Il doping di Masha scuote anche il Parlamento russo (Valerio Piccioni, Gazzetta dello Sport)
Tira una brutta aria per Maria Sharapova a distanza di due giorni dalla sua autoconfessione sulla positività al meldonium. «Non ha scuse, deve pagare», tuona Dick Pound, l’avvocato canadese fondatore della Wada (…) L’alibi terapeutico, l’assunzione per alcuni ricorrenti problemi cardiaci e di diabete nella sua famiglia, sarà uno degli aspetti di un’istruttoria che non si annuncia proprio come una passeggiata di salute. La Wada l’ha già detto chiaro e tondo: di fronte a una pena soft, ricorreremmo al Cas, la corte arbitrale di Losanna. Una specie di «avvertimento» al panel dell’Itf, la federazione internazionale, che è l’organismo che dovrà scegliere la sanzione. Sanzione che potrebbe arrivare fino a quattro anni. É probabile che la rincorsa alle attenuanti porterà a qualche sconto di pena, ma le probabilità che la russa possa giocare all’Olimpiade di Rio sono pochissime. Una situazione che combinata all’atletica russa sotto squalifica, e alle positività a catena di questi giorni, hanno spinto il Parlamento russo a convocare un vertice di esperti sull’argomento per la giornata di oggi. Un’ammissione indiretta che siamo di fronte a una vera e propria emergenza nazionale.
Ieri per difendere Maria, è sceso in campo Novak Djokovic: «Sono con lei, spero che ne esca più forte». Ma anche nel circuito, le reazioni prevalenti sono fra lo stordito e il perplesso. Anche perché quel suo annuncio clamoroso è stata la scossa che ha fatto saltare il tappo del caso meldonium, un farmaco che sembra uscito da un film di 007, ma che tira in ballo ipotesi di sabotaggio anche interne, russi contro russi, come quella che attribuisce la positività di tre pattinatori di velocità al meldonium a una trappola organizzata contro gli atleti.
Insomma, la Sharapova non sa che cosa augurarsi. Di certo il suo non è più un caso isolato. E questo non costituisce una prova a discarico, anzi. Ora si è scoperto, lo studio è stato pubblicato sul British Journal of Sports Medicine, che il meldonium fatale a Maria sarebbe stato usato da 490 dei 5632 partecipanti ai Giochi Europei. Numeri pazzeschi emersi fra dichiarazioni degli atleti, documenti doganali e analisi antidoping. Nei 762 controlli di Baku, in 66 (1’8,7 per cento) casi fu trovato il meldonium, che allora non era vietato. Considerando che il farmaco è commercializzato in un numero molto limitato di Paesi (quelli dell’ex Unione Sovietica), si tratta di una cifra enorme.
Ma il farmaco è difeso a spada tratta, ovviamente nel suo valore terapeutico, dalla Lettonia, il Paese dov’è stato brevettato e in cui il farmaco è una sorta di orgoglio nazionale. Tanto che pure il portavoce del premier è sceso in campo protestando contro la decisione Wada (…)
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Sharapova: cercasi sconto, ma la strada è in salita (Roberto Zanni, Corriere dello Sport)
Possibile che un’atleta del livello di Maria Sharapova non sapesse che il Meldonium era diventato proibito? È concepibile che per problemi di salute seri come quelli presentati dalla tennista russa il rimedio fosse un prodotto reperibile senza ricetta e solo in Lettonia, dove viene preparato, e nelle altre repubbliche della ex Unione Sovietica? Perchè lo prendeva da dieci anni quando invece la cura sarebbe solo di qualche settimana? Sono tanti i dubbi sollevati dal caso-Sharapova. Non quanti forse gli atleti pizzicati per lo stesso motivo, ma comunque così numerosi da far scattare una serie infinita di sospetti. Secondo quando rivelato in Inghilterra, per cinque volte dal 3 al 29 dicembre scorsi la Sharapova era stata avvertita che il Meldonium sarebbe finito nella lista delle sostanze proibite: tre dalla International Tennis Federation (ITF) e due dalla Women’s Tennis Association (WTA). Ma addirittura la ARAF, la federazione russa di atletica, dall’ottobre scorso aveva fatto presente ad atleti, coach e anche gli staff del nuovo status che avrebbe preso il Meldonium dall’inizio del nuovo anno: era scritto nel sito web, se ne era parlato a una conferenza di allenatori, ma anche in tre training camp.
Niente, nessuno ha pensato di dirlo alla Sharapova, nemmeno il medico che le prescriveva il Meldonium, così la vincitrice di cinque Slam ha continuato a vivere all’oscuro di tutto e non solo fino al 26 gennaio, l’esame antidoping agli Australian Open dopo la sconfitta nei quarti con Serena Williams che ha rilevato la sostanza proibita, ma per saperlo addirittura ha dovuto attendere l’arrivo della missiva, questa volta finalmente letta, dell’ITF che le faceva presente la positività dovuta al Meldonium. Un quadro, obiettivamente, difficile da credere: Maria è sempre stata tutto fuorchè imprudente, il suo team è di altissimo livello e la sua conferenza stampa è stata una mossa, in anticipo, per preparare la difesa, non per fornire spiegazioni.
Provvisoriamente la Sharapova sarà sospesa dalla ITF a partire da sabato e ancora non è stata stabilita una data per l’udienza. Ma quale sarà il suo futuro? La pena massima alla quale potrebbe andare incontro è uno stop per quattro anni, ma John J. Haggerty, l’avvocato della tennista, è convinto che si potranno invocare tutte le attenuanti del caso. «Maria e io – ha sottolineato – stiamo cercando ogni opzione». La prima, secondo il legale, è di rivendicare l’esenzione per uso terapeutico e visto che lo prendeva da dieci anni, quando ancora non era proibito, ci potrebbe essere spazio per una applicazione retroattiva, fatto quest’ultimo che, se accolto, secondo Paul Greene, avvocato americano, porterebbe addirittura all’assoluzione (…)