Noi non eravamo in grado di sentire dai monitor, che cosa è successo esattamente? C’era davvero della musica?
A meno che io non senta delle voci sì, mi è sembrato ci fosse della musica. Qualcun altro la ha sentita?
Io l’ho sentita.
Perfetto, ecco qui.
Veniva per caso da…
Non so da dove venisse. Il giudice di sedia mi diceva che non riusciva a sentirla, ma io potevo chiaramente sentirla. Quindi adesso si può giocare a tennis con la musica di sottofondo, devono aggiungerlo al regolamento.
Forse veniva dalla Margaret Court Arena.
Non sembrava così potente. Se invece è così, colpa mia. Ma ha smesso appena abbiamo cambiato campo.
Ti ha distratto dal tuo gioco?
Non necessariamente. Era soltanto strano. Il giudice di sedia continuava a dirmi che non riusciva a sentirla. Non so, avrebbe potuto magari usare il microfono per chiedere di abbassare il volume. Non so, non mi era mai capitato prima.
Ti ha dato l’opportunità di fermare il gioco se avessi voluto, però.
Lo ha fatto, ma non ha detto al pubblico di fare silenzio nel caso in cui fosse venuto dal pubblico, che mi sembra il minimo da fare se sei il giudice di sedia.
Come valuteresti la tua prestazione di oggi, con la rimonta nel terzo set?
Non penso di aver giocato troppo male. Non ho servito al meglio, ma ho dato battaglia meglio che ho potuto. Ho cercato di giocare più palle che potevo. Lui ha servito davvero bene nei momenti cruciali, è stato aggressivo dall’inizio alla fine. Non sentivo di avere abbastanza ritmo in nessuna fase del match. Cercavo di giocare le palle, uscire dai guai con il servizio. Non ho avuto ritmo, questo è ciò che lui fa davvero bene. Gioca alla sua velocità nei suoi turni di servizio, non ti dà tempo, preme il piede sull’acceleratore. Penso sia stato piuttosto impegnativo da affrontare.
Hai giocato un gran bel terzo set. Perché credi di non essere riuscito a proseguire in quel modo?
Nel quarto set lui si è limitato a mantenere il controllo. Nel terzo ho ottenuto presto un break, ho continuato con quell’impeto, il pubblico si è fatto coinvolgere. Ecco perché credo che giocare in casa sia un tale vantaggio. Questa è la ragione per cui lui è un top player, controlla la situazione, rientra nel match, gestisce i suoi tempi, serve ad alto livello e colpisce molto stretto nei momenti importanti.
Aveva lui la spinta vincente in quel momento?
Ho pensato che se avessi vinto il quarto avrei vinto anche il quinto. Mi sentivo a posto fisicamente. Ma non l’ho fatto, quindi non è davvero un argomento di cui parlare.
C’è stato del grande intrattenimento lì fuori. Però ha vinto il tennista più serioso. Hai mai pensato di dover mettere equilibrio tra l’intrattenimento e l’efficacia per ottenere risultati migliori?
Beh, sì, ho messo molte palle di là quando ho dovuto. Ho giocato un paio di bei colpi, penso di averlo fatto al momento giusto. Ogni volta che andavo a colpire mi trovavo in una posizione difficile. Non sono sicuro, ma penso di dover essere più forte e più in forma per battere giocatori del genere.
Hai lavorato con Lleyton Hewitt ultimamente. Come pensi che abbia aiutato la parte mentale del tuo gioco? Ti si poteva sentir dire cose come: Ben giocato. Pensi che ti aiuti?
Ad essere sinceri l’ho fatto per tutta la vita. Ho sempre fatto i complimenti agli avversari sui loro colpi migliori, è una cosa che non è mai cambiata.
Eri qui a guardare Lleyton salutare il tennis l’altra sera o l’hai guardato dalla TV?
Ero nella mia stanza. L’ho guardato fino alla fine.
Ti ha motivato? Vuoi impegnarti ancora di più per prendere il suo testimone?
Sì, sarebbe fantastico. È stato davvero triste vederlo andare via. Vedere la sua famiglia sul campo è stato commovente. Non mi sono messo a piangere io, ma mi sono sentito piuttosto triste. Sto facendo tutto ciò che posso per riprendere ciò che lui ha lasciato. Ma sono un tantino lontano al momento. C’è un pochino di lavoro da fare.
Qualche novità sulla situazione allenatore? Qual è il tuo piano per questa stagione?
Beh, non ci ho ancora pensato davvero. Non sto davvero cercando un allenatore. Sì e no. Sono abbastanza soddisfatto al momento.
Hai dato l’impressione di divertirti nel terzo set. Quanto ti stavi divertendo?
Mi stavo divertendo un sacco, effettivamente. Avrebbe dovuto essere così dall’inizio. Forse sono sceso in campo troppo serio, cercando troppo di concentrarmi su cosa dovevo fare. Probabilmente sarei dovuto andare lì a cercare di divertirmi, non prenderla troppo seriamente, come nel terzo set.
Hai tirato una pallata alla spider cam, oggi. Ti infastidisce quando ti si avvicina?
No, in realtà. Mi è venuta voglia di farlo e basta.
Come mai pensi di aver deluso così tanta gente? Tutti perdono ogni tanto.
Djokovic non perde. (Sorride.) Non è abbastanza? Mi aspettavo un po’ di più da me stesso. Mi aspettavo un’altra lunga cavalcata. Ci ho lavorato un sacco. Mi spezza un po’ il cuore.
Parlaci un poco del tuo allenamento. Sembri star sperimentando degli approcci poco ortodossi, come i sei avversari a rete.
Quello non è allenamento, è un gioco. Sono i ragazzi con cui sono cresciuto, ho giocato molto con loro. Mi sostengono sempre. Sono sempre stati buoni amici, sempre con me quando ero giù. Cerco di coinvolgerli più che posso, come compagni di palleggio o altro. So che significa molto per loro.
È importante giocare contro i top 10 per arrivare anche tu lassù?
Sì, sicuramente. È per quello che gioco. Ero eccitato quando ho battuto Cuevas, sapevo che avrei sfidato Tomas. Sapevo che avrei dovuto giocare il mio miglior tennis per vincere. Sapevo di non essere il favorito, ma mi sentivo che avrei davvero potuto vincere. Ho finito per mettermi addosso un sacco di pressione da solo. Ma è stata anche una buona esperienza. Adesso so cosa fare per migliorare.
Traduzione di Raoul Ruberti