ll Programma, presentato presso il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca, attua quanto previsto dalla legge ‘Buona Scuola’ (articolo 1, comma 7) in materia di diritto allo studio degli studenti-atleti. È realizzato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in collaborazione con il Coni, il Cip (Comitato italiano paralimpico) e con la Lega Serie A. Inizialmente coinvolgerà un numero esiguo di studenti coinvolti nelle attività calcistiche, ma dal prossimo anno sarà esteso a tutte le discipline sportive. I giovani studenti avranno la possibilità di seguire una parte delle lezioni e comunicare con professori e compagni tramite piattaforma informatica, inoltre saranno affiancati da un tutor.
“Dare a questi giovani la possibilità di proseguire e completare gli studi è molto importante – ha dichiarato il Presidente del Coni, Giovanni Malagò – anche per garantire loro un futuro quando interromperanno l’attività agonistica, poiché sappiamo che anche dopo aver ottenuto la massima consacrazione sportiva, questi atleti non sempre hanno la certezza di avere una tranquillità lavorativa ed economica”.
Meglio tardi che mai dunque, anche in Italia finalmente lo sport potrà essere praticato senza dover rinunciare all’istruzione; un cambiamento che favorirà molte discipline, tra cui il tennis. Proprio in uno sport poco accessibile come il tennis, in cui solo i primi 200 al mondo riescono a rientrare nelle spese, diventa vitale non rinunciare all’istruzione, cosa che in alcune fattispecie diventa d’obbligo.
Federer, ad esempio, ha abbandonato gli studi a 16 anni per diventare un professionista, Becker ancora prima, basti pensare che vinse il suo primo Wimbledon a soli 17 anni. Tralasciando queste rarità però, in cui la scelta di interrompere gli studi ha dato i suoi frutti, nella maggior parte dei casi anche tennisti talentuosi non riescono a sfondare ed entrare fra i professionisti per svariati motivi. In tali casi, l’abbandono degli studi comporta un grave pregiudizio poiché l’individuo si può ritrovare nel mondo reale senza alcuna qualifica e quindi tagliato fuori dal contesto lavorativo.
Antonio De Bellis