e negli allenamenti. In bocca al lupo a entrambi, attendendo di vederli all’opera in campo tra meno di un mese.