Poco meno di un anno fa, a febbraio, Ivana Jorovic era sulla rampa di lancio.
A metà del 2014 la giovane serba aveva raggiunto la finale nel singolare juniores del Roland Garros, ma soprattutto era salita al primo posto della classifica mondiale under 18 a diciassette anni appena compiuti (è nata il 3 maggio 1997). Ad agosto poi trascinava la Serbia alla vittoria nel campionato europeo under 18 a squadre, un exploit che nella storia del tennis giovanile del paese balcanico era riuscito solo alla rappresentativa maschile nell’anno in cui aveva schierato in formazione delle giovani promesse che si chiamavano Novak Djokovic e Viktor Troicki.
A quel punto la scelta era stata quella di passare definitivamente al tennis professionistico, e Ivana aveva le idee ben chiare sul suo futuro e sugli obiettivi da raggiungere nel breve periodo.
“Volevo diventare la n. 1 junior, ci sono riuscita, ora mi dedicherò completamente al tennis senior. Punto ad arrivare tra le prime 100 alla fine del prossimo anno” diceva la giovane serba nel settembre 2014 dopo aver affrontato le qualificazioni del suo primo torneo WTA in Lussemburgo, sconfitta al secondo turno dalla n. 85 WTA Larsson. La vittoria, il mese dopo, in un torneo ITF da 50.000$ a Nuova Delhi (dopo che nei due anni precedenti ne aveva vinti 4 di livello inferiore, da 10.000$), le consentiva di finire l’anno al n. 452 WTA con un salto di circa 400 posizioni dall’anno precedente e sembrava la conferma che la diciassettenne speranza del tennis serbo fosse effettivamente pronta per il grande salto nel tennis professionistico. Lo credevano anche gli addetti ai lavori, tanto che nei mesi successivi la Jorovic aveva attirato persino l’attenzione di una leggenda come Chris Evert, che l’aveva chiamata ad allenarsi nella sua accademia (probabilmente anche grazie ai buoni uffici della StarWings, l’agenzia di sport management che le rappresenta entrambe e il cui CEO è Lawrence Frankopan, da quest’anno direttore del torneo ATP di Umago).
Insomma, tutto faceva presupporre che Ivana raggiungesse rapidamente le sue amiche Belinda Bencic e Ana Konjuh e ricostituisse nel circuito WTA il trio di grandi amiche che si frequentava in giro per i tornei juniores, prima che la svizzera e la croata facessero il grande salto tra le “pro”.
“Loro sono passate presto nel tennis senior, io ho preferito diventare la n. 1 a livello giovanile, ecco perché le nostre strade si sono divise” aveva raccontato all’inizio di quest’anno la giovane tennista di Cacak al quotidiano serbo “Vecernje Novosti”, dopo l’esordio in Fed Cup dello scorso febbraio, realizzando il sogno che aveva espresso solo pochi mesi prima con la vittoria agli Europei juniores.
Un esordio peraltro clamoroso quello di Ivana in Fed Cup, con tre vittorie in altrettanti match di singolare.
E pensare che era stata chiamata praticamente all’ultimo momento, per rimpiazzare – insieme ad Aleksandra Krunic – le titolari Ana Ivanovic e Jelena Jankovic, che avevano rinunciato alla trasferta a Budapest, sede del girone del Gruppo 1 della Zona Euro-Africana. Delle tre vittorie della giovanissima serba, la più esaltante e inaspettata era stata sicuramente quella ottenuta proprio contro la grande amica e coetanea Konjuh – una battaglia terminata 7-5 al terzo – che in quel periodo la sopravanzava di oltre 200 posizioni in classifica.
L’exploit con la nazionale appariva come l’ennesima conferma che una nuova “teen-ager terribile” stesse per fare il suo ingresso sul palcoscenico del tennis mondiale femminile. La Jorovic in quel periodo aveva raccontato di come si stesse preparando al salto tra le “grandi”: 4 ore di tennis, preparazione fisica, massaggi e training mentale con la psicologa, dal lunedì al sabato. Un’attenzione massima anche all’alimentazione, con carboidrati a pranzo e proteine a cena e l’unica concessione al palato un dolce, ma massimo una volta al mese. Era, quello del dolce, l’unico momento in cui Ivana si “ricordava” di essere un’adolescente e ammetteva, teneramente, un debole per le palacinke. Dolce diffuso in tutti i paesi dell’ex Jugoslavia e più generale nella Mitteleuropa, le palacinke sono simili alle crepes francesi, ma nella loro composizione (farina, latte, uova e zucchero, qualcuno però sostiene che il trucco sia quello di aggiungere un po’ di acqua gassata all’impasto) non c’è il burro. Ivana rivelava di apprezzare in particolare quelle del locale “Galija” di Cacak, tanto da essere quest’ultimo una sua tappa obbligatoria ogni volta che torna nella sua città natale.
Ma palacinke a parte, nell’occasione aveva impressionato la determinazione e l’attenzione che una ragazza così giovane poneva all’aspetto mentale e motivazionale: lavorava (e continua a lavorare ancora oggi) con una psicologa e leggeva libri di PNL (Programmazione Neuro Linguistica, insieme di tecniche e di modelli che aiutano a migliorare la capacità comunicativa e consentono di avere una visione più profonda di se stessi e degli altri).
Così impegnata a crescere sotto l’aspetto motivazionale da arrivare ad un livello di autostima tale che già qualche mese prima, dopo la sconfitta nella già citata finale di Parigi (sconfitta ovviamente presa non benissimo:“Ero arrabbiatissima, tanto che rientrata dal controllo antidoping ho spaccato la racchetta”), non appariva per niente intimorita dalle future sfide con le campionesse del circuito femminile. Tanto da rispondere così alla domanda di cosa pensasse su un eventuale confronto con le due star del tennis serbo Ana Ivanovic e Jelena Jankovic:
“Perché pensate che mi battano? Io credo che dovrebbero faticare per superarmi!“
Un po’ presuntuosa – ma a 17 anni è forse anche naturale esserlo un pochino, se riesci a diventare la n. 1 al mondo junior – ma riconoscente verso chi l’ha aiutata lungo il cammino. Nata e cresciuta a Cacak, cittadina che è il centro economico della Serbia centrale, trasferitasi poi a Novi Sad ed ora residente a Belgrado, Ivana ha potuto continuare a coltivare il suo sogno di diventare una tennista anche grazie all’aiuto di Novak Djokovic e alla sua famiglia. Memori delle grosse difficoltà economiche che hanno dovuto affrontare per permettere a Novak di diventare il grande campione che è oggi, i Djokovic – riconoscendo il notevole talento di Ivana – hanno permesso alla ragazza di allenarsi nel centro tennistico di loro proprietà a Belgrado.
“Un grande grazie alla famiglia Djokovic. Mi hanno dato la possibilità di allenarmi sui campi del Novak Tennis Center, ha significato molto per me” aveva ricordato Ivana subito dopo la finale junior di Parigi.
Siamo alla fine 2015, e le cose non sono andate come la giovane serba si aspettava all’inizio dell’anno. Ma per come si stavano mettendo ad un certo punto, tutto sommato non è poi andata così male.
Una serie di infortuni proprio all’inizio della stagione ne hanno compromesso i piani e la Jorovic ha dovuto rallentare nella sua corsa verso la top 100. Tanto che l’unico torneo disputato a livello WTA in stagione è stato di nuovo quello lussemburghese, dove stavolta però si è fermata al primo turno delle qualificazioni (curiosamente, contro la stessa avversaria che aveva sconfitto l’anno precedente, la diciannovenne francese Oceane Dodin). Con in scadenza la pesante cambiale della vittoria a Nuova Delhi dell’anno prima, a quel punto – eravamo ad ottobre- sembrava che anche solo la permanenza tra le prime 300 al mondo fosse in pericolo.
All’improvviso però, come spesso capita con i giovani, la teen-ager serba è ripartita alla grande e in due mesi ha salvato la stagione.
Due vittorie in due tornei ITF da 25.000$, prima in Turchia e poi in Polonia, e soprattutto la recente vittoria nell’ITF di 50.000 $ in Turchia hanno del tutto cambiato il giudizio finale sul suo 2015.
Soprattutto la vittoria ad Ankara è stata una sorpresa, anche per la stessa Jorovic. Basti pensare che prima di partire per il torneo turco, si era confidata nuovamente con il “Vecernje Novosti”, parlando della stagione che si stava concludendo e del fatto che non fosse andata proprio secondo le aspettative.
“Ci sono stati parecchi alti e bassi. Però la cosa più importante è che ho difeso in classifica i punti del torneo vinto lo scorso anno e che ho concluso la stagione nel migliore dei modi” aveva detto la tennista serba, quasi convinta che la stagione non avesse altro da riservarle, tanto da rammaricarsi per non essere riuscita ad entrare tra le Top 200, ma essere comunque soddisfatta che i due tornei vinti le avevano portato in dote 100 punti che compensavano l’uscita degli 80 punti della vittoria dell’anno prima in terra indiana.
Invece ecco il botto di fine anno. Ad Ankara la tennista di Cacak ha disputato uno splendido torneo e dai quarti in poi ha battuto tre teste di serie, tutte giocatrici tra le prime 200 al mondo. In finale ha superato la tennista di casa Cagla Buyukakcay, n. 129 WTA, per 7-6 3-6 6-2. Un risultato che le consentito un salto di 50 posizioni in classifica e l’ingresso per la prima volta tra le Top 200, al n. 190 WTA.
Da quanto accaduto, sembra che Ivana abbiamo tratto le giuste lezioni.
Da qualche mese si allena con Dejan Petrovic, coach che ha allenato i maggiori giocatori serbi: da Djokovic alla Jankovic, per finire con la Ivanovic che ha seguito sino allo scorso maggio.
“Deki (il classico diminutivo del nome Dejan in Serbia, ndr) è veramente super! Mi conosce da quando ero piccola e si è subito integrato nel team. Ha già lavorato con i giocatori serbi e conosce bene la nostra mentalità” ha dichiarato Ivana Jorovic in merito al rapporto con il suo nuovo allenatore.
Sarà forse anche un po’ merito del nuovo coach, ma la sensazione è che la presunzione di un anno fa abbia fatto posto ad una giusta dose di umiltà. Tanto che la Jorovic, con un sorriso, ha voluto mettere le mani avanti davanti alla domanda sui piani 2016.
“Solo non chiedetemi di piani e obiettivi. Tutto quello che ho detto lo scorso anno non si è avverato! Il mio obiettivo è quello di giocare senza infortuni. Lo scorso anno mi sono infortunata a gennaio, febbraio e marzo. Adesso voglio solo rimanere sana, a posto fisicamente e divertirmi sul campo. I risultati arriveranno” ha dichiarato la 18enne di Cacak.
Sì, sembra proprio che ora in Ivana ci sia quella giusta umiltà che è importante accompagni sempre chi ha consapevolezza nei propri mezzi e fiducia in se stesso, per crescere e puntare ai propri obiettivi nei tempi e nei modi adeguati. Ed evitare di scivolare nella presunzione e nell’arroganza, che rischiano di far saltare delle tappe importanti del proprio percorso di crescita e di conseguenza allontanare quegli obiettivi. Talvolta talmente tanto da farli diventare, ad un certo punto, irraggiungibili.
Consapevolezza e fiducia che la Jorovic non ha assolutamente perso, come dimostra la frase che ha aggiunto subito dopo:
“Sento che il 2016 sarà il mio anno”.
Nessun proclama, ma è evidente che dietro questa frase si cela la speranza che il prossimo sia finalmente l’anno in cui festeggiare l’ingresso nella Top 100. Magari davanti a un piatto di palacinke nel centro di Cacak…