Roberta Vinci ha vinto il torneo di San Pietroburgo giocando una finale ad altissimi livelli. Quando si celebra la vittoria di un tennis come il suo, quasi inevitabilmente si evidenziano soprattutto le specificità tecniche, cioè la capacità di praticare soluzioni differenti rispetto al panorama odierno. Nell’articolo dedicato alla storica vittoria nella semifinale di Flushing Meadows contro Serena mi ero dedicato soprattutto a questi aspetti.
Ma c’è un ma. Se si ascoltano le interviste di Roberta quando parla dei match, è lei stessa che molto spesso sottolinea due aspetti del suo gioco che forse vengono trascurati perché meno particolari: l’importanza del servizio e del dritto. E non ricordo un risultato importante raggiunto da Vinci in cui non abbia servito bene e non abbia saputo spingere grazie all’incisività del dritto.
Se questo è vero (e come dicevo è lei stessa che spesso lo sottolinea) significa che per Roberta la costruzione del punto, pur ricca di variazioni e di movimenti in verticale, per poter essere attuata ha bisogno di questi due elementi che sono strutturali e imprescindibili.
Comincio dal servizio: con una statura di 1,64 non può disporre di leve lunghe, né di una altezza di impatto particolarmente favorevole per eseguire botte fulminanti; ma questo non le impedisce comunque di produrre un colpo di inizio gioco degno di rispetto attraverso la varietà e la precisione; tanto che, ad esempio, nella finale di San Pietroburgo contro Bencic ha messo a segno due ace nel solo game conclusivo, quello che spesso per ragioni psicologiche è il più difficile da affrontare.
Ma non è meno importante il dritto: una delle migliori doti di Roberta, la capacità di muoversi in verticale, è strettamente collegata all’aggressività della posizione in campo, perché non si può raggiungere la rete in tempo utile se si parte da troppo lontano. Per mantenere una posizione di palleggio a ridosso della linea di fondo, è il punto di impatto della palla dalla parte del dritto (più che quello dal lato del rovescio slice) a fare la differenza: e più riesce a guadagnare tempo dalla parte destra, colpendo traiettorie ancora in risalita, più il baricentro del gioco si sposta avanti. La conseguenza è che tutto il suo tennis diventa più pericoloso: non solo per gli schemi da fondo, ma anche in funzione degli attacchi a rete.
In sintesi si può dire che sia proprio l’efficacia di questi due colpi a dare la misura della condizione di forma di Vinci.
Ma non è certo l’unica giocatrice per la quale si possono fare simili ragionamenti. In fondo anche l’altra finalista e vincitrice dello Slam americano, Flavia Pennetta, ha compiuto l’ultimo decisivo salto di qualità quando, dopo il cambio di allenatore (Salvador Navarro), ha apportato dei correttivi alla esecuzione del dritto: rendendolo più lavorato, carico di spin, e quindi più efficace e insidioso. E negli ultimi anni di carriera ciò che ha ulteriormente rafforzato il suo tennis originario è stata la capacità di ricavare vantaggi con il dritto e con il servizio.
Vinci compirà 33 anni a ore (è nata il 18 febbraio), Pennetta è di una anno più anziana; eppure entrambe sono state capaci di continuare a lavorare su se stesse e sulle proprie caratteristiche fisico-tecniche anche in età avanzata per aumentare la qualità di alcuni colpi e di conseguenza le proprie potenzialità.
Anche Serena Williams ha seguito un percorso simile. Si parla sempre di lei come di un’atleta che fa il bello e il cattivo tempo grazie alle doti fisiche; ma in realtà quelle sono il punto di partenza che ha utilizzato per modificare e rifinire nel tempo il proprio tennis. E se è superfluo raccontare quanto sia brava in battuta, forse quello che risulta più interessante approfondire è la crescente importanza del dritto nel suo gioco.
Come è noto, fino a qualche anno fa il rovescio era senza dubbio il colpo migliore di Serena. Ma negli ultimi anni Williams ha aumentato l’uso del topspin dalla parte destra con un duplice effetto: il primo è che il dritto è diventato molto più solido, perché il lift aumenta il margine nel passaggio sulla rete; il secondo è che è diventato anche più “pesante” e difficile da controllare per il numero di rotazioni impresse. E così l’esecuzione si è avvicinata ai canoni maschili, che richiedono una potenza superiore per caricare il colpo di spin.
In più, sempre grazie al maggiore topspin, oggi è in grado di trovare angoli più stretti nel palleggio da fondo: una soluzione che le consente di produrre non solo più vincenti diretti, ma anche di punire chi arretra molto nella fase difensiva, perché con queste geometrie chi prova a “remare” a ridosso dei teloni fatica moltissimo a raggiungere traiettorie tanto chiuse.
Ecco una tabella che sintetizza la crescente importanza del dritto rispetto al rovescio nei match degli Australian Open appena conclusi:
E questa evoluzione del dritto ha inciso in modo altrettanto importante anche sulla efficacia in risposta. Mi spiego: fino a qualche anno fa chi serviva verso la parte destra di Serena poteva sperare di ricavare qualche gratuito, e in generale una maggior circospezione nello spingere il colpo, specie nelle fasi decisive dei match. Oggi invece grazie al maggior lift, Serena non solo sbaglia meno di dritto, ma può permettersi di caricare la palla rendendola di una pesantezza quasi ingestibile per la maggior parte delle avversarie.
Per chi batte contro di lei rimane quindi l’opzione del servizio al corpo, che però è una soluzione molto rischiosa, perché basta mancare di poco la “sagoma” per farla colpire da ferma dalla sua “hitting zone”, che è quanto di peggio si possa immaginare. In sostanza Serena ha saputo compensare l’inevitabile calo di alcune caratteristiche fisiche (resistenza e mobilità) con la crescita di potenza e l’affinamento della tecnica di alcuni colpi.
Facendo un discorso più generale, la mia sensazione è che negli ultimi anni siano diventati abbastanza frequenti i casi in cui le giocatrici hanno progressivamente spostato l’incidenza del loro gioco proprio su queste due armi: servizio e, soprattutto, dritto. Lavorando durante il periodo in cui erano comunque tenniste già affermate, hanno saputo progredire su alcuni aspetti che prima erano meno affidabili.
E’ ad esempio quello che è accaduto ad un’altra recente vincitrice di Slam, Petra Kvitova, che, stagione dopo stagione, ha aumentato il topspin nel dritto, per cercare di ridurre i rischi rispetto alla esecuzione più piatta che praticava nei primi anni di professionismo.
E l’anno scorso è entrata per la prima volta in top ten una giocatrice di 27 anni come Carla Suarez Navarro. Anche lei per compiere un ulteriore salto di qualità ha particolarmente lavorato sulla aggressività dalla parte del dritto, che, come nel caso di Roberta Vinci, è diventato il colpo fondamentale per riuscire a guadagnare campo e cercare di mantenersi a ridosso della linea di fondo, potendo così praticare un tennis molto più propositivo e dominante. (Rimando a questo articolo per una analisi più dettagliata).
Sono solo alcune delle giocatrici che hanno saputo rendere il proprio dritto sempre più efficace diventando più equilibrate e simmetriche, se non addirittura con il lato “costruito” più efficace di quello naturale (rovescio). Faccio invece fatica a ricordare percorsi opposti, cioè quelli in cui una giocatrice nata con il rovescio più debole sia riuscita a rafforzarlo al punto tale da rendere il proprio gioco sostanzialmente equivalente. Miglioramenti di sicuro sì, ma non al punto tale da eguagliare il dritto.
A mio avviso la ragione è questa: nel tennis contemporaneo il lato del dritto è comunque strutturalmente più efficace, e quindi chi parte con un handicap da quella parte ha più spazio di crescita; e il miglioramento diventa un obbligo quasi inevitabile se si vuole arrivare a grandi risultati. Per le spiegazioni nel dettaglio sulla imprescindibilità del dritto rimando agli articoli di Luca Baldissera, che sono molto più esaurienti di quanto sarei capace di fare io (QUI e QUI).
Ma ciò che in questo caso vorrei sottolineare è che questo aspetto del gioco, che fino a qualche anno fa era tipicamente maschile, probabilmente sta diventando sempre più importante anche per il tennis femminile. E potremmo ragionevolmente pensare che anche tra le donne sia destinato a diventare una caratteristica altrettanto fondamentale come già accade tra gli uomini.