Domenica, 3 aprile 2016, Miami, campo centrale di Crandon Park. Va in scena la finale del singolare maschile di uno dei tornei più importanti del mondo, adesso come adesso superato in prestigio e qualità delle strutture dall’appuntamento precedente nel circuito, il BNP Paribas Open di Indian Wells, ma che dal punto di vista della storia e dell’albo d’oro non ha nulla da invidiare a nessuno, Slam compresi. Di fronte, il numero uno e il numero sei della classifica, Novak Djokovic e Kei Nishikori.
Ebbene, durante questa finale sono stati giocati 109 punti. 53 (quasi la metà, il 49%) si sono risolti in meno di 5 colpi; 39 (il 36%) tra i 5 e i 9 colpi, 17 (il restante 15%) oltre i 9. Un rapido calcolo sui valori medi, ovviamente fatto a spanne ma in modo conservativo, ci dice che nel match la palla è stata colpita più o meno tra le 600 e le 700 volte. Tra queste 6-700 volte, volete sapere in quante occasioni, esattamente, la palla è stata colpita al volo? Non parlo delle stats ufficiali, che considerano un “net point” ogni punto giocato generalmente nei pressi della rete, chiusure e smash dopo il rimbalzo comprese, ma proprio delle volée. Per verificarlo non ho potuto fare altro che riguardare l’intera partita, e come detto, il risultato impone una riflessione tecnica.
La impone perché, in tutto, gli appassionati presenti sul centrale di Miami e i telespettatori di mezzo mondo hanno visto eseguire 9 (NOVE) colpi al volo totali, per l’esattezza cinque di Nishikori, e quattro di Djokovic. Su sei-settecento. Già così, il dato fa spavento. Se poi andiamo ad analizzare a una a una tali situazioni di gioco, il risultato è sconfortante, perché di questi nove scambi durante i quali la palla è stata colpita prima del rimbalzo, uno solo è stato ben giocato, un altro paio sono state chiusure banali su palle facilissime, e in tutti e sei i restanti casi il volleatore ha palesato incertezze ed errori tecnici che vanno dal grave all’inaccettabile per il livello di cui stiamo parlando, cioè una grande finale tra due dei migliori tennisti del pianeta.
Prima che i tifosi di Novak si insolentiscano, premetto che mi limiterò alla descrizione e all’analisi tecnica di ciò che è accaduto, con l’ausilio di un paio di video in cui sono stati montati in sequenza i punti in questione. Cominciamo con Djokovic, potete visionare il video (ovviamente brevissimo) qui sotto.
Abbiamo nell’ordine:
– discesa in controtempo dopo un bel rovescio anticipato, ma troppo lenta e incerta, con la palla che viene fatta scendere eccessivamente: volée di rovescio a metà rete
– tentativo di stop-volley a uscire, su palla comodissima, che esce alto e lento, permettendo il recupero a Nishikori, che a sua volta fallisce il tocco incrociato stretto. Ancora una chiara incertezza tecnica, quella palla va aggredita un metro più avanti (Nole qui aveva tutto il tempo che voleva) e spinta a chiudere, non appoggiata in modo tremebondo
– uno smash elementare chiuso in appoggio (e ci sarebbe mancato altro), con evidente l’attenzione al controllo e la poca decisione, segnali di un’esecuzione non ben automatizzata
– una volée alta e semplice di dritto, colpita però troppo addosso, Kei la raggiunge fallendo il lob difensivo. Quella è una palla con cui fare il buco per terra, l’avversario non ci deve arrivare nemmeno vicino
Passiamo a Nishikori, di cui potete visionare il video qui sotto.
Abbiamo nell’ordine:
– tentativo di stop-volley a uscire praticamente identico al primo di Nole, ma ancora più goffo e “arrangiato”, sul quale ovviamente il serbo arriva comodo e passa di rovescio
– tentativo di volée a uscire con taglio sotto che vola via laterale, dopo uno smash a rimbalzo non chiuso imperdonabile
– volée alta e semplice di dritto, anche questa praticamente uguale a quella fatta da Djokovic, e come quella non spinta e non chiusa con la necessaria decisione, infatti anche qui Nole ci arriva e fallisce il recupero, ma come detto sono palle che l’avversario non deve toccare nemmeno per sbaglio
– un appoggio alto elementare, chiuso di rovescio (e ci sarebbe mancato altro pure qui)
– finalmente, uno scambio ben giocato: volée in avanzamento di Kei, certo si poteva fare meglio ma abbiamo già capito che tocca accontentarsi, non abbastanza profonda ma buona, punita dal bel dritto in cross di Nole
Fine del match. Una volée ben colpita, anche se non definitiva, in tutta la partita. Una. Su seicento colpi come minimo. Tra il numero uno e il numero sei del mondo.
Ribadita la mia personale ammirazione per Djokovic (e pure per Nishikori), perché la perfezione del suo tennis da fondocampo è una cosa mai vista prima, e la superiorità continua che dimostra nei confronti di qualsiasi avversario è anch’essa di proporzioni storiche, io lascio la parola e il giudizio ai lettori e agli appassionati. Le immagini sono lì, non è difficile valutarle. Da tecnico, devo prendere atto con tristezza che ormai la zona di campo che va dalla riga del servizio in avanti è come se non esistesse più. Metà del terreno di gioco. Ho visto allenarsi da vicino Novak e Kei decine di volte, e non è certo un problema di tecnica delle esecuzioni (la volée dell’immagine in testa al pezzo è perfetta, per dire), a questi livelli la toccano bene tutti, ma di desuetudine all’attacco in verticale, con conseguente posizione spesso errata in copertura degli angoli, e di errori nel ritmo delle discese in avanti, spesso troppo incerte e ritardate. Basterebbe giocare qualche doppio in più, per esempio, per trovare i tempi e le geometrie giuste, non sarebbe difficile per fenomeni come Nole, e nessuno pretende che si trasformino tutti in fini ricamatori sottorete. Ma devo essere sincero, di vedere almeno qualcosa in più di nove colpi al volo, di cui otto non certo esemplari, in un’intera finale importante giocata tra top-player, io me lo aspetto. E non credo di essere nel torto, o di essere l’unico.