[3] R. Federer b. [15] D. Goffin 6-2 6-1 6-4 (Valerio Vignoli)
Sotto gli occhi di Rod Laver e Kim Clijsters, un Roger Federer di lusso demolisce il belga David Goffin, contro il quale si era aggiudicato piuttosto nettamente anche tutti e 4 i precedenti. Il fuoriclasse elvetico si qualifica dunque per la dodicesima volta ai quarti di finale degli Australian Open, dove affronterà il ceco Tomas Berdych, n.6 del ranking ATP, con il quale a sua volta ha un ottimo record (15-6).
È un Federer subito centrato quello che scende in campo sulla Rod Laver Arena: tante prime in campo (alla fine saranno il 69%), pochi gratuiti (alla fine saranno solo 20 a fronte di ben 39 vincenti) e scambi rapidi. Goffin, che da piccolo aveva appesi nella sua cameretta i poster del fenomeno di Basilea, sembra quasi intimorito dalla feroce determinazione del suo avversario. Il break per Roger non tarda ad arrivare. Infatti sotto 2 a 1 e 30-40, Goffin cede il proprio servizio affossando in rete il dritto. Ma la locomotiva rossocrociata va di fretta oggi. Avanti 5 a 2 e servizio Goffin, Federer infatti si porta sullo 0-40 e, alla terza occasione, conquista il set in soli 21 minuti di gioco, perdendo la miseria di 2 punti al servizio.
Roger prosegue la sua lezione di tennis, esibendo tutto il proprio immenso repertorio: colpi in controbalzo, frustate da fondo e volée micidiali. Proprio come nel primo set il n.3 del ranking ATP rompe gli indugi nel quarto gioco togliendo ancora il servizio al leggero tennista vallone con un perfetto dritto dal centro del campo. Goffin è impotente di fronte alla supremazia del 17 volte vincitore Slam che allunga di un altro break sul 4 a 1 con un incredibile lob in recupero, al termine di un game durato 17 punti, il più lungo dell’intero match. Federer conclude il set in suo favore nel gioco successivo su una risposta di rovescio lunga del 25enne di Liegi.
Il terzo set si apre con un altro break in favore dello svizzero che continua a deliziare il pubblico australiano con i suoi colpi d’autore. Il sempre composto Goffin comincia a mostrare segni di frustrazione e, sotto 3 a 1, perde ancora il turno di servizio. Il n.16 del ranking ATP trova però la forza di reagire nel gioco successivo ottenendo la sua prima palla break e sfruttandola con un preciso rovescio incrociato. Questo sussulto di orgoglio non si tramuta tuttavia in una vera rimonta perché Federer sul 5 a 4 con una battuta slice esterna mette fine al suo one-man-show e porta a casa l’incontro in meno di un’ora e mezza.
[1] N. Djokovic b. [14] G. Simon 6-3 6-7(1) 6-4 4-6 6-3 (Benedetto Napoli)
L’aggancio a Jimmy Connors è servito, il sorpasso ai danni di Ivan Lendl è avvenuto, ma quanta fatica contro un Simon che ha venduto cara la pelle come mai finora. Con i quarti di finale conquistati grazie a questa soffertissima vittoria l’attuale numero 1 del ranking ATP Novak Djokovic aggancia Connors nella classifica dei quarti di finale raggiunti consecutivamente (27 totali, l’ultima volta perse dal tedesco Philipp Kohlschreiber al Roland Garros del 2009) e stacca Lendl nella graduatoria dei quarti raggiunti in carriera (35). Per il francese n. 15 ATP arriva la decima sconfitta su undici partite giocate contro il campione serbo, ma mai come stavolta è riuscito a metterlo in difficoltà.
Il primo set vede il dieci volte campione Slam molto falloso sia col dritto che col rovescio: difatti dopo aver strappato il servizio al numero 3 di Francia a zero nel quarto gioco si fa immediatamente controbrekkare. Il settimo game, durato oltre i quattordici minuti, vede Simon siglare il suo primo vincente e sprecare ben quattro break-point, con il serbo che chiude grazie a un servizio vincente e scarica la tensione con un urlo liberatorio. Djokovic alza leggermente il livello del suo tennis (sebbene resti molto falloso) e brekka nuovamente l’avversario, riuscendo a chiudere il set sul proprio turno al servizio nonostante debba annullare due palle break. Le difficoltà non sono finite qui, anzi raddoppiano: il tennista transalpino imbriglia il gioco di Djokovic, con quest’ultimo costretto a diversi non forzati. Eppure il serbo ha ben dodici occasioni per strappare il servizio all’avversario, ma un Simon in modalità “The Wall” riesce ogni qualvolta a restare aggrappato al match e a far innervosire parecchio il cinque volte campione a Melbourne Park, pescato dalle telecamere a inveire verso il suo angolo tecnico. Il set si decide al tie-break e Simon pesca due jolly sotto forma di mini-break: il primo su una palla corta spentasi a rete del serbo, la seconda con un rovescio incrociato vincente. Il tie-break termina 7-1 per Simon, Djokovic perde il suo primo set dell’anno.
Ormai il canovaccio sembra chiaro: il francese gioca centrale in modo tale da non dare angoli al serbo; quest’ultimo per via dei tanti gratuiti è restio a scendere a rete. Break e contro-break tra i due (prima Djokovic a 30, successivamente Simon a 0) e quando l’allievo di Boris Becker sciupa l’ennesimo break-point colpisce involontariamente una raccattapalle, fortunatamente senza conseguenze. Nel decimo gioco la testa di serie n. 1 ritrova il cinismo dei tempi migliori sfruttando il primo set-point. Djokovic avanti per due set a uno, ma il serbo non riesce ad ammazzare il match e dopo aver tenuto con molta difficoltà i primi quattro turni di battuta cede il servizio sul 4-4 e nel game decisivo rovina una mini rimonta con due tentativi di smorzata scellerati. Djokovic non andava al quinto set dagli ottavi a Wimbledon contro Kevin Anderson. Nel 2015 era solito concludere i match lunghi 5 set con prove di forza schiaccianti e il copione sembra lo stesso anche quest’oggi: due break di vantaggio sembrano incanalare il match verso un facile 6-1 ma il break subito da Simon stravolge ogni piano. Dopo più di quattro ore e 100 gratuiti, Djokovic riesce a chiudere il match grazie a un rovescio lungo linea: un vero e proprio paradosso. Intervistato a bordo campo da Courier il serbo fa i suoi complimenti a Simon e ammette che per battere Nishikori (h2h 5-2 per il serbo, ma l’unico confronto Slam l’ha vinto il nipponico) dovrà alzare nettamente il livello del proprio tennis. Infine a uno spettatore che lo incita ironicamente di non fare più palle corte il campione in carica degli Australian Open risponde con un laconico (ma con il sorriso stampato in faccia): “Hai assolutamente ragione”.
[6] T. Berdych b. [24] R. Bautista Agut 4-6 6-4 6-3 1-6 6-3 (Riccardo Sozzi)
Grande spettacolo e grande equilibrio ciò hanno offerto quest’oggi i due contendenti in campo che, come provato dai precedenti, hanno dovuto combattere non poco l’uno contro l’altro dando vita ad un grande match. Nel primo set assistiamo a sprazzi del “vecchio” Berdych, troppo distante dalla linea di fondo campo, poco propositivo, che si affida solo alla potenza dei propri colpi, ma Bautista-Agut, che oggi va alla ricerca del primo quarto di finale Slam, ci mette poco a fargli capire che non sarà così facile portare a casa il match odierno. Lui che giocando un tennis molto piatto e profondo commettendo pochissimi errori mette più volte in crisi il ceco soprattutto quando quest’ultimo non mette la prima. Il break arriva puntuale nel quinto gioco e lo spagnolo non lo molla più fino al termine del parziale, concedendo nel decimo gioco una palla del contro-break al ceco che però sparacchia malamente col rovescio.
Il secondo set sembra ricalcare gli stessi binari del primo, ma con una differenza, ora è lo spagnolo a fare più fatica soprattutto col servizio la cui prima palla fatica a fare davvero male. Il momento topico arriva sul 3-3 e servizio Berdych col ceco che annulla tre pericolosissime palle break consecutive, qui il match arriva ad una sorta di giro di boa con quest’ultimo che entra definitivamente in partita commettendo meno errori e mettendo sempre più pressione al suo avversario che, al momento di servire per prolungare il parziale, si fa rimontare da 40-0 perdendo poi la battuta ed il set a seguito di quello che fin lì era stato il game più lungo dell’incontro. Ciò che era pronosticabile ora sta diventando realtà, Bautista-Agut è ora in evidente riserva d’ossigeno, le gambe si muovono con meno rapidità così come i suoi colpi perdono profondità e potenza, ma è il servizio che più risente del calo fisico; nel quarto gioco del terzo set Berdych arriva ad avere ben sette palle break di cui tre consecutive che tuttavia non riesce a concretizzare un po’ per sua negligenza e un po’ per forza della disperazione da parte dello spagnolo; ma ciò che accade in questo game altro non è che il preludio all’effettivo break che deciderà il terzo parziale, sul 2-3 il nativo di Castellò de la Plana va ancora sotto 0-40 (una costante nel match odierno dato che per ben quattro volte i giocatori si sono ritrovati in tale situazione) e stavolta Berdych riesce a sfondare le sue difese facendo poi proprio il set.
La partita potrebbe tranquillamente finire qui, con Berdych che sembra ormai in grado di gestire con lucidità la potenza e precisione dei propri colpi e Bautista-Agut che invece sembra sempre di più sull’orlo del precipizio ora che si aggiunge anche la consapevolezza di essere stato rimontato, questo almeno sarebbe lecito pensare se non si conoscesse lo spirito combattivo dello spagnolo che sopperisce con la sua grande intelligenza tattica laddove non arriva con la forza fisica, subito break all’inizio del quarto set, 3-0 senza pensarci troppo e l’ombra del quinto set che si libra alta sulla Margaret Court Arena. Un’ombra che si concretizza tra lo stupore di tutti i presenti e forse anche degli stessi giocatori, Berdych scompare dal campo dopo gli ennesimi break-point non trasformati nel quinto gioco e lo spagnolo chiude in scioltezza. La maggior parte degli schemi sono ora saltati, entrambi i giocatori alternano bei punti e vincenti ad errori abbastanza banali, ed in queste situazioni a spezzare gli equilibri è solitamente chi riesce a tirare più forte ed il bombardiere ceco ricopre perfettamente questa definizione, è lui infatti ad approfittare del calo del suo avversario strappandogli il servizio due volte e ritrovandosi sul 5-1 a servire per un posto ai quarti, ma le quasi tre ore e mezza di questo match hanno insegnato che la logica e il tennis c’entrano poco l’uno con l’altro, Bautista-Agut controbrekka il ceco e si garantisce altri dieci minuti di gloria che Berdych spegne sul successivo turno di servizio. Ottima la partita di Roberto Bautista-Agut che dimostra ancora una volta di meritare appieno la sua classifica cedendo solo nel finale alla maggiore esperienza di Tomas Berdych che raggiunge ancora una volta i quarti di finale allo Slam australiano dove affronterà il vincente della sfida tra Federer e Goffin.
[7] K. Nishikori b. [9] J.W. Tsonga 6-4 6-2 6-4 (Raffaello Esposito)
Iniziano gli ottavi di finale al Melbourne Park, adesso si fa sul serio e non c’è più spazio per l’errore se si vuole raggiungere la nobiltà della seconda settimana Slam. Il primo incontro maschile di giornata vede di fronte sulla HiSense Arena Kei Nishikori e Jo Wilfried Tsonga, rispettivamente numeri 7 e 9 del seeding e giunti al loro settimo scontro diretto. Il giapponese conduce per 4-2 una serie sempre combattuta, prova ne siano i due precedenti negli Slam, Melbourne 2012 e Parigi 2015, entrambi terminati al quinto set con una vittoria per parte. Kei ha come miglior risultato qui i quarti di finale, unico giapponese a riuscirci nell’era Open, mentre Jo scelse proprio Melbourne per rivelarsi raggiungendo la finale nel 2008, persa con Djokovic.
Il match si profila equilibrato ed interessante per il contrasto di stili e carattere ma questa premessa non trova riscontro nell’andamento del punteggio e del gioco. Nishikori ha avuto problemi al polso nel turno precedente ma non se ne ricorda, parte a spron battuto e scappa subito approfittando di un black out dello sciagurato francese che perde la battuta con due doppi falli consecutivi nel terzo game. Un secondo break confermato porta il giapponese sul 5-1 facile, troppo facile. Ed infatti adesso è lui ad assopirsi e perdere la battuta nell’ottavo game sprecando tre set point consecutivi. Ma il solco scavato è troppo profondo e Kei chiude 6-4 poco dopo per la gioia del pubblico, quasi totalmente dalla sua parte per ovvi motivi geografici. È lui a comandare sempre lo scambio, piedi velocissimi lo portano in anticipo sulla palla e colpo dopo colpo guadagna tempo e spazio relegando l’avversario ben oltre la linea di fondocampo. Con queste premesse il francese non ha scampo e anche nel secondo set Nishikori prende due break di vantaggio. Dopo il secondo di questi Tsonga comincia a toccarsi la schiena, chiama un medical time out ed esce dal campo per quasi dieci minuti. Senza visibili benefici però perché il secondo parziale termina 6-2 senza palpiti. Poca efficacia al servizio e doppi falli continui alimentano il sospetto che qualcosa non vada nel fisico del francese ma il suo avversario non si deconcentra né si muove a pietà e rinserra la stretta strappandogli subito il servizio in apertura di terza partita. Una inutile polemica con l’arbitro di sedia mostra chiaramente il nervosismo di Jo, mai in grado di essere pericoloso sulla battuta del giapponese se non in modo estemporaneo, come nel quarto game quando va a palla break sul 30-40 solo per vedersela annullare da un fulminante dritto lungolinea. È la resa per il francese che ormai si muove sempre meno e spara alla cieca per togliersi il prima possibile dallo scambio. Un 6-4 senza scossoni sancisce la sua sconfitta. L’epitaffio del suo match potrebbe essere “Volle, fortissimamente volle ma non poté”. Nishikori approda ai quarti per la terza volta, seconda consecutiva. L’anno scorso perse da Wawrinka e lunedì, a meno di cataclismi, affronterà Novak Djokovic, contro il quale è sotto 2-5 nei precedenti ma ha vinto l’unico confronto Slam nel 2014 a New York.
Risultati:
[7] K. Nishikori b. [9] J.W. Tsonga 6-4 6-2 6-4
[1] N. Djokovic b. [14] G. Simon 6-3 6-7(1) 6-4 4-6 6-3
[6] T. Berdych b. [24] R. Bautista Agut 4-6 6-4 6-3 1-6 6-3
[3] R. Federer b. [15] D. Goffin 6-2 6-1 6-4