L’analista Craig O’Shannessy, che compila i “recap” quotidiani sui risultati dei match sul sito ufficiale degli Australian Open, di Wimbledon, dell’ATP e della WTA, è un esperto di “strategy analysis” del tennis, ed è stato consigliere-coach tra gli altri di Kevin Anderson, Amer Delic, Dustin Brown (quando battè Nadal a Wimbledon), ha recentemente pubblicato un riassunto generale di tutti i numeri e tutte le statistiche principali tratti dai tabelloni maschili e femminili del primo Slam dell’anno, una panoramica estremamente interessante che comprende ogni match di singolare giocato a Melbourne nelle scorse settimane (254 in totale). Come vedremo, il quadro tecnico-tattico che ne emerge, e vista la mole di dati presa in esame e la completezza del campione di riferimento va considerato una fotografia, anche se non del tutto attendibile statisticamente, comunque fedele e oggettiva del gioco e degli esiti delle diverse scelte strategiche viste sui campi, non è proprio quello che ci si aspetterebbe basandosi sulle sensazioni “a pelle” avute assistendo alle partite. Come detto non si tratta certamente di un’analisi ortodossa dal punto di vista della statistica, che richiederebbe molti altri dati specifici sulla distribuzione dei numeri valutati, sugli scarti dalla media, sulla numerosità degli eventi considerati, eccetera, ma cionondimeno i valori quelli sono, ed è interessante provare a interpretarli.
Gli errori contano molto più dei vincenti
Tra i maschi, nei 127 match esaminati, il 64% dei punti si sono conclusi con un errore, e il 36% con un vincente. Stessa situazione tra le donne, con errori al 67% e vincenti al 33%. Fin qui, dato non sorprendente, che illustra bene la tendenza alla ricerca di solidità, continuità e pressione del tennis di oggi: i colpi vincenti non rappresentano che un terzo dei punti che un giocatore professionista moderno si porta a casa.
Da fondocampo e basta, però, non si vince
Ma il dato successivo, e qui le cose si fanno interessanti, ci dice che da fondocampo (da fondocampo nel senso letterale del termine, non genericamente con i rimbalzi) gli uomini hanno vinto in media (media tra tutti i giocatori) il 46% dei punti, le donne il 48%. Decisamente ci si poteva aspettare una percentuale ben più alta, abbondantemente superiore al 50%.
Perfino i due campioni Novak Djokovic e Angelique Kerber, che fanno della solidità nel palleggio la cifra del loro gioco, non sono andati granchè sopra la media generale, con Nole che ha vinto da fondo il 54% dei punti, e Angie che è arrivata al 52%. Non stiamo certo parlando di due attaccanti che aggrediscono la rete in avanzamento appena possono, come ben sappiamo, eppure con il solo ritmo, le sole pallate e la sola difesa non hanno conquistato che poco più di metà del bottino di punti che alla fine li ha portati a vincere il torneo.
E questo significa che in realtà i “veri pallettari” di una volta, quelli che davvero correvano e rimettevano in campo e basta, non ci sono più: perfino i “maestri della continuità” Djokovic e Kerber hanno vinto quasi metà dei punti con colpi aggressivi che provocavano gli errori avversari, o con vincenti diretti, attacchi, accelerazioni e anticipi da tutte le altre zone del campo, non necessariamente le volée, ma nemmeno le semplici rimesse in gioco difensive da dietro. In definitiva, oggi si picchia tanto e con successo, lo spettacolo potrà pure essere monocorde e poco vario rispetto a una volta, ma almeno la palla sono costretti a giocarla e aggredirla tutti, non possono più solo rimetterla in gioco, perchè gli salirebbero sopra in due colpi e li sbatterebbero fuori campo definitivamente.
A rete, invece, vanno sorprendentemente bene un po’ tutti
A proposito di gioco al volo, altra statistica inaspettata, soprattutto nel dato: si sa che ormai a rete spesso ci si va a punto quasi fatto, e una percentuale positiva di realizzazione nei pressi del net era da aspettarsela, ma non certo il clamoroso 67% di punti vinti, numero identico sia per gli uomini che per le donne. Quasi 7 volte su 10 chi si è presentato a volleare ha fatto il punto! Combinando il risultato con la statistica precedente, che ci ricorda come da fondo la percentuale di vittoria dei punti è ben sotto la metà di quelli giocati, l’indicazione è chiarissima: anche per i professionisti moderni, se una palla è al 50%, più o meno a metà campo diciamo, e la scelta è tra spingerla e seguirla a rete oppure restare sui rimbalzi, conviene sempre, in termini di percentuali di successo nello scambio, andare avanti in proiezione verso la rete e provare a chiudere al volo.
Gli scambi brevi sono meglio
Convenzionalmente, nelle analisi statistiche dell’andamento delle partite, si usa dividere gli scambi in tre categorie di lunghezza: da 0 a 4 colpi, da 5 a 9, e oltre i 9. Al riguardo è stato analizzato l’andamento nell’intero torneo del solo Djokovic, immagino che la mole di dati che avrebbe significato recuperare quelli di ogni giocatore sarebbe stata improponibile. Ma Novak, a parte essere il vincitore e il numero uno, è un buonissimo esempio di giocatore moderno dal punto di vista tecnico-tattico, e i suoi numeri possono senz’altro fornire indicazioni attendibili.
Ebbene, il “robot da fondocampo”, quello che “sfinisce gli avversari con la solidità”, quello che “ha più resistenza e non si stanca mai”, si è attestato con i punti a +123 (493 vinti / 370 persi) negli scambi brevi, da 0-4 colpi, a +39 (191 vinti /152 persi) in quelli medi, da 5-8 colpi, e solo a +28 (152 vinti / 124 persi) nei cosiddetti scambi lunghi, superiori ai 9 colpi.
Insomma, perfino per un tipo come Djokovic, più si allunga lo scambio, meno sono le probabilità di portare a casa il punto (non meno probabilità rispetto all’avversario in quel momento ovviamente, di meno rispetto al modo di giocare tutti i punti del match in generale). L’indicazione che se ne ricava, e che ho avuto abbondantemente modo di osservare da vicino a Melbourne, è che ormai, tennis relegato alla pressione da fondo o meno, l’aspetto più determinante e di conseguenza allenato ad alto livello sono i colpi di inizio gioco, ora più che mai. Servizio e risposta, praticamente, valgono come tutto il resto del bagaglio tecnico messo insieme.
Il dritto conta tanto più del rovescio
Qui nulla di sorprendente, anche se il conforto dei numeri è sempre una buona cosa per supportare le analisi tecniche, tattiche e strategiche. Come avevamo esaurientemente già illustrato, nel tennis moderno il dritto è il colpo di gran lunga più decisivo, quello che si usa per fare davvero male all’avversario, e il rovescio per quanto buono, che sia bimane o a una mano, non potrà mai competere in termini di efficacia con il colpo giocato dal lato dell’arto dominante, per questioni di biomeccanica e soprattutto geometria.
Le statistiche degli Australian Open 2016 sono chiarissime in questo senso: tra gli uomini, un bel 68% di vicenti con il dritto, e il 32% con il rovescio, tra le donne, 64% vincenti di dritto, 36% di rovescio. La metafora più efficace, nel duello che si svolge sul campo da tennis, è di paragonare il rovescio allo scudo, e il dritto alla spada: con lo scudo tieni e difendi (per lo più), con la spada aggredisci e attacchi.
Il serve&volley è ancora vivo
Infine, un ultimo dato che anche se certamente influenzato dal numero di volte in assoluto in cui questa tattica è stata messa in atto, ovvero non con continuità, è decisamente indicativo: tra gli uomini, l’esito delle combinazioni serve&volley, con colpi al volo giocati in proiezione a rete seguendo direttamente il servizio, è stato positivo nel 67% dei casi (molto alta questa percentuale), tra le donne i serve&volley vincenti sono stati il 62%. Insomma, non è certo una scelta percorribile il precipitarsi in attacco dietro alla battuta sempre e comunque come un tempo, ma anche oggi, le volte in cui lo si fa, magari a ragion veduta e con l’accortezza di piazzare bene l’angolo e la rotazione del servizio, si portano a casa parecchi punti anche senza essere degli specialisti. E pure questa è stata una cosa che durante le innumerevoli ore passate gironzolando tra un campo di allenamento e l’altro ho avuto modo di notare: come detto, molta, molta attenzione ai colpi di inizio gioco, ma anche alle volée e soprattutto parecchio lavoro sul posizionamento a coprire bene gli angoli in attacco, e sui tempi della proiezione a rete. Servire e volleare rimane un’opzione “in più”, non può essere la base del gioco, ma è un “jolly” utilissimo da piazzare nei momenti giusti. Un buon esempio è il modo in cui Raonic è arrivato fino in semifinale a Melbourne, e se non si fosse infortunato chissà come sarebbe finita con Murray: nel match con lo scozzese, Milos è andato a rete 74 volte, molte di queste dietro al servizio, e ha fatto 50 punti (su 149 conquistati in totale, uno su tre quindi), contro uno dei migliori ribattitori del circuito. Ovviamente avere a disposizione la strepitosa “bomba” del canadese aiuta non poco, ma sta di fatto che erano anni che non si vedeva ad alti livelli Slam un giocatore che scendesse a giocarsela al volo con tanta regolarità e successo.