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Quell’insieme di coloriti ed interessanti protagonisti del tennis, qualcosa per cui questo sport una volta era legittimamente famoso, si è gradualmente ridotto nel corso degli anni. Questo è stato l’aspetto negativo dello spartano processo di sviluppo che ha trasformato i tennisti negli atleti superbi e sorprendenti di oggi.
In quanto gruppo, i tennisti sono la tradizione del millennio, completamente centrati fra codini e macchine sportive tedesche parcheggiate nei garage di casa. È per questo che Milos Raonic è un personaggio particolarmente fresco nel panorama ATP 2016. “Torreggiante” potrebbe essere il termine più appropriato, e non solo per il metro e 96; con le braccia a scovolino, lunghe come le sue gambe, sembra ancora più alto. Qualche settimana fa, Raonic ha sfinito la testa di serie Roger Federer nella finale di Brisbane con un doppio 6-4. Deve essere stata una vittoria particolarmente soddisfacente; l’ex coach di Raonic, Ivan Ljubicic lo ha mollato alla fine dello scorso anno per iniziare una nuova collaborazione con Roger Federer. Okay, Federer ha assunto Ljubibic in parte, o forse principalmente, per aiutarlo a trovare un modo di battere Novak Djokovic (e ci proverà nella semifinale degli Australian Open in programma domani), non Raonic. Ma Milos, che è adesso allenato dall’ex campione del Roland Garros e fugace ex n. 1 del mondo Carlos Moya, ha fatto un lavoro eccellente, evitando le distrazioni che avrebbero potuto danneggiarlo in finale.
“Mi ha aiutato molto”, ha raccontato Raonic nell’intervista post finale, in sala stampa. “Per il mio team è segno del lavoro concreto che stiamo facendo”.
Quindi eccoci qui, con Raonic ancora una volta minaccioso, che cerca di rendere unica la sua presenza nei grandi palcoscenici – gli stessi dove abbiamo notato la prima volta il 25enne dal grande servizio. Durante gli Australian Open del 2011, Raonic vinse sette partite, partendo dalle qualificazioni, prima che la sua corsa venisse interrotta da David Ferrer. Ma più sorprendente dell’esplosione di Raonic è stata la sua continua ed ordinata scalata da quel momento in poi. Ancora più sorprendente per alcuni è però la mancata svolta in un major, nonostante l’essere entrato in top10 – ed aver raggiunto la sua migliore posizione al n.4 del mondo lo scorso anno – dal marzo del 2014.
Ovviamente, Raonic ha raggiunto la semifinale a Wimbledon nel 2014 (dove perse da Federer), ma è riuscito ad arrivare fino a quarti di finale di un major in altre due sole occasioni, prima di centrare la semifinale a Melbourne. E questo record sembra particolarmente tiepido visto il suo enorme potenziale al servizio. Questo è di certo un ragazzo che se riuscisse a mettere insieme i pezzi, potrebbe facilmente estromettere chiunque dal campo.
A questo sarebbe meglio guardare come un altro elemento che rende Raonic unico, un tennista difficile da leggere o su cui fare previsioni. Non fa mai grossi proclami sui suoi obiettivi. Non parla mai male. È facile confondere i suoi modi calmi, il suo comportamento quasi pensieroso come la mancanza di quella scintilla del campione. Fu lo stesso errore commesso con il giovane Stefan Edberg.
Raonic sembra essere venuto fuori da un’originale miscela. Nato in Montenegro, si trasferì in Canada all’età di 3 anni. È cresciuto a Thornhill, nell’Ontario, e gioca per il Canada, ma vive a Monte Carlo. Non da l’idea di provenire da salde radici, in un modo o in un altro. È tifoso del Barcellona e della squadra NBA dei Toronto Raptors. Cosa? Niente hockey? Anche la sua immagine è insolita. Raonic sembra essere uscito dal set di una sitcom in bianco e nero anni ‘50 – Father Knows Best o Leave it to Beaver (da noi Papà ha ragione e Il carissimo Billy). Non ha un filo di barba ed il suo taglio old-school – meglio dire la sua acconciatura – è così perfettamente studiata da aver dato vita ad innumerevoli pagine su Twitter, tra cui @MilosHair.
L’anno scorso Milos ha dato vita ad un’altra caratteristica distintiva: ha iniziato ad indossare una lunga manica al braccio destro (#BelieveInTheSleeve), un’abitudine poi copiata da un altro australiano che fa scalpore, Nick Kyrgios.
La manica e i capelli sono essenzialmente degli abbellimenti, ma lo stesso fisico di Raonic è insolito, quasi sproporzionato. Si muove pesantemente, leggermente incurvato, nascondendo quanto riesca ad essere veloce in campo. Tutto questo si aggiunge ad un pacchetto decisamente attraente, fra le altre cose, la fidanzata d’alto profilo, la modella Danielle Knudson.
Anche il tennis di Raonic ha uno stile unico, dovuto alla combinazione del suo caratteristico atletismo e degli innati limiti dovuti alla sua stazza. Un uomo con gambe e braccia così lunghe sarebbe regolarmente una persona goffa, che nel tennis si traduce in un tennista da serve and volley che prende o fallisce il colpo. Non Raonic. È stato in grado di raggiungere la top10 senza fare il miglior uso delle sue due grandi armi, il servizio ed il rovescio. Contro tutti, tranne che con i migliori tennisti, Raonic è stato in grado di sfornare ace e di tirare abbastanza rovesci da proteggere il suo posto nelle gerarchie.
E tuttavia è diventato chiaro mentre Raonic si avvicinava alla terra promessa che il suo gioco in risposta e la sua generale velocità e mobilità non erano all’altezza nella vera élite del tennis. Ed è qui che entra in gioco Ljubicic, nella primavera del 2013. La sua missione, poi riuscita, era quella di convincere Raonic ad imporsi, a dettare i ritmi con il suo devastante servizio – non solo cercare l’ace, ma di utilizzare anche un buon servizio per aprirsi il campo ad un rovescio o ad un approccio a rete. Il compito è stato svolto regolarmente. Raonic è diventato un tennista letale sotto lo sguardo di Ljubicic. Quello che non è riuscito a diventare, tuttavia, è un avversario più tosto. Quello è rimasto un lavoro incompiuto.
Lo scorso anno, anche se non può essere preso completamente ad esempio a causa dei due infortuni (al piede e alla schiena), è stato ancora di attesa. Raonic ha perso dal futuro campione Novak Djokovic in 3 set, dopo essersi dissolto in seguito al tiebreak del primo set perso 7-5 e dopo un secondo set molto tirato. Non c’è alcuna vergogna in questo, rivedendo il 2015 di Djokovic. Ha poi saltato il Roland Garros a causa dell’infortunio al piede che ha poi richiesto un intervento chirurgico, ma poi sembrato scoraggiato e senza il servizio nel terzo turno di Wimbledon contro un avversario più giovane che Raonic avrebbe dovuto tenere sotto controllo, il ventenne Kyrgios. Ed poi stato estromesso dagli US Open nel terzo turno da Feliciano Lopez, perdendo poi le ultime tre settimane del 2015 a causa della schiena. Ha chiuso l’anno al n.14 del del mondo – la prima stagione nella sua carriera in cui la sua classifica finale non è migliorata rispetto all’anno precedente.
“Con le difficoltà che ho dovuto affrontare l’anno scorso, credo che forse sia un bene per me dimostrare ai miei avversari in vista di Melbourne che ho di nuovo tutte le mie armi a disposizione, e che posso di nuovo giocare ad un buon livello”.
La domanda più intrigante è capire come Moya riuscirà ad aiutare Raonic a fare il prossimo step verso l’élite di alto livello. In un certo senso, il vincitore del French Open ’98 sembra una strana scelta come allenatore. Ha vinto solo quattro dei suoi venti titoli su cemento, la superfice preferita di Raonic; il resto delle vittorie dello spagnolo sono arrivate sulla terra. E Moya non è certo famoso per essere un tennista dalla buona mobilità in campo – un aspetto su cui Raonic lavora spesso – o come un grande lavoratore fuori dal campo. Ma come Raonic, aveva un grande rovescio ed era solito colpirlo inside-out.
A questo punto, Raonic ha dimostrato che in modo sorprendente o meno, in maniera coerente e con i suoi abbellimenti, sta marciando ad un ritmo diverso, come dimostra lo straordinario Australian Open ad oggi disputato. Milos ha centrato la vittoria contro il n.4 del mondo, Stan Wawrinka, e si è conquistato un posto in semifinale grazie ad una solida prestazione ai danni di Gael Monfils. Un ritmo ben accolto in un gioco che non è mai stato migliore. E chissà che questa volta l’intera sinfonia non porti un titolo in terra australiana?