Sei contenta complessivamente di come hai giocato oggi in condizioni diverse, con il tetto?
Sì, l’anno scorso penso di non aver giocato un incontro indoor fino a quando chiusero il tetto nella finale, quindi è un bene aver giocato in un ambiente diverso. In più contro qualcuno che non avevo mai affrontato prima, che è piuttosto raro, ho avuto la sensazione che il suo gioco fosse un po’ imprevedibile. Ho dovuto fare degli aggiustamenti. Lei ha giocato un paio di bei colpi, commesso un paio di errori, alcune grandi prime di servizio e alcune più corte. Oggi è stata per me una questione di adattamento.
Nel finale di primo set hai avuto qualche difficoltà col servizio. È stato un problema di tempismo? Come lo correggi immediatamente?
Sì, il mio lancio di palla ha smesso di funzionare un poco, ma penso di aver servito bene nel resto del match, quindi va bene. Ho migliorato le mie risposte oggi rispetto al primo incontro.
I giocatori spesso parlano di fiducia che arriva dalle vittorie e dagli incontri giocati. Quando ti capita una situazione in cui non hai ancora giocato, hai mancato il primo torneo dell’anno e arrivi un poco fredda, da dove ricavi quella fiducia?
Penso dall’aver chiuso la scorsa stagione con un buon passo. Considerando che non avevo giocato molto da Wimbledon. Gli incontri che ho giocato erano di buona intensità però, fisici. Ne sono venuta fuori. Penso che mi abbia dato… specialmente a Praga, persino alla fine, come team non abbiamo vinto ma sono state grandi vittorie personali per me. Giocare contro Kvitova di fronte a quindicimila fan cechi che gridano, ho sentito che c’era molto in ballo e che dovevo affrontarlo da sola, contro qualcuno da cui ero stata sconfitta soltanto un paio di settimane prima. È stata una grande vittoria. Quindi penso che prenderla e portarla con me nella stagione… non ho avuto davvero una pausa così lunga.
Hai giocato un buon numero di smorzate oggi. Come giudichi la tua padronanza di questo colpo che hai appena aggiunto al tuo arsenale?
“Padronanza” e “arsenale” in una frase, hai un gran vocabolario! Sì, è un colpo che ho aggiunto al mio gioco e mi ha aiutato, specialmente contro avversarie che rimangono molto lontane dalla rete. Quando gioco aggressiva e do profondità ai miei colpi, è un bene avere questa variante da aggiungere, per avanzare. Oggi ne ho giocate un paio buone, e un paio davvero pessime. Direi un risultato abbastanza mediocre.
È un colpo che ti farebbe piacere utilizzare ancora nel torneo, o è più che altro un esperimento?
Non è il mio piano A, di certo. È qualcosa che voglio aggiungere per migliorarmi, è una di quelle cose che si cercano di migliorare. Qualcosa con cui anche lavorando per due anni con un nuovo allenatore, poco a poco, non è visibile nel giro di una settimana. C’è bisogno di tempo per entrare in fiducia con le cose su cui lavori.
Riguardo l’infortunio di Brisbane, hai smesso di provare dolore?
Sì, mi sento abbastanza bene. Oggi ho avuto la sensazione di avere più fiducia nella mia mano destra, è qualcosa che, specialmente quando si parla dell’area del polso e della mano, rimane sempre lì nella tua testa. Mi sono sentita bene e in fiducia oggi.
Da quando sei entrata tra i professionisti l’età media delle giocatrici si è alzata drasticamente. D’altro canto l’età del ritiro dei tennisti non è così alta come quella di altri sport, come i quarterback del football americano. Cosa pensi abbia contribuito all’alzarsi dell’età media? Pensi che avremo l’occasione di vedere giocatori di 38, 39, 40 anni negli Slam?
Non lo so. Posso parlare solo dalla prospettiva della mia età. Quando ero una adolescente non pensavo che avrei giocato molto prossima ai trent’anni, e invece eccomi qui a 28 a sentirmi molti altri anni davanti. Penso che le nostre prospettive cambino, il gioco si evolve e cambia il tuo atteggiamento. Ma come donna, pensi anche ad altre cose, quindi è difficile paragonare uomini e donne. A un certo punto vuoi una famiglia e dei bambini. Alcune ritornano nel tour dopo, altre no. È un fattore da considerare. Ma non riesco a vedermi giocare come quarterback a trentotto anni. (Ride.) No, proprio non ci riesco. Mi sono appena paragonata a un quaterback, è una cosa buona? O no? (Ride.) Proprio non riesco a immaginarmi a giocare a trentotto anni.
Hai parlato spesso dell’importanza delle tue origini russe. C’è stato un coinvolgimento pazzesco con le Olimpiadi ultimamente. Parlaci delle Olimpiadi se ti va. Cosa significherebbe per te vincere una medaglia d’oro ed essere lì sul podio?
Penso di andare per quello, certo, si pensa sempre al premio migliore che si può ottenere ad un evento. Ma l’esperienza di essere un’atleta olimpica è così soddisfacente… posso parlare solamente di quella di Londra, ma sono stata così sommersa dall’esperienza di essere attorno ad altri atleti, essere così rispettata, avere l’occasione di entrare nel villaggio olimpico prima della cerimonia di apertura e passare un paio d’ore lì vedendo atleti di ogni sport. Alcuni si stavano allenando nel giardino, alcuni pugili colpivano l’aria per esercitarsi. È qualcosa di così speciale da vedere, ci si sente un gruppo unito. Questi atleti magari non si sono mai incontrati prima di persona, ma tutti ci siamo rispettati e compresi a vicenda, perché sappiamo cosa deve attraversare un atleta, i sacrifici, il duro lavoro e la competizione.
Traduzione di Raoul Ruberti