Sarebbero state frasi inopportune anche se il vecchio figlio dei fiori fosse stato soltanto boardmember dell’ATP. Ma da direttore di torneo come ha potuto non pensare a quel che stava dicendo? Un conto è Pat Cash, rozzo come d’abitudine, che ci va giù peso: “Il tennis femminile? Due set su tre di spazzatura!”. Ma l’australiano è un ex tennista e non è per l’appunto il direttore di un torneo combined, uno dei soli 8 tornei al mondo (i 4 Slam più 4 Masters 1000/Premier Mandatory, Indian Wells, Miami, Madrid e Pechino) che distribuiscono pari montepremi a uomini e donne. Inciso: Roma un anno fa distribuiva 2.100.000 alle donne, 3.288.000 agli uomini. Nell’ambito dei due circuiti c’è una disparità del 2.83% fra Mandatory WTA e Masters 1000, dell’81.22% tra Premier WTA 5 e Masters 1000, del 95,39% tra Premier WTA 700 e ATP Tour 500, dell’84,52% tra WTA International e ATP Tour 250. Il primo Slam a distribuire uguale montepremi, sospinto dal Women’s Lib-Lob di Billie Jean King fu l’US Open nel 1973, l’anno della battaglia dei due sessi fra BJ King e Bobby Riggs all’Astrodome di Houston con il record di affluenza stabilito con cifre mai uguali: 30.472 spettatori è una di quelle. Il più… recalcitrante degli Slam è stato Wimbledon nel 2007.
Detto e ripetuto che a causa del suo ruolo Ray Moore non poteva permettersi di dire quello che ha detto – a prescindere dal cattivo timing con cui ha fatto la sua esternazione, visto che qualche ora dopo il torneo ha vissuto con Djokovic-Raonic una finale pessima e a senso unico al contrario di Azarenka-Serena Williams – verrò fra poche righe a scrivere quel che penso sull’argomento del pari montepremi, ma non senza aver prima sottolineato varie ipocrisie emerse nelle posizioni di troppe pur autorevoli persone. Fra le quali Serena Williams. È verissimo che i suoi match, e anche quelli di Venus (sorellicidi o meno) hanno suscitato spesso più interesse di tanti incontri di tennis maschile. Ed è vero che con la crisi del tennis maschile americano di questi ultimi anni, Serena ha certamente “trascinato” più lei con Venus il tennis negli USA piuttosto che tante “seconde linee” semi-inguardabili americane come Isner, Querrey, Young, Johnson etcetera. Ma Serena, pur dicendo la verità, tira decisamente l’acqua al proprio mulino in maniera strumentale quando sottolinea che “l’ultima finale femminile dell’US Open è stata “sold-out” prima di quella maschile”. Certo che sì. Ma è stata l’eccezione che conferma la regola ed è successo semplicemente perché tutti a New York (e non solo) davano per scontata la conquista del Grande Slam da parte sua e volevano poter raccontare ai nipoti: “C’ero anch’io”. Se i nuovayorkesi avessero potuto immaginare la sconfitta di Serena con Roberta Vinci e che la finale sarebbe stata Pennetta-Vinci state sicuri che il “sold-out” non ci sarebbe stato, salvo una più massiccia presenza di italiani (molti dei quali invece restarono senza biglietto).
Hanno torto quelli che si scandalizzano per il discorso dell’attractiveness perché invece l’aspetto estetico di alcune ragazze, Sharapova, Ivanovic, Jankovic, Kirilenko, Dementieva, ha avuto il suo peso per gli sponsor e gli spettatori, negli stadi e in tv. Innegabilmente. Il che non significa sostenere che oltre che belle non fossero anche superbrave. Anzi bravissime. Serena può dire quello che vuole, ma che il tennis maschile in genere attiri di più rispetto a quello femminile in quasi tutto il mondo è altrettanto indubbio. In qualche Paese di più, in altri meno, ma non lo si può negare. L’Italia è fra quelli…di meno. Siamo un popolo maschilista, se non misogino. Lo si è potuto constatare a Roma per anni quando i due tornei, maschile e femminile, si giocavano in settimane distinte… E sì che le ragazze italiane avevano sempre avuto più chances di andare avanti rispetto agli uomini. Ma fino alle semifinali gli spalti erano desolatamente vuoti. Nel 2015 l’audience dei tornei ATP è stata di 973 milioni, quella dei tornei WTA di 395. Sono dati inoppugnabili. Io non sono d’accordo con chi è contrario al pari montepremi per via della diversa lunghezza dello “spettacolo”. Non è detto infatti che un film di 4 ore sia più bello ed interessante di un film di 2 ore e mezzo. Idem, un match sulla distanza dei due set su tre può essere molto più interessante di un tre set su cinque. Anzi spesso la vera qualità emerge in un match più corto. Anche in un match tre set su cinque raramente sono bellissimi tutti e cinque i set. È difficile mantenere la stessa intensità per quattro ore.
In 42 anni che vado a Wimbledon mi sono trovato spesso a cercare di accontentare amici che cercavano i biglietti (finché ho smesso di farlo perché è un vero incubo e ormai dico subito che non è possibile). Ebbene anche al mercato nero e anche nel Regno Unito dove pure il tennis femminile per via di Angela Mortimer, Ann Haydon Jones, Virginia Wade, il ladies tennis ha sempre attirato molto, i prezzi dei biglietti per i giorni riservati alle donne sono stati sempre stati molto ma molto inferiori a quelli dei giorni per gli uomini. Qualcosa vorrà pur dire. E le audience televisive ovunque lo dimostrano, quando non sia impegnata un idolo nazionale. Quando ero direttore del torneo (solo ATP, quindi maschile) di Firenze e non navigavamo nell’oro, ricordo francamente che quello che eravamo praticamente costretti a spendere di montepremi, alloggi, ospitalità e servizi per i doppisti – e sì che allora il livello del doppio era 10 volte superiore a quello di oggi in proporzione – mi faceva quasi disperare. Per questo posso capire che Ray Moore, da organizzatore costretto a tener i conti a posto, possa aver considerato eccessivo il montepremi riservato alle donne, perché “fuori mercato”. Penso che in fondo sia stato proprio questo retropensiero all’origine della sua inescusabile “gaffe”. D’altra parte un torneo con oltre 10 milioni di dollari di montepremi e più di un centinaio di milioni di dollari di fatturato non è uno scherzo… e Larry Ellison oggi può sì giocare la parte dell’indignato e lo avrà anche costretto a dimettersi, ma sebbene sia uno dei 10 uomini più ricchi del mondo con Oracle (e il resto), credo che un’occhiata ai bilanci la dia sempre e non chiuda facilmente gli occhi. Non lo dirà mai, e men che meno adesso, ma se potesse risparmiare qualcosa sul montepremi femminile senza passare da misogino, lo farebbe di corsa. E chi non lo farebbe? Chi non risparmierebbe sui premi del doppio maschile, di quello femminile… dopo essersi riusciti a liberare del peso del doppio misto (che ridicolmente tornerà a “vivere” alle Olimpiadi)?…
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